14 gennaio a Milano, in tante rispondono «Io ci sono»

di Assunta Sarlo


Hanno risposto semplicemente «Io ci sono». Come dicono - e fanno - ogni giorno: ci sono al lavoro, in casa, con i loro figli e gli amici, ci sono per cucinare un piatto di pasta o scrivere una ricerca internazionale, ci sono per la spesa al supermercato, per l’amica in crisi, per una sentenza da stendere o per qualcuno da visitare fuori orario.

Ed esserci - erano 1500 il 29 novembre alla Camera del lavoro di Milano, sono diventate molte di più in decine di città, saranno chissà quante il 14 gennaio a Milano - significa molte cose e impegnative. Rispondere a un messaggio in bottiglia che invitava ciascuna a spezzare un silenzio pubblico di fronte ad un attacco guerresco alla legge 194 e più ancora alla libertà femminile, a uscire di casa, a riprendere parola, ecco, di tutto questo ognuna ha valutato la portata. E ha risposto che si poteva contare anche su di lei. Che avrebbe portato con sé una figlia, un’amica, magari anche il proprio compagno o marito.

A distanza di poco più di un mese da quella prima assemblea, per la quale è stato decisivo l’impegno di Susanna Camusso e Cristina Pecchioli della Cgil Lombardia, questo mi sembra il risultato più prezioso e più pesante insieme. Con quella lunga serie di “io ci sono” mandava a dire, ciascuna donna all’altra, che aveva bisogno di guardarla in faccia e riconoscerla compagna di pensieri comuni, che sapeva che non sarebbe stato facile né riprendere il filo di quel ragionare su di sé né vincere l’estraneità che l’aveva tenuta lontana (ma ragionante eccome!) dalla politica, ma che era il tempo di farlo. E che lo riconosceva come tempo che voleva prendersi o riprendersi per sé, tra la spesa e il lavoro, la cena con gli amici e i colloqui con i prof. dei figli.

Lo ha scritto, benissimo, Dina in un messaggio al forum di www.usciamodalsilenzio.org: «Mi chiedi perché una sera fredda d’inverno, dopo una lunga giornata di lavoro, non priva di contrasti, poi a casa a preparare la cena, mentre discuti con due figlie adolescenti affascinate da quei modelli che i media vomitano addosso ai ragazzi, tenti di metterle in guardia da quel pensiero unico che insulta la loro intelligenza, che le vuole tanto-tanto carine e in forma, ma soprattutto tanto addomesticabili a logiche prevalentemente maschiliste e consumistiche, una donna esce, riattraversa la città per andare alla Camera del lavoro ad un’assemblea in difesa della 194? Rispondo: ma se non ora quando? La posta in gioco è veramente troppo alta… Chiesa e politica si sono scatenati ad imporre la loro concezione su maternità, fecondazione assistita, embrione ecc., nulla è stato risparmiato, sono state scomodate tutte le categorie possibili: etiche, bioetiche, e chi più ne ha più ne metta, senza minimamente chiedersi cosa pensasse e sentisse il soggetto attivo di tutto questo: la donna. Adesso basta! Quella che ci aspetta è veramente una lunga notte, ma veniamo da lontano, abbiamo le intelligenze e le energie per poterla superare».

Intelligenza ed energia collettiva è quello che è servito per dare un luogo a quel pensiero di indignazione solitaria: e si è arricchito via via dei saperi, delle competenze, delle riflessioni che le donne - le giuriste, quelle che hanno “fatto” il femminismo italiano nelle sue diverse declinazioni, le ginecologhe, le ragazze più giovani, le lesbiche, le madri con le loro figlie - hanno portato nelle nostre assemblee e nel nostro sito. Un cammino per ora breve, ma denso e a tratti anche aspro, che molto, io credo, manda a dire alla politica organizzata, e soprattutto al centrosinistra: esige di essere guardato da pari a pari e non paternalisticamente, è consapevole di avere frecce al proprio arco, a cominciare dal voto, chiede che non si facciano mediazioni al ribasso sui corpi, le vite e i destini delle donne italiane che sanno quale complessità detta le proprie scelte, in materia di sessualità, maternità, relazioni con l’altro.

Di questo parlerà la piazza del 14 gennaio (e gli incontri che si svolgono oggi in vista di quella): abbiamo detto sin dall’inizio che non si tratta di una battaglia difensiva, ma che denunciare le insidie dell’attacco alla 194 significa rileggerne i nessi profondi con la vita di ognuna, con l’idea di libertà e di relazioni fra i sessi, con il tema urgente, in questi tempi oscuri, della laicità dello stato.

Su questo dialogheranno la piazza di Milano e la piazza di Roma, piazza Farnese, dove nella stessa giornata il movimento glbt e tanti altri daranno vita a “Tutti in pacs”. Saranno “Due piazze per le libertà”, abbiamo costruito un ponte che ha richiesto anch’esso, da parte di tutte e tutti, la capacità di superare qualche momento difficile vissuto - in ordine alla contemporaneità dei due appuntamenti - con le donne di Arcilesbica che dai primi passi di “usciamo dal silenzio” ci sono state compagne. Le due piazze si scambieranno voce, chi non potrà essere a Milano sarà a Roma e viceversa, chi vorrà porterà in ognuna delle due un segno dell’altra.

Poi sarà il 15 gennaio e dovremo avere gambe per camminare ancora a lungo. Ce la faremo se riusciremo a guardare in avanti insieme alle donne più giovani, le più strangolate nell’incrocio tra precarietà e desideri, con le donne straniere che sono arrivate fra noi e alle quali tocca un di più di fatica e solitudine, con tutti gli uomini capaci di riconoscere che tutto ciò li riguarda e non è materia di convegno, ma concretezza di vita e di relazioni sulle quali pesa una lunga storia. Troppo vogliamo? Troppo chiediamo a noi stesse, ancora una volta? Per sdrammatizzare dirò che, in tutto questo, ci stiamo anche abbastanza divertendo.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 3 gennaio 2006