Sguardi tra generazioni

Dinushi Losi

 

L’ADOZIONE

Considero l’adozione come punto di partenza. Penso che in qualche modo la paura dell’abbandono sia sempre presente nei bambini adottati. In modo latente, ma in grado di condizionare le scelte anche di chi, come me, è cresciuto nell’amore, nell’affetto, nell’ascolto di una famiglia presente e ha trovato le stesse qualità nell’uomo che ha sposato. Penso che la consapevolezza di essere transitata da una madre all’altra, da una famiglia all’altra, da un contesto culturale ad un altro abbia creato un vuoto tra l’essere di qualcuno-non esserlo più- essere di qualcun altro. Proprio questo non essere è il vuoto che io ho sentito di dover colmare non solo con l’affidarmi ai genitori che mi hanno cresciuta, ma anche con tutte le persone che sentivo a me affini per determinate caratteristiche personali o caratteriali.

BIMBA CHE GUARDA AL MONDO ADULTO e SGUARDO TRA GENERAZIONI

Gli adulti della mia infanzia erano ben definiti, i miei genitori, i nonni, gli zii, le maestre, gli amici dei miei genitori, gli estranei. Avevano un ruolo preciso nella mia vita e venivano contraddistinti da determinate caratteristiche. I genitori erano quelli che mi amavano, mi crescevano, i nonni e gli zii erano coloro dai quali andavo quando i miei genitori non c’erano e anche loro mi amavano, gli amici dei miei genitori con relative famiglie erano coloro che incontravamo nei fine settimana, si mangiava la pizza insieme, si chiacchierava e si giocava, le maestre si occupavano della mia educazione, mentre gli estranei erano coloro dai quali non avrei dovuto accettare caramelle. Mi piaceva ascoltare e scrutare il mondo adulto, mi sembravano tutti così liberi di poter fare e dire quello che volevano. Tra le mie attente osservazioni riflettevo e reinventavo un mondo tutto mio al quale davo vita nelle pagine di un diario segreto. Tra quelle righe scritte con impegno e dedizione si faceva strada la mia voglia di diventare grande, di diventare donna ed eccomi a seguire i miei principali punti di riferimento. Ho avuto una mamma molto presente, affettuosa, desiderosa di dare e ricevere amore, ma molto presa dal suo aspetto fisico, dal bisogno di piacere, di essere giovane, ha fatto della bellezza un elemento fondamentale della sua vita e temeva le rughe del tempo quando ancora non ne aveva il motivo. Io, pur essendo piccola, percepivo questo suo disagio interiore tant’è che ne parlavo in uno dei miei tanti testi scritti alle scuole elementari nel quale avevo il compito di descriverla, evidentemente assorbivo questo suo spasmodico bisogno di piacere e l’avevo fatto diventare mio tanto da guardarla davanti allo specchio, invidiandola e sentendomi in competizione. Ero gelosa, mi sembrava che volesse vestirmi per farmi sentire brutta quando invece lei voleva essere bella. Ho compreso e rivalutato mia madre con il tempo, comprendendo le sue sofferenze, le sue fragilità, la sua durezza che aveva il solo scopo di proteggere le persone che amava. Iniziando la scuola sono entrata in contatto con altri tipi di donne, quali Maria ed Emma, esse non facevano della bellezza un aspetto fondamentale della loro vita, mi è arrivato un altro tipo di messaggio rispetto a quello che avevo sempre ricevuto, il corpo non è uno strumento, non è importante solo l’involucro esterno che mostriamo agli altri, così si rischia di trasferire tutto ciò che siamo dentro, al di fuori, riempiendo il corpo e svuotando l’anima. Il corpo va curato, va amato e apprezzato è obbligo di ogni donna volersi bene, non trascurarsi, piacersi e anche piacere, ma nel contempo all’amore nei confronti del corpo va corrisposto un amore nei confronti della testa. Da qui posso dire che ho compreso l’importanza di prendersi cura della propria mente, della propria intelligenza, studiando, ricercando, leggendo molto, cercando sempre di farmi un’opinione su tutto. Un altro elemento che ho assorbito dalle nuove donne entrate nella mia vita è stata la libertà, e con questo termine voglio indicare la capacità di poter pensare e dire tutto ciò che si ritiene giusto. Libertà significa non avere pregiudizi di sorta, notare le sfumature tra il bianco e il nero, non avere confini, non avere categorie, questo tipo di libertà fa addirittura sparire il giudizio nei confronti degli altri, mantenendo un sano rispetto e riconoscendo la diversità. Essere libere, spontanee, vere, significa essere autentiche. Importante è anche l’idea di amore, quando ero piccola mi sembrava di essere sempre innamorata, successivamente ho compreso che una donna è pronta ad innamorarsi quando è consapevole che può stare benissimo anche senza uomini, che il rapporto con l’altro è una qualcosa di cosa che tu decidi di avere quando sei pienamente consapevole di bastarti da sola. Penso che una persona dovrebbe essere ironica e autoironica, deve saper scherzare su sé stessa, sui suoi difetti dimostrando di saper ragionare distaccandosi dalle cose e dalle situazioni. Infine l’infinita attenzione, comprensione e l’affetto avuto nei miei confronti, mi hanno portato ad essere eccessivamente empatica, si perché io vado ben oltre il significato di questa parola portandolo da una definizione estremamente positiva, a situazioni dalle quali, in certi casi mi faccio annientare. Da una parte mi preoccupo perché non è il caso che mi faccia sopraffare, poi perdo il controllo e divento poco obbiettiva, dall’altra parte mi sento una persona vera, in grado di provare compassione e dispiacere per un altro essere umano e per la situazione che sta vivendo.

