Judy Chicago

Antologica con
"Dinner Party"




The Dinner Party


Da Manhattan a Washington, da Brooklyn, a Los Angeles si moltiplicano le mostre, i convegni, i libri per riesaminare "il potere dell'arte femminista". Il caso più clamoroso è il ritorno al Brooklyn Museum di New York del Dinner Party di Judy Chicago, che Newsweek ha classificato fra le non molte opere che hanno avuto effetti sconvolgenti nella storia dell'arte.





Lo scopo proclamato di questo immenso tavolo-altare triangolare composto di ceramiche, arazzi, sete e ricami è sempre stato la riscoperta e glorificazione di donne famose della storia come della mitologia.
Dalla Dea della Mesopotamia Ishtar a Virginia Woolf, da Kali a Saffo, da Santa Brigida a Georgia O'Keefe
.

Ma fin dal giorno in cui era stato esposto per la prima volta nel 1979, al Museum of Modern Art di San Francisco, aveva attirato enormi folle curiose diventando pietra dello scandalo.

Denunziato dai critici come pura pornografia, condannato dai Membri del Congresso democratici e repubblicani come un affronto alla modestia e alla virtù di tutte le americane; per altri invece è sempre stato e resta uno dei capolavori del secolo.




A 23 anni di distanza e dopo essere stato visto da milioni di persone il Dinner Party suscita tuttora le stesse polemiche. Originariamente la causa dello scandalo non era tanto la glorificazione delle 33 donne della storia a cui erano stati assegnati posti a tavola e delle altre 999 i cui nomi erano istoriati nelle piastrelle dell'impiantito, ma le vulve rappresentate in ognuno dei grandi piatti di maiolica del festino.

Per Judy Chicago, come per Lucy Lippard, che ebbe un ruolo decisivo nel femminismo artistico, l'identità della donna era prima di tutto sessuale, e la vulva ne era la bandiera: l'obbiettivo della rivoluzione era la fine della tirannia fallocratica. In effetti prima di essere un'opera d'arte e una esperienza estetica, il Dinner Party era un manifesto e un atto di ribellione.



 

Rivedendolo ora al Brooklyn Museum, simultaneamente con la retrospettiva che il National Museum of Women in the Arts di Washington dedica all'intera carriera di Judy Chicago, ci si rende conto che altrettanto importante è il fatto che il monumento è il risultato di 5 anni di lavoro collettivo di più di 400 donne; e si trattava dell'impegno non soltanto di pittrici e scultrici, ma anche di tessitrici e ricamatrici, di sarte, di ceramiste e di altre donne specializzate o meno in altri mestieri che prima non avrebbero potuto permettersi di sacrificare tanto tempo e risorse.

 

Nonostante i successi che aveva avuto giovanissima con le sue pitture astratte, Judy Chicago si era convinta che il movimento dell'arte femminista doveva essere più sociale che estetico e che non poteva esserci un'arte femminile senza la consapevolezza "sessuale" delle artiste stesse, perciò dopo aver ripudiato perfino i cognomi ereditati dalla famiglia o dal marito, aveva creato un programma di arte femminile nel college di Fresno (California). In seguito, in un palazzo abbandonato di Los Angeles, ribattezzato ( Womanspace, aveva costruito un laboratorio "spirituale" in cui donne addestrate in differenti discipline e mestieri potevano coltivare la propria coscienza femminile riguardo all'arte. Il Dinner Party era stato il risultato più cospicuo di quell'impegno.



Judy Chicago

 

"Judy Chicago" rimane al National Museum of Women in the Arts di Washington fino al 5 gennaio 2003.




"Judy Chicago, The Dinner Party"
al Brooklyn Museum of Art, New York, fino al 9 febbraio 2003.