Referendum sulla PMA. Documento della
ASSOCIAZIONE "GIUdIT - GIURISTE D'ITALIA
"



Eva Marisaldi

 


La legge 40/2004 è una legge autoritaria e disumana. Impedisce a molte di realizzare il loro desiderio di maternità. Già sta costringendo singole donne e coppie ad andare all'estero per interventi di inseminazione c.d. eterologa o per altri interventi di procreazione assistita vietati dalla nostra legge e consentiti invece in altri Paesi. Ma solo chi ha i mezzi finanziari per affrontare questi costosi soggiorni può permetterselo; per altre/i, tutto ciò è impossibile. Autoritarismo, negazione dell'autodeterminazione delle donne e discriminazione vanno di pari passo, in un disegno eticamente e socialmente reazionario.
Il principio di laicità dello Stato non consente ingerenze nelle scelte fondamentali della vita.
Come donne il nostro giudizio è netto: di questa legge non c'è niente da salvare. Come giuriste siamo inoltre convinte che la legge è, sotto vari aspetti, contraria alla Costituzione.

L'autodeterminazione è un principio fondamentale dell'ordinamento, riconducibile a un complesso di norme costituzionali, in primo luogo l'art. 2 che sancisce il rispetto dei diritti inviolabili della persona, e l'art. 13 che contiene la garanzia della libertà personale, da intendersi anche come garanzia dell'habeas corpus femminile, cioè della signoria delle donne sull'uso del corpo a fini procreativi.

Questa legge, al contrario, prevede una regolamentazione feroce del corpo femminile. Impone divieti e limiti che espongono a gravi rischi la salute delle donne, e riducono drasticamente le potenzialità insite nella libertà procreativa. Come tutti i diritti inviolabili, l'autodeterminazione deve considerarsi sottratta alle decisioni di maggioranza.

Questa legge è un attacco evidente e senza precedenti all'autodeterminazione, e, almeno nelle intenzioni dei suoi sostenitori, dovrebbe preludere a una modifica della legge 194 sull'aborto. Voteremo SI ai referendum, anche se non li abbiamo promossi, e anche se alcune di noi non li avrebbero voluti. Non da ora, abbiamo sostenuto che, quando si tratta di autodeterminazione delle donne, nessuna maggioranza, né parlamentare né popolare, può legittimamente legiferare per limitarla o annullarla.

Tuttavia voteremo quattro SI con convinzione, perché i referendum, pur essendo espressione di un'agenda politica scandita senza un reale ascolto di quanto detto e pensato dalle donne, sono diventati il simbolo della resistenza contro l'attacco ad un nostro libero e responsabile esercizio di "signoria" sull'uso del corpo a fini procreativi, nonché momento di coagulo di tutte le forze progressiste contrarie a questa legge.

In concreto, la vittoria dei SI eliminerà alcuni tra gli aspetti più odiosi della legge, tra cui il divieto della inseminazione eterologa, la limitazione dell'uso delle tecniche ai casi di sterilità, il divieto di produrre più di tre embrioni e l'obbligo di impianto.

Ma il nostro impegno di donne giuriste non potrà dirsi concluso anche nel caso di esito positivo del referendum abrogativo parziale. Resterà infatti la limitazione dell'accesso alle tecniche alla coppia eterosessuale, che stabilisce un unico modello di genitorialità.

Resteranno anche tutte le altre norme di divieto, che hanno la finalità di porre limiti alle scelte individuali, e dal punto di vista culturale sono espressione di un bisogno di controllo volto a tacitare il senso di incertezza e a mettere paletti a tutto ciò che è frutto della diversità dei percorsi individuali.

Sbaglia, ha sempre sbagliato, chi parla di "far west" procreativo. A parte qualche eccezione - da cui nessuna legge potrà mai metterci al riparo - le donne hanno sempre affrontato le scelte procreative con senso di responsabilità. Come abbiamo detto a proposito dell'aborto, nessuno, neanche lo Stato, può sostituirsi alla scelta della donna interessata. Nessuno potrà mai decidere meglio di lei stessa se, e come, essere madre.

La legge non deve porre limiti né regolamentare l'accesso alle tecniche di riproduzione assistita. Per questa ragione l'unica decisione politica accettabile e coerente era ed è l'abrogazione totale della legge. Riteniamo tuttavia che la vittoria dei SI renderà di fatto inapplicabile la legge, e obbligherà il Parlamento a un ripensamento complessivo della materia.

Vogliamo lavorare, insieme con altre associazioni e movimenti che condividono questa impostazione, alla costruzione di una proposta normativa che si astenga dal regolare aspetti connessi con l'autodeterminazione - in particolare l'accesso alle tecniche - e si limiti a prevedere norme volte a prevenire l'uso speculativo delle TPA e a garantire la salute delle donne, attraverso il controllo sui centri che effettuano gli interventi di procreazione assistita.

ASSOCIAZIONE "GIUdIT - GIURISTE D'ITALIA"
http://www.giudit.it - giudit@giudit.it

11-05-05