BISOGNO DI RACCONTARE SCRIVENDO

Ho sempre scritto molto, fin da piccola, forse sentivo e sento tuttora il bisogno di confermare la mia vita, su un pezzo di carta. Questa mia storia, così particolare, ma nel contempo così complicata, che mi ha portata anche a grandi sofferenze nel rapporto con gli altri, aveva bisogno di essere raccontata per non perdermi pezzi di me nel mio percorso di vita.

 

Goito, 26 giugno 2013


Caro Leonardo,

questa è la prima lettera che ti scrivo, in questo esatto momento sei nella mia pancia e penso proprio che tu stia dormendo, perché sono sicura che se fossi sveglio, ti sentirei scalciare, come fai tutte le sere quando il papà appoggia la mano sul mio pancione o si avvicina con la bocca all’ombelico per farti le pernacchie.

Ti devo dire la verità, quando ho scoperto di essere incinta, quel freddo martedì 29 gennaio, la mia reazione non è stata quella di una spropositata gioia che si manifestava nell’aprire bottiglie di champagne, chiamando amici e parenti, non fraintendermi, ho percepito il tuo ‘esserci’ come positivo, semplicemente ho avuto una reazione sobria. Anzi, nonostante io sia nel pieno del sesto mese di gravidanza, a volte, sento ancora, dentro di me, il processo di rielaborazione di questa notizia.

Amo tuo padre più di qualsiasi altra cosa al mondo, credo fermamente nella forza del nostro legame e sono convinta che tu non possa avere padre migliore di quello che avrai. Appurato questo, ti dico che la mia presente gravidanza e l’imminente maternità hanno aperto delle crepe in me relative a quello che è stato il mio percorso di figlia, abbandonata, ripresa ed amata.

Nell’ introduzione della mia Tesi di Laurea scrivevo di come è stato difficile riuscire ad accettare la sensazione di non assomigliare ai miei genitori, a mio fratello, di non trovare tracce di me da nessuna parte.

Per la prima volta, grazie alla tua esistenza, sono stata spinta a fare un lavoro di introspezione, i cui risultati emergono dal presente testo, il processo per arrivare a tutto ciò, non è stato sempre semplice, anche perché scavare in sé stessi è un’azione che spesso può creare molto dolore.

In virtù di questo lavoro volevo ringraziarti per le scoperte fatte lavorando su di me e sulla mia storia, grazie per avermi dato il coraggio di esplorami,di affrontare i fantasmi del passato, grazie per avermi accompagnato nell’affrontare il dolore e grazie perché nonostante tu sia ancora così piccolino per Amore tuo non mi sono fermata, consapevole che questo lavoro, dovesse essere prima di tutto una tua ricchezza.

Volevo dirti che non importa che tu abbia parte dei miei geni, che mi assomigli fisicamente o che nelle tue vene scorra il mio sangue, perché tu sei semplicemente tu. Quando nascerai io e tuo padre ci prenderemo cura di te, ma ti auguro di trovare nella vita tanti genitori simbolici che possano arricchirti delle loro esperienze, delle loro opinioni e dei loro punti di vista, di modo che tu possa avere tante risorse dalle quali attingere. Ti auguro di trovare persone che si prendano cura di te, che si preoccupino di quello che sei e di chi diventerai, che ti amino incondizionatamente per ciò che sei e spero che tu possa crescere con la consapevolezza che la diversità è una ricchezza, dalla quale non dobbiamo fuggire e della quale non dobbiamo avere paura proprio perché, in realtà, rappresenta la nostra forza, ciò che noi possiamo insegnare e condividere con gli altri. Spero che tu comprenda che una casa non è solamente un edificio, bensì le persone con le quali deciderai di condividere la tua vita, che potrai crearti tutte le famiglie che vorrai, imparerai che le radici sono elementi fittizi, l’amore scaturisce dalla stima, dalla fiducia, dalla comprensione, da chi ci sostiene passo dopo passo. Il sangue non per forza è amore.


