25 novembre e la violenza contro le donne
Maschile/Plurale

Jeanne Hebuterne
“La violenza contro
le donne ci riguarda, prendiamo la parola come uomini”,
così affermava l'appello che un anno fa ha raccolto centinaia di adesioni
rilanciando una presa di parola pubblica maschile contro la violenza e
dando vita a molte esperienze di scambio e confronto sia tra uomini, sia
con le donne.
Oggi, contro la
violenza sulle donne non ci sono più soltanto le donne.
E’ cresciuto nel
nostro paese un impegno di uomini, singoli, gruppi e associazioni, contro
la violenza sessuale e per un cambiamento culturale e sociale nei modelli
maschili e nei rapporti tra i sessi.
Una presa di coscienza maschile che però stenta a divenire visibile e a
determinare scelte politiche e comportamenti coerenti.
Troppo spesso la denuncia della violenza contro le donne da parte della
politica e dei mezzi di informazione tende ad occultare questa necessità e
veicola messaggi e valori ostili alla libertà delle persone di progettare
la propria vita oltre gli stereotipi e le rappresentazioni dei ruoli
sessuali, gerarchiche e fisse.
In vista della
Giornata internazionale contro la violenza alle donne del 25 novembre,
torniamo a chiedere agli uomini di assumersi le responsabilità e l’impegno
per un cambiamento che riguardi la nostra vita quotidiana, le nostre
famiglie, gli ambienti di lavoro e di studio.
Il percorso che abbiamo fatto con altri uomini ci porta a dire che non
basta essere genericamente contro la violenza: è necessario denunciarne le
radici in una cultura condivisa e diffusa.
Sentiamo il rischio che questa giornata si riduca a un rito pacificatore
fine a se stesso, nascondendo la necessità di aprire un conflitto
esplicito con luoghi comuni, pregiudizi e culture, complici della violenza
o quantomeno suo retroterra naturale.
La violenza maschile
contro le donne è un dato strutturale della nostra vita sociale,
delle relazioni tra donne e uomini nelle nostre famiglie, nei luoghi di
lavoro e di studio, nelle nostre città; dello stesso segno è la violenza
che si dirige contro tutto ciò che non rientra nel paradigma tradizionale
di maschile/femminile, come la violenza omofoba.
Per sradicare queste violenze, è necessario rompere con la cultura diffusa
che le produce. Alimentare l’immagine di uno “stato di eccezione” che
richieda provvedimenti di emergenza è un modo per allontanare la
consapevolezza di questa realtà.
Le ricerche e le statistiche evidenziano che nella stragrande maggioranza
dei casi gli autori delle violenze sessuali e degli omicidi sono i
partner, i familiari, gli ex, i colleghi o i conoscenti; mass media e
rappresentanti politici continuano invece a rappresentare la violenza
contro le donne come opera di stranieri e sconosciuti. In questo modo si
occulta il fatto che la violenza contro le donne è trasversale alle
culture e attraversa profondamente la nostra stessa società e gli stessi
spazi domestici e familiari.
A questo proposito, denunciamo l’uso strumentale di questi episodi per
fomentare campagne mediatiche e politiche a sfondo xenofobo che
sottraggono responsabilità ai maschi italiani e aggiungono violenza a
violenza, anziché aiutarci ad affrontare insieme i nodi di fondo della
violenza maschile che attraversano le relazioni quotidiane.
La violenza maschile non è un “corpo estraneo” da espellere perché
riguarda la nostra stessa cultura: crediamo che la xenofobia, la negazione
della differenza, il ricorso alla violenza per imporsi, la difesa
virile dell'italianità e l'ergersi muscoloso “a difesa delle proprie
donne” siano parte dello stesso universo culturale maschilista in cui
cresce anche la violenza contro le donne.
La violenza, inoltre, rimanda al rapporto tra potere, libertà e autonomia
tra donne e uomini. Spesso le violenze sono la reazione a scelte autonome
di determinazione, di crescita personale, di donne che si muovono con
diritto da sole. Eppure le campagne contro la violenza tendono a
riproporre un'immagine delle donne come soggetti deboli da porre sotto la
tutela dello Stato.
L’autonomia delle donne è per noi non una minaccia a cui reagire con
violenza, ma un’opportunità. Come uomini abbiamo un grande guadagno
possibile da un cambio di civiltà: una maggiore ricchezza e intensità
nell’esperienza del nostro corpo, della nostra sessualità, del nostro
desiderio, delle nostre emozioni; una nuova capacità di cura di sé, dei
propri cari, dei propri figli; una qualità migliore delle relazioni, tra
noi uomini e con le donne; una vita meno ossessionata dalla competizione,
meno segnata dalla violenza; un mondo di donne e uomini più civile e
pacifico, più capace di rispondere a una nuova domanda di senso che
attraversa la vita di moltissimi uomini.
Donne e uomini
contro la violenza.
Sappiamo che in
occasione del 25 novembre si svolgeranno molte iniziative promosse da
donne appartenenti a diverse culture politiche e a diversi livelli
istituzionali. E’ stata anche indetta una
manifestazione nazionale delle donne contro la violenza il 24 novembre
a Roma.
Il percorso
collettivo che come uomini abbiamo vissuto fino ad oggi ci porta a non
limitarci a solidarizzare con questa mobilitazione delle donne. Molti di
noi si sono attivati con iniziative contro la violenza organizzate nelle
diverse città italiane.
Vogliamo contribuire con la nostra autonoma riflessione e domanda di
cambiamento ma vogliamo anche intrecciare con queste iniziative un dialogo
che valorizzi il lavoro comune fatto e che vada oltre la giornata del 25
novembre creando occasioni di cambiamento di sé e delle relazioni sociali
tra donne e uomini.
Chiamiamo tutti gli
uomini a esprimersi, assumersi con noi la responsabilità di un impegno
attivo per un cambiamento culturale che, crediamo, è l’unica condizione
per contrastare la violenza ma anche un’occasione di libertà per noi
uomini.
Novembre 2007
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