L’utero è mio ma non lo gestisco Io
di Agnese Seranis
L’iniziativa,
organizzata da gruppi femministi radicali e da gruppi collegati a partiti
o a forze sindacali, aveva l’obiettivo di sollecitare una legge che
rendesse l’interruzione volontaria di gravidanza libera e gratuita in
strutture pubbliche. La legge verrà promulgata nel 1978 – ad essa ci si
riferirà come la 194 - e sarà confermata con il referendum popolare del
1981.
‘L’utero è mio e lo
gestisco Io’:
quest’affermazione, così forte, già allora era sostenuta da,
inconsapevolmente, deboli pilastri; ma prima di ripercorrere il rilascio e
poi la separazione sempre più netta tra sessualità e riproduzione,
permessa dagli sviluppi scientifici, lasciatemi citare alcuni esempi di
come l’immaginario maschile svela l’inconscio obiettivo di: comprendere
e dominare il processo della nascita di un essere umano.
Aldous Huxley [3]
scrive nel 1932 in Brave New World: ‘ ...continuò
con un sommario esposto della tecnica della conservazione dell’ovaia
estirpata allo stato vivente e in pieno sviluppo...accennò al liquido nel
quale gli ovuli si conservano separati e giunti a maturazione...come gli
ovuli venivano esaminati dal punto di vista dei caratteri anormali,
contati e trasferiti in un recipiente poroso; come questo recipiente
veniva immerso in un liquido caldo contenente degli spermatozoi
liberamente nuotanti...come le uova fecondate ritornavano agli incubatori....’
Nel 1959
Huxley [3] scrive alcuni saggi riallacciandosi a ciò che aveva scritto nel
romanzo citato e dice : ‘Forse non è impossibile la fecondazione in
vitro come non è impossibile il controllo centralizzato della
riproduzione...’
Isaac Asimov [4]
scrive nel 1954 in Il sole nudo:
‘Tra il locale e loro c’era una vetrata. Dall’altra parte, ne era
sicuro, c’era una temperatura perfettamente controllata, un’umidità
perfettamente controllata, un’asepsi perfettamente controllata. Quei
serbatoi in fila gli uni dietro gli altri contenevano ciascuno una
piccola creatura che fluttuava in un liquido acquoso di precisa
composizione, infuso di una miscela nutriente di proporzioni ideali. Ne
conseguivano vita e crescita.
Piccole cose, alcune più piccole del suo pugno, si arrotolavano su se
stesse, con crani sporgenti e microscopiche labbra che germogliavano...’ ,
Nel 1999 esce
il famoso film Matrix di Larry & Andy Wachowski [5] e ci vengono mostrate
le immagini di feti incapsulati opportunamente che, come dice il
co-protagonista Orpheus, sono coltivati in lunghe file che evocano filari
di viti o di alberi da frutta.
Ma questa è solo
fantasia! Mettiamola da una parte, allora, e ripercorriamo un po’ di
storia della scienza-tecnologia diretta al governo del processo di nascita
di un essere umano!!
Sino alla generazione delle madri nate nei primi decenni del ‘900 l’unico
metodo anticoncezionale era il profilattico o l’astinenza forzata a causa
dell’assenza del marito o del partner, dovuta a guerre o al lavoro
lontano da casa.
Il primo metodo anticoncezionale, con una base scientifica, è stato il
metodo naturale suggerito da due medici [6]: Ogino ( giapponese)
nel 1924 e, successivamente, da Knaus (austriaco) nel 1928. Essi
identificarono le fasi del ciclo mestruale e in particolare il periodo ‘fecondo’,
situato tra il 7° e il 18° giorno dal termine del ciclo precedente, in cui
i rapporti sessuali possono portare a una gravidanza, desiderata o non
desiderata che sia. Ma tale metodo richiede un’assoluta regolarità del
ciclo e alla fine si dimostrò poco praticabile.
Tra il 1950 e il 1956 Gregory G. Pincus (biologo americano) [6]
mette a punto e sperimenta su migliaia di donne la sua pillola
anticoncezionale. Nel 1960 la pillola è liberamente venduta in alcuni
stati degli USA e in Italia ne sarà permessa la vendita dal 1972.
La pillola di Pincus si può considerare l’avvio del processo
di liberazione sessuale/emancipazione della donna. E’ accolta molto
favorevolmente dalle donne, ma anche dagli uomini, ché la pillola è un
anticoncezionale discreto, se non invisibile, per il partner che in
qualche modo può de-responsabilizzarsi di eventuali gravidanze non volute.
La presenza della pillola sugli scaffali delle farmacie insieme alla legge
194 sulla IVG sanciscono definitivamente la separazione tra sessualità
e riproduzione, fuori e dentro la famiglia. Alle donne, in linea di
principio, è data la scelta, il controllo del processo procreativo e,
dunque, la possibilità concreta di optare per un progetto di vita in cui
carriera e lavoro abbiano in essa un più ampio spazio. Agli uomini,
invece, è regalata la leggerezza di rapporti sessuali meno impegnativi.
