Federica Lipari, La sponsa di gelsomini

Angela Giannitrapani

 

 

E’ un romanzo che racconta di Francesca, trentadue anni, vedova, madre di due bambini, analfabeta. Vive in un paesino della Sicilia in misere condizioni. La storia inizia nella seconda decina del Novecento e per una vedova, madre di due bambini, è difficile sfamarsi e sfamarli. Francesca, inoltre, ha un’altra esigenza pressante che è parte integrante della sua personalità: il senso di dignità. Di sé stessa, prima di tutto. Ma chi lo sente per sé lo pretende per chi ama. Guarda i suoi piccoli come spettri proiettati verso un futuro di miseria e ricatto, a causa anche dell’ombra della sua famiglia d’origine in odore di mafia.

Prende, quindi, una decisione dolorosa quanto inusuale per una donna sola e madre a quei tempi: lasciare i figli alle cognate e partire per l’America a cercare lavoro, per garantire alle sue creature gli studi e con essi il riscatto economico e sociale. In una limpida mattina lascia la sponda siciliana per approdare su quella americana.

La seguiamo passo passo, sia durante il viaggio in nave, in terza classe, che all’approdo ad Ellis Island con il vociare, la confusione, lo smarrimento, la soddisfazione d’avercela fatta ma anche con la paura di essere rimandati indietro al primo colpo di tosse, appena si viene spiati nell’iride degli occhi; con il cuore in gola tra i ferrei binari delle modalità di controllo e smistamento in quella prima stazione di approdo. Lei sola. Non un parente ad attenderla, non un viso amico, non un riferimento. E poi ancora, i primi giorni a Manhattan, nei tenements , i rischi di sfruttamento -anche sessuale- e anche lì la minaccia della mafia. Fino all’epilogo con un lavoro dignitoso e retribuito a sufficienza per sopravvivere e garantire ai suoi figli gli auspicati studi.

Una storia controcorrente in cui, mentre le donne restavano a casa come vedove bianche, lontane dai mariti emigrati, Francesca come vedova nera assume con coraggio su di sé un ruolo non ancora definito e non previsto in quegli anni e in quella terra; oltre al patimento per lo strappo violento dai figli per sua stessa mano. Ma è anche lo strappo che lacera un destino definito nei secoli, il dettame ancestrale sulle donne, la stretta con cui la società contadina e stratificata asfissia sé stessa, il ricatto mafioso.

E a sgomberare il sospetto che il racconto sia inventato, interviene la biografia della giovane autrice, Federica Lipari, a confermare che questa è la storia della sua bisnonna, classe 1883. Un lascito morale del padre di Federica che l’ha spinta, dopo anni di “pizzini della memoria”, a fare ricerche e a un viaggio a Ellis Island per completare i ricordi, i racconti, le ombre in una storia compiuta, dopo la quale non si può più dire: non sapevo.

La donna che mia madre vide partire per l’America quella terribile mattina di fine ottobre 1915 non era la stessa donna che ne tornò e che conobbi io. Era partita analfabeta ed era tornata bilingue, era partita indurita dal dolore e tornò capace di amare, era partita piena di paure e ne venne via più forte, perché era questo che faceva l’America, ti cambiava. Ti mostrava quello che potevi essere davvero, lontano dai condizionamenti e dalla storia personale. Anche quella scritta dai tuoi antenati.”

Federica Lipari, La sponsa di gelsomini,

Navarra editore, 2022, pag 168, €15

home