Una gustosissima storia di ciò che mangiamo

Valeria Fieramonte


Lo sapevate che la bevanda più consumata al mondo è il tè e che in Europa arrivò per la prima volta in Olanda nel 1610?

Che la prima bottega del caffè fu aperta a Venezia nel 1683, poco dopo la sconfitta dei Turchi alle porte di Vienna, che avevano assediato, perché nella ritirata ne avevano abbandonato molti sacchi?
E che l'uso della brioche a forma di mezzaluna risale a una fornaia viennese -Veronika Krapf – che la ideò sempre per festeggiare la sconfitta dei Turchi?
Che invece il caffè HAG è nato a Brema nel 1905?
E che l'invenzione del vino si perde nella notte dei tempi, sono state trovate giare di 7000 anni fa, ora esposte in Georgia al museo di Tblisi? Mentre nell'antica Roma c'era addirittura la 'via biberatica' tra il Quirinale e la Suburra e sono stati i romani a inventare il 'brindisi'?

Nel bello e divertente libro intitolato La storia di ciò che mangiamo l'autore, Renzo Pellati, giornalista scientifico e pluripremiato specialista in Scienze dell'alimentazione, ha disseminato centinaia di aneddoti, storie divertenti, leggende e informazioni scientifiche appunto sui cibi, argomento diventato con Expo quasi ossessivo, ma che nessuno pensa di affrontare mai anche dal punto di vista storico. (Cosa che fece lo storico Fernand Braudel nel suo fondamentale Civiltà materiale, economia e capitalismo)

Anche l'uso delle graminacee (frumento, orzo, riso, mais, avena, segale e miglio) si perde nella notte dei tempi.

Il termine frumento deriva dall'omonima parola latina (frumentum), mentre farina da 'far' che in latino significa farro, un cereale che faceva parte della dotazione di cibo dei soldati delle legioni romane. Anche il verbo fare deriva da lì: il fare per eccellenza, cioè fare il pane.

E i panini? L'uso di nutrirsi in fretta, in piedi, chiacchierando, con pane imbottito, risale anch'esso all'antica Roma. Nel quartiere della suburra esisteva la 'Via Panisperna', nome che in latino indicava pane e prosciutto. E pensare che ora la Via è nota invece come sede, un tempo, dei 'ragazzi di Via Panisperna' , il famoso gruppo di giovani fisici guidato da Enrico Fermi che ha fatto grande la fisica italiana.

Poi c'è la pizza, che tutti sanno che è nata a Napoli, ma è ormai diventata così famosa che se ne contendono l'ideazione anche all'estero. La vera napoletana è così descritta sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea: ' pomodori pelati, mozzarella di bufala, olio extravergine, origano, bordo rialzato, diametro non superiore ai 35 cm.'

E poi c'è la verdura e la frutta.
Fino al '700 nessuno voleva mangiare le patate, credute velenose, nonostante la fame endemica nelle campagne. Oggi i consumi di patate hanno raggiunto cifre iperboliche, e gli stessi pomodori, che ci sembra di conoscere da sempre, sono entrati nelle nostre cucine da poco più di due secoli.
Per non parlare dei cachi, arrivati in Italia solo a metà Ottocento, per cui di fatto per i nostri bisnonni erano una esotica novità. La prima pianta fu piantata nel giardino di Boboli a Firenze nel 1871.

Infine ci sono dei suggerimenti sugli itinerari da non perdere, come il Museo del Gusto, della Frutta, della Menta e così via.

Insomma, una lettura da cui imparare divertendosi.

Renzo Pellati
La storia di ciò che mangiamo
Daniela Piazza Editore, 2015, pp360, 28 euro

 

15-11-2015

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