E ora uscite voi dal silenzio
assemblea, 8 marzo 06

di Eleonora Cirant

La sfida è rivolta alle e agli eleggibili del centro-sinistra da parte delle donne dell'assemblea milanese di "Usciamo dal silenzio". Sfida raccolta, quantomeno in termini di partecipazione. L'8 marzo erano presenti al confronto con l'assemblea nella Sala degli affreschi dell'Umanitaria, affollatissima. C'era anche l'occasione di visitare nel chiosco vicino la mostra documentaria Noi utopia delle donne di ieri, memoria delle donne di domani. Il collegamento tra le due situazioni è stato piacevole e utile, segnalando con linguaggi diversi la fisionomia di un soggetto politico.
Le donne dell'assemblea non hanno proposto un programma alternativo a quello dell'Unione, ma hanno puntato alto, chiedendo alle e ai candidati di prendere posizione rispetto ad un principio, semplice ma dirimente, affermato nella lettera-documento che ha preceduto l'incontro e alla quale si è lavorato per gruppi tematici (lavoro, salute riproduttiva, nuove relazioni e riconoscimento sociale, politica). Non vogliamo essere considerate soggetto debole da tutelare, ma soggetto politico. Non oggetto ma soggetto della politica. La metà della società, non una categoria sociale. Abbiamo competenze e saperi, la nostra è "politica prima, non seconda". Il rapporto uomo-donna è il fondamento della politica, non uno dei suoi problemi. La "questione femminile" non ne è che la ricaduta, la fenomenologia.

Principio ribadito a più riprese sia da Assunta Sarlo, che ha aperto e chiuso l'incontro, sia da Lea Meandri e Susanna Camusso, che lo hanno precisato con forza e chiarezza ottenendo l'applauso dell'assemblea, sia dalle coordinatrici dei gruppi. Le plurali forme di convivenza, omosessuali o no, misconosciute dal patteggiamento pre-elettorale sui Pacs; il pessimo trattamento imposto alle donne che ricorrono all'aborto a causa dell'eccessivo numero di obiettori di coscienza; il tentacolare potere economico che sorregge la presenza capillare del Movimento per la vita nei gangli della sanità (pubblica&privata); i differenziali salariali tra donne e uomini a parità di ruolo e il tetto di cristallo nelle carriere; la legge 40 e quelle preparate dal centro-destra sui consultori… sono altrettante espressioni del patriarcato, la griglia che imprigiona il "cuore della politica". Ne conosciamo gli schematismi, i modi in cui si riproduce, i modelli di comportamento che legittimano e che distribuiscono poteri grandi e piccoli. Alle donne e agli uomini che si candidano a rappresentarla, questa assemblea chiede ripetutamente il coraggio di cambiare il passo, i connotati, le pratiche, la prospettiva, il modo di interagire con i movimenti.

Presenti: Marilena Adamo (Ds), Roberto Biscardini (Rosa nel pugno), Maria Luisa Boccia (Prc), Gloria Buffo (Ds), Giovanna Cappelli (Prc), Emilia De Biasi (Ds), Aurelio Mancuso (Ds), Graziella Mascia (Prc), Carlo Monguzzi (Verdi), Maria Pellegatta (Pdci), Barbara Pollastrini, (Ds). Rispondono entrando più o meno nel merito. Il rapporto politica organizzata/movimenti va per la maggiore. C'è meno chiarezza intorno alla domanda fondamentale: ci considerate o no soggetto politico, e in quali atti concreti questo si realizza? Hanno gioco facile Giovanna Cappelli, del Forum donne del Prc e Maria Luisa Boccia, femminista storica: "non mi è difficile rispondere alle domande di usciamo dal silenzio perché questa è la mia politica; non si tratta di ascoltare i movimenti ma di riconoscere che la politica si gioca qui", dice Boccia. "Il patriarcato non è morto. Tocca a noi dirlo" dice Cappelli, ricordando che in Rifondazione le donne sono per il 40% candidate nelle liste in posizioni "sicure".

Anche Mancuso, che viene da Arcigay, si posiziona nella zona di confine tra movimento e partito e dichiara che "non ce ne andremo". Da parte sua e da Buffo viene il richiamo al meccanismo elettorale. Settori dell'elettorato sono insofferenti all'imposizione di forme tradizionali di famiglia. Prodi e la coalizione ne tengano conto o non otterranno i voti. A questo bacino di voti guarda Biscardini, che fa leva sulla richiesta di cambiamento intesa come laicità e libertà contro proibizionismo e ingerenza vaticana. Pollastrini promette di mantenere aperto il confronto e assicura che le donne Ds parlano lo stesso linguaggio dell'assemblea. Pellegatta garantisce l'impegno suo e del partito sulle richieste fatte.

Si respira un'aria di attesa. E' una bella scossa l'intervento di Melandri che vuole alzare il tiro e riportare il discorso sulla questione cruciale: "c'è un movimento che guarda alla vita pubblica, ai suoi poteri e saperi, ma lo fa con quel modo radicale che caratterizza il femminismo degli anni Settanta: per capire la sfera pubblica bisogna partire da tutto ciò che essa si è lasciata alle spalle. Finché ci considerano un soggetto sociale, gli uomini continuano a parlare delle donne come se non loro non c'entrassero. Devono invece nominarsi come appartenenti al sesso maschile e non come l'intero genere umano". Scroscio di applausi, in particolare sull'ultima frase.

Ci prova Monguzzi, narrando del suo rapporto con il femminismo. Reazioni variegate dal pubblico. Qualcuna lo definisce "paraculo". Qualcuna ride fino alle lacrime nel ricordare come negli anni Settanta le donne gridassero "ridi, scemo" ai compagni che ridacchiavano ai lati del corteo. Pare che si usasse anche scandire questo slogan in girotondo, i compagni al centro. Altri tempi.

Raccoglie consensi Buffo, peraltro uscente: "nei trascorsi 5 anni di legislatura noi donne dei partiti di centro-sinistra non abbiamo avuto coraggio, ci siamo sentite sole, non abbiamo avuto buoni rapporti fra noi; siamo state travolte dalla crisi dei partiti". Le ministre dovrebbero dimettersi quando accade qualcosa di grave, dice. A metà serata arriva la stoccata di Camusso: "ho sentito una bella discussione, ma poca politica. Non ci basta che prendiate atto che esistiamo. Noi vogliamo una cosa precisa. Siamo un soggetto debole o un soggetto responsabile? Serve dire come si pensa di organizzare le politiche e quali politiche. Se l'interferenza sul corpo delle donne è o non è intollerabile. O vigili o interlocutrici, a voi la scelta di come trattare il movimento che si è espresso nella manifestazione del 14 gennaio. O la relazione e la fiducia oppure la paura e la diffidenza. Noi vogliamo essere quelle che vi danno la forza di alzare la voce". Avranno rizzato le orecchie?



09/03/06