Quando il successo è una vita a metà

Michela Marzano

 


Era una delle più straordinarie star della musica internazionale. Un' icona del pop che, per vent' anni, aveva avuto assolutamente tutto. Bellezza, talento, successo, premi, denaro. prima di cadere nell' inferno della depressione e degli psicofarmaci. Prima di rimontare la china. Prima di precipitare di nuovoe andarsene via per sempre troppo presto.

Ormai sembra il copione di un film che conosciamo a memoria. Come se, dopo la tragica morte di Michael Jackson e di Amy Winehouse, la storia da raccontare fosse sempre uguale. Perché? Cosa li uccide? È stata la tossicodipendenza. È stata la celebrità. È stata la musica. È stata la fine del successo... Certo, tutto vero. Perché l' abuso di alcol, di droga o di farmaci è spesso lì. Non solo nel caso di Whitney Huston, di Amy Winehouse o di Michael Jackson, ma anche molto prima con Jimi Hedrix, Kurt Cobain e Brian Jones.

Ma ormai lo sappiamo: depressione e dipendenza sono solo dei sintomi che, presi da soli, dicono ben poco. Quanto al successo, per definizione, è effimero. Che il talento si intrecci spesso alla depressione, ormai, non è un segreto per nessuno. Perché l' intelligenza e la sensibilità non permettono solo di creare o di commuovere il pubblico, ma rendono poi anche estremamente vulnerabili a tutto quello che accade. Proprio perché lo si capisce e lo sente.

E allora lo sguardo dei fan, che riscalda il cuore, può poi anche diventare una lama tagliente quando si volge altrove, anche se solo per pochi istanti. E poi c' è quella tendenza tanto diffusa a non accettare la realtà, soprattutto quando le cose non vanno esattamente come sarebbero dovute andare.

E allora si riapre quel vuoto che ognuno di noi si porta dentro e che in alcune persone, però, è più profondo. Perché la genialità e il talento danno tanto, ma non proteggono mai dalle ferite che ci si porta dentro. Anzi. Spesso accade proprio il contrario. Il talento sposta l' asse di simmetria dall' interno del proprio essere all' esterno, e allora è molto più facile accasciarsi al suolo...


Ma tutto ciò spiega solo in parte la morte tragica di personaggi come Whitney Huston, Michael Jackson o Amy Winehouse. Ed è perfettamente inutile cercare un minimo comun denominatore. Chi può sapere quello che aveva veramente spinto Whitney Huston, ancora bambina, a far di tutto per diventare solista nel coro della Chiesa dove cantava sua madre? Perché ognuno si dibatte con i propri talenti e le proprie fragilità. Ognuno cerca di "farne" qualcosa.

Come scrive Oscar Wilde in un famoso aforisma: «La maggior parte di noi vive sguazzando nella fogna, solo che alcuni lo fanno guardando le stelle». E talvolta, guardando il cielo, lo sguardo può anche perdersi. Perché non è facile accontentarsi di quello che si ha. Soprattutto quando si è avuto tanto e, a un tratto, si ha la sensazione di aver perso tutto.

13 febbraio 2012 , Repubblica