Liliana Moro, Andar pensando.
Donne, maternità, guerra, scuola, storia, scienza

Valeria Fieramonte


Questo libro è molto interessante, in primo luogo per via del metodo seguito: Liliana raccoglie una serie di recensioni, fatte da lei nel corso degli anni, di libri che le sono interessati, seguendo un suo personale filo logico e di elaborazione attraverso vari argomenti: la maternità, la cura, il femminismo, la storia, la guerra e la scienza.

Il risultato è notevole perché è come se al suo pensiero si sommasse quello delle molte altre donne che le sono interessate e di cui ha letto ricerche e riflessioni. In tempi dove si producono moltissimi libri che poi non si ha il tempo di leggere, dove tutto viene ‘bruciato’ nel millisecondo della comunicazione virtuale alla velocità della luce, questa lentezza storica, dipanata nel tempo, è già di per sé qualcosa in più.

Ho trovato particolarmente interessanti le riflessioni che storicizzano il concetto di maternità nel corso dei secoli: non ci avevo mai pensato, avendo vissuto la mia maternità come un accadimento iscritto più nell’istinto che nel pensiero.

Non sapevo che la mistica della maternità e il culto della donna in quanto madre risale all’epoca illuminista: dopotutto la Madonna ha come minimo duemila anni, e le raffigurazioni di maternità dei pittori medioevali sono molto più belle e tenere di quelle dei pittori del ‘900.

Anche per me sarebbe impossibile da accettare l’indifferenza emotiva verso un essere che nasce dal proprio corpo, che pure può essere vissuta come normale da altre donne, se lo stato di subordinazione agli uomini rende anche la maternità una condizione più che altro di pesante dovere (una maggiore libertà rivalorizzerebbe anche un diverso sentire?). Eppure l’oblatività delle madri, il cancellarsi a favore dei figli e delle esigenze degli altri sembra ancora un dato caratteristico e molto presente nelle nostre società, e non si spiega solo con i condizionamenti culturali.

La mia maternità non fa testo, essendo stata una maternità di limite estremo: costretta per anni e anni a raccogliere giorno e notte un piccolo in preda a gravissime crisi epilettiche (lo chiamano stato di male epilettico, qualcosa di molto più grave dell’epilessia, un termine generico dietro il quale si nascondono condizioni diversissime). Mentre tutto attorno la società ti colpevolizza e le altre madri ti guardano con sufficienza, come se non fossi stata capace di tutelare la salute di tuo figlio. Anche le madri ‘femministe’ in verità. In pratica, un’esperienza non comunicabile, per fortuna della maggioranza, che dalla cura trae anche legittimo orgoglio e soddisfazione, come è giusto che sia.

 

Interessanti le note storiche che rivelano come, nelle città italiane, la famiglia ‘nucleare’ risulti maggioritaria già a partire dal XIV° secolo, o sulle donne nel Rinascimento, o che descrivono come, durante il ventennio fascista, si rivolgeva un’attenzione particolare all’universo femminile, per meglio inchiodarlo al suo destino riproduttivo, quasi sempre riuscendoci.

 

Anche la parte sulla scuola, ampia e ricorrente anche a causa del lavoro dell’autrice del libro, è ricca di riflessioni e appunti storci: abituata com’ero alle ‘ingegnere con l ‘apostrofo’ di Giovanna Gabetta, che ormai a Voghera, dove è nata, stanno sostituendo la famosa casalinga (ma la prima laureata in Ingegneria data al 1908), non conoscevo, anche se immaginavo benissimo, le immani fatiche per avere un’istruzione al femminile degna di questo nome: il destino di ignoranza era segnato per le ‘fanciulle feminae’, nel corso dei secoli, anche se a Parigi e soprattutto a Bologna, Roma Milano e Venezia l’istruzione elementare era presente già nel 1200.

Se la curiosità era vietata in genere, per le donne era vietata due volte, dovendo scontare la colpa di Eva complice del demonio, mentre Adamo se ne stava defilato sullo sfondo. Per questo forse Adamo, non essendo stato capace di assumersi la responsabilità neanche della sua curiosità intellettuale, ha prodotto tuttora serie di leader totalmente irresponsabili, che indicano sempre qualcun altro alla bisogna?

Comunque la prima laureata al mondo fu italiana: si tratta di Lucrezia Cornaro Piscopia, che nel 1678 ottenne la laurea in filosofia nella prestigiosa Università di Padova.

Ma fu il ‘700 il secolo che iniziò a fare la differenza: iniziò un vivace dibattito sull’educazione femminile, e sebbene le ragazze fossero costantemente osservate e corrette da qualcuno, a partire dai gesti e dalla postura, assillate e controllate in ogni mossa, con Maria Teresa d’Austria, una imperatrice donna, finalmente si sancì che "l’educazione dei fanciulli di ambo i sessi è alla base della felicità delle nazioni".

Ci volle tuttavia un altro secolo prima che, con la legge Casati del 1859, estesa poi dal regno Sabaudo all’intero regno d’Italia, la Stato italiano attribuisse ai Comuni l’onere organizzativo delle scuole di base, con modelli di istruzione uniformi in tutta la penisola e non preclusi alle ‘giovinette’. Con l’aumentare delle occasioni di lavoro, rapidamente l’insegnamento elementare passò dalle mani dei maestri a quelle delle maestre, e divenne già allora una via d’uscita dalla soffocante casalinghità.

E’ anche interessante sapere che, sebbene le donne fossero tenute lontane dal più prestigioso sapere scientifico, le prime laureate italiane uscirono proprio da facoltà scientifiche: Ernestina Paper si laureò in medicina a Firenze nel 1877, Iginia Massarini in matematica a Napoli, nel 1887. Ma si era già alla vigilia del ‘900.

In alcuni stati, come in Francia, fu fatta una efficace lotta contro l’analfabetismo: in Italia no, quasi la metà della popolazione era analfabeta ancora nei primi decenni del secolo scorso. Non parliamo poi nel raggiungere altri livelli di istruzione: ancora nel 1922 la ‘Civiltà Cattolica’, organo ufficiale dei Gesuiti, derideva le donne che mostravano predisposizione per le scienze pretendendo di... sposare la scienza anzichè un uomo!

Il fascismo fece una campagna pressante a favore della sudditanza e obbedienza femminili: ‘La donna deve obbedire – dichiarava Mussolini nel 1931, essa è analitica non sintetica (?) e nel nostro stato non deve contare’. La riforma Gentile seguì fedelmente le indicazioni.

‘La storia delle donne è carsica’ - scrive Liliana Moro - e persino cercare un anno zero nella storia del femminismo è difficile: se partiamo, per es, dalla dichiarazione dei diritti della donna e delle cittadina’ di Olympe de Gouges, subito peraltro ghigliottinata, non possiamo dimenticare Christine de Pizan o ancora prima Ipazia. E’ una rivoluzione continua senza un prima e un poi, un conflitto che dura tutta la vita, dentro tutta la vita della storia.

E con questo mi fermo, invitando a leggere un libro davvero stimolante da tutti i punti di vista che affronta nel narrare.

 


Liliana Moro

Andar pensando

Ledizioni, 2020, pp. 223,
€ 14.90 cartaceo €6.99 e-book