Il solco di Marie-Madeleine Jodin Alessandro Guerra
Per quanto una robusta corrente revisionista abbia tentato con ogni mezzo di negarlo, di opporgli un sentiero virtuoso originato da Lumi più o meno radicali o, in alternativa, di screditarne i principi (l'annosa questione della violenza) identificandone gli esiti con le rovine sovietiche, la Rivoluzione francese e i suoi effetti nel cammino di emancipazione appare ancora come una cesura vivificante della modernità. Un laboratorio straordinario dove misurare la nascita della nuova soggettività politica popolare e la sua sfida al mondo di antico regime incardinato sulla gerarchia e sul dogma. Il libro recente di Valentina Altopiedi, Donne in rivoluzione. Marie-Madeleine Jodin e i diritti della Citoyenne sembra dar conferma di questa visione. Lo fa da una prospettiva spiazzante, le donne.
Il diritto delle donne di ricevere un'educazione era fortemente caldeggiato dai patrioti che non tradivano così il principio di eguaglianza, ma alla stregua del diritto di voto, lo costringevano alla pura passività: l'istruzione libera era «maschia», e alla «cara e dolce metà del genere umano» spettava il solo ruolo di consolidare la Repubblica unendo gli animi e celebrando gli uomini che davano forma alla politica. La fraternità rivoluzionaria, il terzo fuoco insieme a libertà e uguaglianza della prospettiva rivoluzionaria significava letteralmente che le sorelle non avevano cittadinanza piena nella vita pubblica, se non in chiave ancillare.
CON TONO VIBRANTE, Jodin li mette in guardia, vogliono rendere gli uomini liberi e eguali ma stanno creando una nuova aristocrazia di potere: «Anche noi siamo cittadine», dice orgogliosamente. Il fatto nuovo, la cesura rivoluzionaria sta nel fatto che le donne continuarono a lottare per i propri inalienabili diritti. La biografia di Jodin è su questo punto esemplare. Nata a Ginevra nel 1741 a 20 anni venne internata come prostituta in seguito alla denuncia dello zio, interessato più che alla sua morale alla quota di eredità che le spettava. La semplice denuncia di morale rilassata era già una condanna. Scarcerata, partì per Varsavia, poi Dresda dove intraprese la carriera dell'attrice. Una scelta di duplice marginalità, visto lo statuto ambiguo dell'attore, escluso dai diritti politici per ragioni che attenevano a un tempo dominato dalla religione non più attuale, come ricordò Robespierre in un memorabile discorso.
Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 156, euro 24 Pubblicato in il Manifesto del 17 gennaio 2023
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