Liliana Moro, Andar pensando.
Donne, maternità, guerra, scuola, storia, scienza

Rosaura Galbiati


Pensando al libro “Andar pensando”

L’ho comperato immediatamente e l’ho letto subito perché l’aveva scritto una “compagna”, di più ancora, una donna che apprezzavo, che volevo ritrovare e magari conoscere meglio attraverso le sue parole nel testo. È stato così.

In genere, prima di considerare il contenuto di un libro per poi concentrarmi sul pensiero che sollecita, mi metto in ascolto del tono, provo a intercettare la voce che parla e sento se “risuona” dentro di me.

Se poi l’autore/autrice è una persona che conosco in carne e ossa, percepisco che la lettura comporta un diverso coinvolgimento: ogni parola, ogni pensiero che è venuto prima e anche dopo, contiene sempre uno stato d’animo, più o meno esplicitato. Nel tuo libro ho percepito - lo dico con un po’ di pudore, ma convinta- l’emozione che dà un’intelligenza buona.

Il titolo è bello, lo hanno già detto in tante, e il fatto di aver voluto condividerne la scelta, sottoponendo più opzioni ad altre, mi è sembrato un valore aggiunto. E poi anch’io avevo partecipato votando proprio per quel titolo… a volte la condivisione si realizza anche con piccole cose, minori solo in apparenza.

Come ho detto durante la presentazione (online il 28-4-2021 registrata qui), e volendo imparare dalla necessità/abilità di sintesi che caratterizza le tue presentazioni video, provo a dire qual è il motivo principale per cui ho amato il libro. È per la capacità di partire da sé, di tenere sempre presente la propria esperienza e contemporaneamente far diventare il pensiero di altre parte della costruzione di sé. Le parole chiave potrebbero essere, in sequenza: incontro, accoglimento, condivisione.

Ho ritrovato lo stesso concetto espresso anche nella frase : “Credo che dobbiamo tenere aperti i salti di corsia tra privato e pubblico, tra vissuto e sociale, tra la riflessione sull’esperienza e la ricerca culturale”. (pag 123). Lo abbiamo imparato recentemente nel laboratorio con Giuditta Pieti, ed è proprio vero che “il libero sviluppo di ciascuna è condizione del libero sviluppo di tutte”. Il tuo scritto ne è la prova.

Un altro aspetto che per me dà valore al libro è il costante riferimento a lettura/scrittura come strumenti per districare il groviglio di sé nelle varie prove della vita e nei diversi ruoli che via via si occupano: sorella, madre, femminista militante, insegnante.

In alcuni passaggi del testo ho notato, anche con una certa sorpresa, la presenza di momenti di “lirismo”, sorpresa perché nei nostri incontri passati, soprattutto a Cernusco, coglievo l’ironia, il disincanto, anche un sapiente distacco soprattutto da toni aggressivi o polemici, ma non l’accento poetico.
Nel libro invece l’ho trovato, cito un punto per tutti: “Lea (…) hai soffiato sulla cenere. Scintille sono volate qua e là senz’ordine, sparsi frammenti di luce (…) Invece il mio passato è disperso, appannato nel mio stesso ricordo e la mia identità fluttua nell’indeterminato, nella nebbia di un bosco coperto di neve”. (pag. 98)

Le parti che ho preferito, per motivi anche opposti, sono state relative a maternità, storia, scuola e guerra. Quelle sulla storia e sulla scuola mi appassionano per l’analogia, ma anche la sintonia con le mie scelte e i miei interessi personali, in quanto alla maternità, è perché mi sono sempre interrogata sul tema, prima e dopo la decisione di non mettere al mondo figli, nonostante due matrimoni.

I passaggi che ho sottolineato nel libro sono moltissimi e ogni preferenza ha la sua specifica motivazione, ma ne scelgo solo alcuni, penso che possa interessarti sapere quali sono:

Ora mi rendo conto che mi appartiene proprio tutto quello che mi sono affannata a negare con i miei comportamenti divergenti…” (pag.99).

Ricordo riflessioni di quei tempi sull’esistere come ex-sistere, stare fuori, fuori dai legami con gli altri, stare in piedi da sola. Un tipo di esistenza che raramente sentivo di poter raggiungere” (pag. 121).

“… La convinzione diffusa nella estraneità delle donne alla guerra mi lascia sempre più perplessa, così come era avvenuto per la loro predisposizione naturale alla cura… (pag. 137).

“… Il corpo diverso dà un punto di vista e, in qualche modo, anche un pensiero diverso. Volere l’uguaglianza totale porta solo a sofferenza, alla fine vuol dire che uno cede, si adegua all’altro. E in questo noi donne siamo bravissime, siamo dei camaleonti perfetti”. (pag. 142-143)

Il titolo del capitoletto in cui si trova quest’ultima citazione è “Vivere l’ambivalenza”, non è cosa facile da fare e spiega uno dei motivi per cui apprezzo le tue parole e ho scelto proprio quelle tra le tante che ho ritenuto importanti.

Riguardo alla presentazione di ieri e alle recensioni che avevo letto, ho condiviso tutto quello che ha scritto Barbara e gran parte delle osservazioni di Valeria.

Mi sarebbe piaciuto incontrarci in presenza, come sai non amo essere sempre connessa, anche con una dose di pre-giudizio che cerco di superare, e ho bisogno del contatto diretto in cui si esprime anche il non verbale e dove il corpo fa da regolatore delle relazioni.
Ma torneremo a vederci.

Ti saluto con le parole che prendo in prestito da Christian Bobin, scrittore impegnato nella Resistenza che ci ha fatto conoscere Maria Grazia Longhi:

Grazie compagno/a, a sempre nei libri. A ovunque sulla terra abbondante”.

 

 

Liliana Moro

Andar pensando

Ledizioni, 2020, pp. 223,
€ 14.90 cartaceo €6.99 e-book