Il prof. Etienne E. Beaulieu ( francese )[6] nel 1980 mette a punto
la pillola abortiva RU486 ( la pillola impedisce la crescita
dell’uovo fecondato) che sarà immessa nel mercato francese nel 1986 e
autorizzata negli USA nel 2000. Nel 2005 lo stesso professore mette a
punto la cosiddetta pillola del giorno dopo, chiamata Norlevo (la pillola
impedisce la fecondazione e deve essere presa entro 72 ore dal rapporto a
rischio). In Italia tra molte contestazioni inizia nel 2005 la
sperimentazione con la pillola abortiva.
La
scienza-tecnologia, a prescindere dai condizionamenti
culturali-politici-religiosi dei vari paesi, ha messo a punto, dunque,
strumenti efficaci per impedire il processo procreativo; strumenti
offerti in particolare alle donne intese come consumatrici.
Ma il governo del
processo procreativo, come una medaglia, ha due facce o diciamo esiti: la
nascita o non nascita di un altro essere umano. E, così, vedremo che la
nascita di un bambino/a si confronterà con più alternative permesse dalla
neonata biotecnologia fecondativa.
Il 23 aprile 1975 il
presidente Gerald Ford degli USA dichiara la fine della guerra ventennale
in Vietnam. Nel corso di questa lunga guerra molti soldati sono rientrati
in patria mutilati o con diverse disabilità: talvolta risulta compromessa
anche la loro capacità procreativa. Questo fu un vero dramma per la
nazione in quanto causò molti disturbi psichici con conseguenti pesanti
oneri sociali.
Negli Usa, intanto,
già da un certo tempo era sorta la questione della conservazione del seme
maschile e due medici Cappy Rothman (urologo) e Charles Sims
(patologo) ne avevano sperimentata la cryoconservazione dietro richiesta
di un uomo che doveva essere vasectomizzato. Nel 1977 [7] i due medici,
avendo compreso le potenzialità mediche ed economiche della
crio-conservazione del seme, fondarono in California, presso Los Angeles,
la Cryobank. Lo scopo iniziale della banca era quello di prevenire
problemi inerenti alla capacità procreativa degli uomini (a causa di un
cancro o conseguenza di lavori pericolosi o di guerra, come era accaduto
per alcuni reduci del Vietnam ecc) offrendo loro la possibilità di
conservare seme sano da utilizzare, nel caso, successivamente. Di fatto,
prima di partire per la guerra del Golfo nel 1992, molti militari si
recarono alla Cryobank per depositare il proprio seme.
L’attività della Cryobank, dalla sua fondazione ad oggi, ha avuto uno
sviluppo in termini economici e di offerta di servizi veramente notevole,
specializzandosi soprattutto nell’offerta di seme di Donatori selezionati
rigorosamente quanto ad assenza di malattie genetiche o più genericamente
di patologie identificabili: l’esplosione nel 1985 dell’ AIDS ha
immediatamente messo in allarme la Cryobank che ha messo a punto un
protocollo di rigorosi controlli sui donatori tra cui una specie di
quarantena del seme, per garantire l’assenza di tale affezione.
Da molto tempo, tramite internet, si può accedere a un estratto del loro
catalogo di Donatori tra i quali si può scegliere sia in relazione a
caratteristiche fisiche – colore degli occhi, capelli, ecc. – sia in
relazione a caratteri socio-culturali ( religione, nazionalità, livello
scolastico, ecc.).
Tutti possono
richiedere i servizi della Cryobank: coppie - sposate e non, - donne
nubili o lesbiche. Nel 1999 un articolo di G. Romagnoli sulla Stampa [8]
riferisce che la Cryobank spediva ogni mese duemila ampolle di seme in
45 paesi diversi al costo di 50$(!!).
Ma in questi 30 anni
negli Usa e in Europa – particolarmente in Svizzera- sono stati fondati,
ovunque, centri per la crio-conservazione e la vendita di seme maschile,
per il rilevante ritorno economico atteso.
Dal 1977 prende, di fatto, l’avvio una nuova avventura della
scienza-tecnologia medica rivolta non a impedire la nascita ma a
favorirla con tecniche sempre più sofisticate e, in certi casi,
discutibili.
In UK, il 25 luglio del 1978, vede la luce la prima bambina, concepita con
la fecondazione in vitro effettuata dal prof. Robert Edwards: è
Louise Brown: la notizia fa il giro del mondo. Da allora scienziati e
laboratori si applicano infaticabili a individuare tecniche diverse,
sempre più efficaci, (GFT, Fivet, ICSI, ecc) per quella cui ci si riferirà
come Fecondazione Assistita. Presto, tuttavia, si sarà tentati,
inevitabilmente, di andare oltre il semplice obiettivo di aiutare una
coppia che non riesce a concepire un figlio con i propri gameti e il
proprio utero. Inizia un’avventura eccitante, non ancora esaurita, di
manipolazione degli ingredienti che portano alla nascita di un essere
umano e, di conseguenza, sorge, per gli scienziati-tecnologi, la necessità
di disporre di gameti, maschili e femminili, e di un utero, naturale oggi
e, domani, forse artificiale.