Mamma



MAMME

L’esperienza di essere figlia la sto vivendo tutt’ora, ho una madre e un padre biologici e una madre un padre adottivi. Sono uscita dal ventre di una mamma biologica, ma non l’ho mai vista né conosciuta, se non attraverso qualche foto, quando la vedo non riesco a riconoscermi in lei, eppure ne condivido i tratti somatici, il colore della pelle, il bisogno di bere tè tutti i giorni e di camminare a piedi scalzi, il suo nome è Lililitie, ma non mi dice nulla. Questa presente assenza scava dei tunnel dentro di me, saranno sicuramente le mie vene, nelle quali scorre il suo sangue. Ma non basta, non è sufficiente, per me lei rimane un’immagine, un percorso di vita sconosciuto, un mistero, una strada chiusa, sai che c’è, ma al di là non puoi andare, puoi solo fantasticare dove potrebbe condurti..

Graziella. Mentre Lililitie è l’unico modo per identificare colei che mi ha dato la vita, è altrettanto vero che per me il nome Graziella non vuol dire niente, anzi mi dà quasi fastidio; chi è Graziella ? Io la chiamo mamma. La mia mamma amore perché con lei non condivido nulla per quanto riguarda il profilo genetico e caratterialmente siamo anche molto diverse, eppure ci siamo ritrovate sulla strada del dare e ricevere amore, congiungendo due mondi fisicamente lontani, lei è una presenza presente, mi ha aiutata e sostenuta nella rielaborazione del passaggio da una realtà ad un'altra, non ho mai messo in discussione il suo amore, non ho mai dubitato della sua presenza nel momento del bisogno.

Ora, a distanza di tempo, posso sostenere di avere imparato molte cose da lei, come mamma e come persona, nel primo caso posso dire di aver compreso che desiderare qualcosa in maniera spropositata è già un passo per riuscire ad ottenerla, che una gravidanza di nove mesi equivale a quella di una mamma adottiva che aspetta mesi o addirittura anni per riuscire ad avere il suo bambino, non c’è un aumento di pancia, bensì il cuore si colma di affetto e i polmoni si riempiono di aria per gridare al mondo la propria gioia, mia mamma mi ha insegnato che un parto corrisponde ad un certificato di adozione, nel quale si attesta che avrai tra le braccia tuo figlio, in entrambi i casi si provano dolore e paura per qualcosa che potrebbe non andare nel verso giusto, ho anche appreso che comunque prima ancora di essere genitori, uomini o donne, mogli o mariti, siamo persone umane e possiamo sbagliare, i genitori che commettono errori per il troppo amore, alla fine non sbagliano mai totalmente.

Come persona mi ha insegnato la forza, la determinazione nel prefissarsi degli obbiettivi e nel riuscire a raggiungerli. Ma più di tutto mi ha aiutato a comprendere come certe scelte che io consideravo sbagliate, mi abbiano in realtà plasmata e aiutata a diventare ciò che sono ora.

 

IO, FIGLIA SIMBOLICA

Mi sento figlia simbolica della mia maestra delle elementari, Maria Bacchi, un anno fa è stata la mia testimone di nozze, lei ha avuto il dono, di fare emergere, semplicemente, aspetti della mia personalità, del mio carattere, della mia storia, che sarebbero rimasti nascosti, ha lavorato su di me e con me con dolcezza e tenerezza, senza forzature. A lei, da piccola, nelle mie lettere, confidavo i miei problemi, l’ho sempre considerata una presenza costante, un esempio, un modello di donna da seguire, forte. Mi ha insegnato a mettermi in discussione, a non buttare nulla di mio, mi ha insegnato a lavorare con gli altri, sugli altri e per gli altri, ha visto in me il futuro di una donna che aveva la possibilità di mettere a disposizione la propria esperienza, la propria storia. Maria mi ha trasmesso la libertà, il valore che sta alla base della mia concezione della vita, mi ha aiutata a fare emergere la mia visione anticonformista e originale delle cose, la passione per il lavoro che facciamo. Avevo sei anni quando l’ho conosciuta e non passa giorno che auguri ai miei bambini di trovare una Maestra come lei che lo è nel vero senso della parola, non la considero solo insegnante di italiano perché è andata ben oltre, si è dimostrata una Maestra di vita , lei mi ha aiutata a scovare i sentieri che mi avrebbero condotta alla costruzione della mia identità. Sotto la sua guida, avevo inconsapevolmente iniziato a fare ricerca attraverso l’introspezione e relazionandomi con gli altri, studiando il riflesso della mia immagine che loro mi rimandavano. Maria mi ha aiutata a fare affiorare la mia passione per la cultura, per il sapere, per lo studio. Non posso dire di essere stata bravissima a scuola eppure lei mi ha insegnato come sia relativo il concetto di bravo, ciò infatti non significa prendere bei voti, bensì riuscire a sviluppare il proprio tipo di intelligenza, utilizzando la creatività per trovare i percorsi e i legami tra i vari concetti.

