Non va scambiata per silenzio una produzione di parola e di sapere che manca la scena politica e mediatica ufficiale; perché proprio con la battaglia di trent'anni fa sull'aborto, che non fu fatta solo di manifestazioni ma soprattutto di elaborazione, è diventato chiaro una volta per tutte che l'ordine del discorso della politica delle donne eccede quello della politica ufficiale, delle sue parole d'ordine riduttive, dei suoi schieramenti rigidi. Il che non vuol dire che questa distanza
vada incoraggiata - al contrario, andrebbe ridotta; vuol dire però
prendere bene le misure del conflitto in corso sull'aborto, sulla
procreazione, sulla sessualità. Letizia Paolozzi, ad esempio, giustamente
si chiede (www.donnealtri.it)
se a essere sotto attacco oggi sia l'aborto come tale, o non piuttosto «la
parola delle donne, giudicata poco credibile, poco seria, irresponsabile».
E chiunque abbia seguito le argomentazioni zelanti dei teocon nostrani in
questi mesi, nonché la debole risposta della cultura laica, sa quanto
l'una e l'altra si avvalgano di una sistematica adulterazione della parola
femminile (la riduzione dell'aborto a diritto, del desiderio a capriccio,
del primato femminile nella procreazione a strapotere autarchico e via
dicendo). Lea Melandri (in un articolo su Liberazione riportato nel già citato sito della Libreria delle donne di Milano) mette in guardia dal rischio che la pura riaffermazione del primato femminile nella procreazione presti il fianco «alla misoginia di ogni tipo, e alle «paure profonde» che riattivano negli uomini «il fantasma di una madre distruttiva e poco accogliente» (Sara Gandini). La stessa Gandini, con l'intento di «interpretare il presente partendo dalle conquiste del passato», traccia una discriminate interessante fra ieri e oggi: se ieri la riappropriazione del desiderio femminile richiedeva il taglio della separazione dagli uomini, oggi viceversa la libertà femminile guadagnata consente e domanda una relazione più forte con l'altro sesso. Nella quale gli uomini accettino lo squilibrio del primato femminile nella procreazione, ma mettano in gioco la loro esperienza. La prima parola e l'ultima restano femminili, ma in mezzo non può esserci vuoto di parola maschile.
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