Scienziate visionarie

10 storie di impegno per l’ambiente e la salute

Recensione di Adriana Giannini

 

 

 

Viviamo in un periodo in cui c’è più che mai bisogno di esempi positivi a cui poterci ispirare per contrastare la diffusa sensazione che a contare siano solo la prepotenza del denaro e gli interessi di un segmento privilegiato della popolazione.  Ben venga dunque questo stimolante, breve saggio che racconta le esperienze di vita e di lavoro di dieci scienziate che, tra difficoltà e incomprensioni, hanno sfidato opinioni consolidate e interessi di parte riuscendo a dare importanti e innovativi contributi nei settori della salute e dell’ambiente, gli stessi in cui operano le due autrici, ricercatrici al CNR e attive nell’Associazione Donne e Scienza.

Americane o inglesi, nate e vissute tra le fine dell’Ottocento e i primi anni del 2000, con preparazioni accademiche diverse queste scienziate hanno in comune alcune caratteristiche che le autrici hanno condensato nell’aggettivo “visionarie”. In realtà, contrariamente a quanto spesso si intende con questo termine, esse sono sì visionarie, ma in senso positivo, molto concreto:  hanno la forza di andare controcorrente e di credere che la scienza abbia la possibilità e la missione di contribuire al benessere dell’umanità, sono pacifiste, umili ed empatiche, ma anche tenaci e combattive quando serve. Alcune sono anche relativamente poco conosciuteanche se molti dei risultati da esse raggiunti sono ora applicati in tutto il mondo e hanno salvato milioni di vite.

Facciamo qualche esempio. Se ora il concetto di prevenzione delle malattie infantili e materne è acquisito lo si deve all’impegno di Sarah Josephine Baker che ai primi del 900, in soli tre anni, fece scendere del 40 per cento la mortalità infantile a New York  e se in quegli stessi anni si cominciò a indagare e a porre rimedio alle malattie da lavoro il merito va in gran parte alla dottoressa Alice Hamilton. Sempre nel campo della medicina sociale fu Alice Steward a evidenziare i rischi delle radiazioni anche a basse dosi usate con grande leggerezza in gravidanza fino agli anni settanta del secolo scorso e fu sempre lei a segnalare per prima i rischi connessi all’industria nucleare. Rischi che conosceva bene e segnalò pubblicamente a partire dagli anni cinquanta anche la giapponese Katsuko Surahashi esperta di misurazioni della radioattività.

Ma non a tutte prima o poi sono mancati i riconoscimenti. La teoria di Lynn Margulis sul ruolo della simbiogenesi ossia della cooperazione tra microrganismi diversi nell’evoluzione delle cellule eucariote, tanto avversata inizialmente, è diventata uno dei caposaldi della biologia così come le previsioni formulate da Donella Hager  già negli anni 70 sull’inevitabilità di porre dei limiti alla crescita e allo sfruttamento delle risorse della Terra sono tuttora considerate più che mai valide. Fondamentale è poi stata la denuncia di Rachel Carson sui disastri provocati dal DDT e da altri pesticidi. Il suo libro Silent Spring  (Primavera silenziosa ed. Feltrinelli) del 1962 vendette centinaia di migliaia di copie, fu tradotto in molte lingue e fu fondamentale per l’abolizione dell’uso su vasta scala del DDT.

Il riconoscimento più bello resta comunque il Nobel per la pace conferito nel 2004 alla keniota, Wangari Muta Maathai fondatrice del Green Belt Movement, un grande movimento ambientalista varato negli anni settanta e tuttora portato avanti dalle donne africane che, mentre si riscattano piantando alberi, riescono a emanciparsi e a far riconoscere i propri diritti.

Il libro è completato da una bella presentazione di Sara Sesti, che svolge con grandissimo impegno la missione di rendere noto il misconosciuto lavoro di innumerevoli scienziate di tutti i tempi, e da una sentita presentazione delle due autrici, Cristina Mangia  e Sabrina Presto, che ammettono con schiettezza di non essere state  neutrali nella scelta delle protagoniste delle loro storie. Hanno dato spazio a quelle che ritenevano più vicine al loro modo di sentire e questo, come potrà giudicare chi legge, ha reso più avvincente la trattazione.

Tra l’altro il libro ha il merito di essere una piacevole e interessante lettura adatta non solo a chi si occupa di scienza, ambiente e storia dell’emancipazione femminile. Sarebbe bello che qualche insegnante lo adottasse come lettura complementare per ragazze e ragazzi delle scuole superiori, gli stessi a cui è rivolto un interessante esperimento teatrale raccontato nella postfazione da Maria Eugenia D’Aquino, direttrice artistica del progetto ScienzaInScena, che ha già realizzato un primo spettacolo ispirato da questo libro e dedicato a Donella Meadows e Alice Hamilton a cui è stata affiancata l’italiana Laura Conti.

 

 

Cristina Mangia  e Sabrina Presto
Scienziate visionarie. 10 storie di impegno per l’ambiente e la salute
Edizioni Dedalo 2024, 160 pagine, euro 17.

 

 

   
    18- 11- 2024