Infine Maria mi ha aiutata a concepire una vita senza confini e categorizzazioni, nella quale amare significa semplicemente rispettare l’altro e i suoi spazi, rimanendo onesti e disponibili, mi ha fatto capire che insegnare è interessarsi soprattutto alla vita, alla storia del bambino, al non doverlo per forza categorizzare, ma soffermandomi su ciò che c’è di spontaneo, naturale e indipendente.

Il nostro rapporto era quello che alunna e maestra, la differenza di età, di vita di esperienze, non ha fanno fatto altro che unirci nel tempo ed ora siamo diventate amiche e considero questo rapporto una delle cose più importanti e preziose della mia vita.

[…]

Mi sento un po’ figlia simbolica di Massimo, mio marito, perché mi dedica la stessa attenzione e la stessa cura che un genitore dedica ad un bambino, mi sostiene in ogni attività che decido di intraprendere e questo mi dà una grande forza e un gran coraggio. Massimo è la mia fonte di fiducia e protezione, non esistono no nel nostro rapporto, percepisce il mio bisogno di essere, di esplorare, di curiosare e di scoprire la vita. Non mi ha mai impedito di camminare lungo i sentieri dell’ esistenza, anzi mi affianca passo dopo passo senza esitare. Non è fortuna di tutti trovare un uomo che ama la tua libertà, tanto quanto ama te. Egli mi sente speciale e mi aiuta a rincorrere e a fare emergere le mie peculiarità, sente la forza del nostro rapporto e il legame indissolubile che nel tempo abbiamo costruito e come me è consapevole che nonostante le esperienze della vita ti possano cambiare, nonostante ci si possa perdere, si possano avere altri interessi o si debbano affrontare difficili sfide, ci si può sempre ritrovare e anche se così non fosse, considererò sempre questo rapporto come il più forte e profondo che abbia mai avuto.

Lo ringrazio perché nonostante il lavoro, i progetti, gli impegni, le persone che entravano ed uscivano dalla mia vita, il mio più grande desiderio, giorno dopo giorno, è sempre stato quello di tornare a casa, alla sera, da lui. Nonostante percorsi di crescita, interessi e studi diversi non l’ho mai escluso dalla mia vita, gli ho sempre parlato del mio lavoro accettando i suoi consigli e quasi pretendendo la sua opinione. Non solo, Massimo mi ha trasmesso la capacità di accettare il cambiamento delle persone, anche nel momento in cui questo ti può ferire, mi ha trasmesso l’onesta come elemento fondamentale nel rapporto di coppia, anche quando essere onesti risulta essere la cosa più difficile e il prezzo da pagare è proprio quello di perdere tutto ciò che si è costruito fino a quel momento. Mi ha fatto capire che amare significa anche lasciare liberi, allontanarsi, lasciando all’altro la possibilità di esplorare il suo spazio privato, proprio perché ognuno di noi ha una parte che non vuole condividere con nessuno. Mi ha fatto capire che la bontà d’animo, la pazienza, la dedizione, la cura sono doti che possono nascere anche da un percorso travagliato e intriso di sofferenza. Tempo fa ero convinta che non mi sarei mai sposata, vedevo il matrimonio come un vincolo, come una gabbia, nella quale si veniva rinchiusi e dalla quale non si poteva fuggire se non provocando dolore, amarezza e risentimento, grazie a lui ho superato questa paura, sono orgogliosa e felice di essermi sposata, lo rifarei ancora se potessi tornare indietro e non solo questo implica, per me, una devozione totale ad una persona, non lo vivo nemmeno come un limite alla mia libertà, insieme si può arrivare a sperimentare e a capire più di quanto non si faccia singolarmente.


6-10-2014

 

 

home