Andrea O'Reilly, Maternità femministe
L'autrice è una insegnante universitaria alla York University di Toronto che ha sviluppato uno specifico interesse nei confronti della maternità: non solo ha scritto diversi saggi sul tema -da sola o con altre- ma dirige anche una casa editrice specializzata la “Demeter Press” e una rivista dall'esplicita intestazione “Journal of Motherhood Initiative for Research and Community Involvement”. La sua posizione è che il femminismo accademico, gli women studies, si occupa delle madri in maniera assolutamente marginale e non tiene conto della specifica situazione in cui la maternità pone le donne. Per cercare di districare la questione, attua una distinzione tra la concezione patriarcale della maternità e l'esperienza vissuta della maternità, usando due termini distinti per indicarle: motherhood e mothering, dove motherhood indica la maternità come istituzione, dover essere, destino ineluttabile e massima aspirazione prevista per una donna, che si realizzerebbe appieno solo in quanto madre; mentre mothering indica invece l'esperienza concreta della maternità, il vissuto, il lavoro anche di chi è madre, con tutte le difficoltà, le varietà e le ambiguità dei rapporti con figlie e figli. Una scelta giusta perché operare sul linguaggio è fondamentale per cambiare la pervasiva mentalità patriarcale, che agisce anche nelle donne quando cercano di uniformarsi al modello inarrivabile della “buona madre” o quando si accasano nel limitato spazio di potere che concede la maternità normata dalla gerarchia maschile. Interessante l'attenzione rivolta da O'Reilly al versante razziale di questo discorso, nel momento in cui le madri, che non siano: bianche, di classe media, all'interno di una “normale” famiglia etero, sembrano automaticamente ricacciate fuori dalla possibilità di essere “buone madri”. In realtà quella che viene definita dall'Autrice “maternità patriarcale” produce un grande isolamento e l'aggravarsi del carico di lavoro materno, che invece nella “maternità femminista” viene condiviso e diventa un atto sociale e politico. Caratteristica peculiare di una madre femminista, o anche solo emancipata, (O'Reilly, con puntualità accademica le distingue e definisce) è il fatto di avere una vita propria gratificante al di fuori della maternità, un impiego e/o un impegno nel sociale “superando così l'ideale della maternità a tempo pieno e intensiva, imposto dalla maternità patriarcale”.
Il taglio della ricerca è piuttosto sociologico e politico, non è opportuno cercarvi approfondimenti psicologici o semplicemente introspettivi. Non vi ho trovato nulla sul delirio di onnipotenza materno o sulla pulsione a rivalersi su figli e figlie delle frustrazioni accumulate nei rapporti con gli uomini.
Tanto più pregevole per noi l'introduzione di Veronica Frigeni, che ha condotto anche un'ampia intervista all'autrice qui pubblicata. Frigeni confronta le teorie di O'Reilly, che l'hanno profondamente coinvolta, con la realtà italiana, che si trova immersa in una tradizione di profondo maternalismo, e anche con la situazione del femminismo italiano che ha visto alcune sostenere posizioni essenzialiste e intransigenti nel dibattito sulla maternità surrogata. Interessante la sua bibliografia italiana.
Andrea O'Reilly, Maternità femministe, traduzione e cura di Veronica Frigeni, Prospero ed, 2024 pagg.171, €16 5-10-2025
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