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Il ricordo della madre, al contrario, le disegna un’ombra sul viso: “La famiglia di mia madre invece è tutta all’opposto: apparteneva alla borghesia, piccolissima borghesia, ma erano di tutt’altra mentalità. Mio zio ha perfino partecipato con D’Annunzio all’impresa di Fiume. Mio nonno era capo-dipartimento nelle ferrovie; per questo i miei genitori si sono conosciuti. Mia madre aveva studiato e poi era entrata come impiegata in un’agenzia
di viaggi, ma aveva una sensibilità particolare, probabilmente perché
era rimasta orfana da bambina e non riuscì mai ad accettare la nuova moglie
di suo padre, che invece per me fu una nonna deliziosa. La mamma cadeva
spesso in forme depressive.”
Lo
sguardo si appanna e si perde nel ricordo ancora pungente. Ma si riprende
subito: racconta dei suoi studi e poi del suo lavoro, giovanissima, come
impiegata in una delle prime agenzie di pubblicità. “Mio padre diceva che tutto era iniziato con Stalingrado: da lì hanno cominciato a cambiare le cose, poi sono venuti gli scioperi della primavera, lo sbarco in Sicilia e il 25 luglio. Come eravamo contenti! La gente ha cominciato trovarsi, a parlare più apertamente. Così ho scoperto che le mie più care amiche avevano anche loro dei genitori antifascisti. Ma poi è venuto l’8 settembre. Vicino a Niguarda, dove
abitavo, c’erano delle casermette dell’esercito. I soldati hanno lasciato le
caserme e vagavano disperatamente per il quartiere in cerca di qualcuno che
li liberasse della divisa. La gente, tutta la gente, ha iniziato a
recuperare quello che aveva e in breve tempo, nonostante la penuria
generale, sono saltati fuori abiti, scarpe, anche biciclette e carrette
perché quei ragazzi potessero tornare a casa. Portavo volantini, che
prendevo in una tipografia in zona Garibaldi, oppure cibo, vestiario e li
portavo a destinazione in bicicletta. Mi fanno ridere quando
dicono che la resistenza fu una cosa di pochi, una guerra tra due fazioni
opposte. Non fu così. Tutti erano con noi e soprattutto contro la guerra.
Come adesso.” “Capitava spesso che i
convogli ferroviari fermi al deposito di Greco, pronti per partire verso la
Germania carichi di macchinari e di tutto quello che l’esercito tedesco
riusciva a portar via, rimanessero bloccati: i binari venivano fatti saltare
da quelli dei GAP. Cerchiamo di incalzarla sulla specificità del suo impegno come donna in quelle vicende e allora ci racconta un fatto poco noto accaduto nei giorni della liberazione. “Sì, ci fu quel comizio
della Carnevale in piazzale Loreto. Qualche giorno dopo il 25, era il 27
aprile, mi sembra, continuavano a arrivare in città i partigiani e noi
eravamo andate a vederli passavano da piazzale Loreto per andare in Duomo.
Eravamo un bel gruppo di donne e lì su un camion Maria Piera Carnevale ci
fece un comizio volante. Finita la guerra non finisce l’impegno di Adele che dapprima va a lavorare nel sindacato, la Fiom, e poi decide di riprendere gli studi per dedicarsi all’insegnamento.
In questa scelta è forse è influenzata anche dal fervore culturale dei primi anni del dopoguerra. “C’erano molti
intellettuali con noi allora, che venivano a incontri con la gente comune
nei cortili delle case popolari, nelle sale delle cooperative. Venivano
volentieri anche perché allora un buon pranzo delle cooperative era cosa
ambita, con gli stipendi da fame che prendevano i giornalisti.
Il sorriso indugia nei suoi occhi al ricordo di quei momenti di vitalità e di ricchezza. Trasferì poi il suo impegno nella scuola: partecipò al Movimento di Cooperazione Educativa e collaborò al Giornale dei Genitori.
Nell'insegnamento, che portò avanti fino agli anni 80, era impegnata a educare i bambini alla pace.
NOTE |
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GAP: Gruppi di azione patriottica: formazioni partigiane che operavano in città Una linea tranviaria extraurbana con capolinea in piazzale Loreto Fronte della Gioventù: Organizzazione giovanile di massa promossa da Giancarlo Paletta nel 1943, ne facevano parte giovani di tutti i partiti antifascisti. Fu diretta da Eugenio Curiel fino al suo assassinio. Gillo Pontecorvo ne era un dirigente. |
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