Care amiche,

sono stata sollecitata a mettere per iscritto l’intervento che ho fatto all’assemblea del 24.5.06 all’Umanitaria. Lo faccio volentieri, pensando che, comunque vadano le elezioni comunali, le riflessioni critiche sui programmi di Letizia Moratti e di Bruno Ferrante, purtroppo non scadono con l’esito del voto.

Lea Melandri

 

Confrontando i due programmi non c’è dubbio che c’è un salto di qualità significativo. Le logiche su cui sono costruiti sono decisamente diverse.

Il programma della Moratti si presenta come un ibrido di aziendalismo e medioevo, produttivismo e slanci caritatevoli o compassionevoli. Riporto alcuni stralci che rendono bene l’idea: “Valorizzare i capaci e i meritevoli, stare a fianco di chi ha bisogno”; “uno sguardo d’amore che sprona i più forti, incoraggia i più deboli, accoglie chi è solo, condivide le gioie del successo, rassicura l’incerto”; “Milano deve essere locomotiva economica e capitale dell’assistenza” . Le donne sono collocate tra le “categorie dei cittadini che richiedono attenzioni particolari”, perché “hanno problemi particolari che li differenziano dagli altri”. La sequenza non è molto diversa da quelle che già conosciamo: “bambini, donne, giovani, migranti, portatori di handicap”.

Collocata tra i bisognosi di attenzioni particolari, non si capisce poi per quale misterioso disegno la donna debba poi trovarseli tutti, anziani compresi (dimenticati nella lista), affidati nella casa alle sue cure, che naturalmente devono essere: gratuite, prodigate con amore e ( strabiliante!) su una base di reciprocità (sic!). Si capisce bene allora perché poi sia necessario un “Ufficio delle vittime”: le case, gravate di tutte le miserie della società, non possono che trasformarsi, come del resto già sono, in mattatoi. Così la donna a cui, come sembra diventato d’uso, sarà stata tagliata la testa, potrà sempre ricorrere all’ascolto di Madre Letizia che vedrà miracolosamente di riattaccargliela!

La città è pensata né più né meno che come un’estensione della casa e della famiglia, e le relazioni sociali regolate secondo logiche compassionevoli di aiuto, ascolto, accoglienza, assistenza. Come in una piramide che ha al vertice la massima autorità cittadina, si snodano secondo una gerarchia di stampo feudale (tipo valvassini, valvassori, ecc.): la Consulta delle famiglie, la Consulta dei giovani, la Consulta delle comunità, la Casa delle associazioni, attorniate da un esercito di volontari, il famoso “terzo settore” depositario massimo delle pratiche sociali di ascolto e assistenza. Una particolare attenzione è richiesta per le “donne sole”, che, sarebbero in prevalenza “depresse e dedite all’alcolismo” (sic!). Come potete vedere, io ne sono un esemplare!

 

Il programma di Bruno Ferrante si presenta “politicamente corretto”, ispirato a criteri di “diritto” e di “democrazia compiuta”, così compiuta che si parla di una Giunta paritaria, uomini e donne al 50%, come ha chiesto quest’assemblea. Ma, posto questo orizzonte “paritario”, la questione di genere ( ma sarebbe meglio parlare di rapporto uomo/donna, per evitare l’effetto tema scolastico) torna a essere il problema di un solo genere, quello femminile: le donne, soggetto sociale debole, svantaggiato, vittime di violenza, costrette a un difficile acrobatismo tra lavoro e famiglia (un abbinamento che vale solo per le donne!), vanno aiutate con politiche particolari, azioni positive, pari opportunità, asili e bonus per i figli, “uffici di genere” presso il Comune. (Un ufficio di genere lo vorrei davvero, ma per gli uomini, che in questa fase storica sembrano essere molto disorientati).

Torna qui l’immagine, contraddittoria, della donna vista, da un lato, come “soggetto debole”, vittima, e dall’altro, esaltata come “risorsa”, portatrice di “talenti e valori”, di cui la collettività non potrebbe fare a meno. Vorrei fermarmi su questi due concetti: risorsa e talento.

“Risorsa” le donne lo sono sempre state, non diversamente dalla terra, dall’acqua, dal petrolio, ecc.. e alla stregua di queste “risorse naturali” a cui è stata assimilata, fatta oggetto di appropriazione, controllo, dominio, manipolazione, sfruttamento. Durante le elezioni politiche, molti illustri protagonisti della vita politica nazionale hanno elogiato pubblicamente la “saggezza” delle loro mogli, purché naturalmente restassero al loro posto, cioè un passo dietro ai loro mariti. E loro, “naturalmente”, al loro posto ci sono rimaste: di mogli, e madri, benché tutte donne emancipate, impegnate politicamente, complemento necessario all’impegno pubblico dei loro uomini, plaudenti al loro successo, premurose nei festeggiamenti, generose di interviste che sottolineavano questa loro discreta dedizione.

Ma forse ci sono anche molte donne che di essere “risorse” in questo senso non ne hanno più voglia,  e se smettessero effettivamente di esserlo, non si tratterebbe allora più soltanto di dare loro cittadinanza compiuta, ma dovrebbe cambiare l’organizzazione stessa della città, dei suoi poteri, saperi, istituzioni, che restano tuttora la costruzione di un sesso solo, nonostante una grande presenza femminile nella vita pubblica.

Quanto ai “talenti” e alla “creatività” di cui le donne sarebbero portatrici, non posso non notare che Bruno Ferrante, in un’intervista (apparsa quanto meno come tale!) al quotidiano La Repubblica ha dichiarato di volersi avvalere, per il governo della città, di un consiglio di saggi, intellettuali, esperti. Ma qui, evidentemente, non si deve trattare della “saggezza” di cui si parlava prima, visto che la rosa degli esperti (con tanto di foto sul giornale) risulta formata rigorosamente da soli uomini. Viene allora spontanea la domanda: di che “talenti” stiamo parlando? Di che “valori e creatività” sarebbero depositarie le donne? Mi viene il dubbio che, dietro il “politicamente corretto” ci siano sentimenti, pensieri, modi di sentire che non sono cambiati, un ego antico maschile che stenta ad attribuire alle donne una creatività diversa da quella biologica.

Se è così, e purtroppo ne abbiamo ogni giorno la prova, di dovrebbe dirlo apertamente e cominciare da lì a ragionare insieme.