La raccolta di
gameti maschili
risulta un’operazione semplice in quanto si ottiene seme fresco, in tempo
reale e senza limiti, da maschi sani, con la masturbazione, mentre la
successiva crioconservazione non pone particolari problemi tecnologici.
La raccolta e la crioconservazione degli ovociti,
ossia dei gameti
femminili, comportano invece molte difficoltà.
La raccolta di
ovociti richiede, infatti, che l’ eventuale donatrice si sottoponga a
cicli ormonali pesanti effettuati in strutture ospedaliere le cui
conseguenze sulla sua fertilità residua ( ciascuna donna porta in sé dalla
nascita un numero grande ma finito di ovociti) non sono totalmente
indifferenti o chiare. La difficoltà a trovare donatrici spinge, in
seguito, il Park Hospital di Nottingham in UK ad offrire gratuitamente
alle donne il trattamento in vitro per la fecondazione assistita se si
impegnano a donare uno (proprio uno??) ovocita a un’altra donna
(L’Avvenire 10/5/2003 [9]). E così avviene in Israele dove la
fecondazione assistita è possibile ma con l’obbligo di donare uno ( ma
proprio uno??) ovocita.
La crioconservazione degli ovociti [10, 11]( la prima sperimentazione
clinica mondiale avviene in Italia nel 2002, coordinata da Carlo
Flamigni, professore di ginecologia e ostetricìa a Bologna) è più
problematica di quella del seme in quanto, dice il professore, l’ovocita
è ‘una cellula di grandi dimensioni con un notevole contenuto d’acqua, e
risulta più vulnerabile agli effetti del congelamento rispetto
all’embrione’.
Oggi, i problemi tecnologici sono stati superati e insieme, direi, si è
indebolito il sentimento di appartenenza del proprio patrimonio sessuale
che viene ceduto – anche se è vietato dirlo a voce alta- come una
qualsiasi altra merce e il cui prezzo, di conseguenza, è deciso dal
mercato.
La disponibilità di gameti maschili e femminili, così, dà l’avvio a
richieste e sperimentazioni di fecondazione assistita talvolta non sempre
facilmente condivisibili che diventano oggetto di cronaca ‘scandalistica’.
Il 2 marzo 1999
nasce in Italia un bambino con tracce biologiche di due madri: il prof.
Alessandro Di Gregorio di Torino ha usato una tecnica
sviluppata negli USA che trasferisce il nucleo dell’ovocita di una donna
in un ovocita enucleato di una donatrice in modo da avere citoplasma
giovane; successivamente il nuovo ovocita fecondato in vitro sarà
impiantato nell’utero della donna che ha richiesto l’intervento. E’
controverso tra gli scienziati se il citoplasma contenga tracce del DNA
della donatrice: si parla di DNA manipolato [12].
Il 16/9/01 La Stampa [13] riporta la notizia di una coppia di donne
omosessuali che ha tre figlie ( per inseminazione di un donatore) e il
Tribunale di Parigi ne sentenzia la doppia maternità giuridica.
Il 16/6/01 [14] a Parigi una donna ultrasessantenne ha un figlio
utilizzando l’ovocita di una donatrice fecondato con il seme del fratello.
Ma la madre più vecchia sarà la rumena Adriana Iliescu di 67 anni che ha
una figlia, grazie all’ovocita di una donatrice e al seme di un donatore
[15].
Il 28/10/02 a Torino vengono prelevati ovociti, immaturi, e subito
congelati, da una bimba di tre anni con lo scopo di utilizzarli in futuro
[16].
Lo scienziato americano James Grifo, che ha messo a punto la
tecnica di riproduzione con il trasferimento del nucleo da ovocita ad
ovocita , viene diffidato dall’utilizzare tale tecnica negli USA e non
trova di meglio che venderla in Cina.( 29/1/2004) [17].
Il diritto alla
maternità diventa, nel corso del tempo sempre più percepito come un
metadiritto e, dunque, anche le donne che non hanno un utero sano, o
adeguato allo scopo, vogliono avere un figlio. Sensibili a questa esigenza
negli Usa vengono fondate società e agenzie che si prefiggono di trovare
‘uteri in affitto’. Una di queste è la Surrogate Mothers Inc. [18] diretta
dall’avvocato Steven Litz che va alla ricerca di potenziali
madri: donne in buona salute tra i 18 e i 35 anni e con già un’esperienza
di gravidanza conclusasi positivamente. Oltre all’utero in certi casi
viene anche donato l’ovocita. Il costo dell’operazione complessiva
(incluse le pratiche legali di adozione del nato) è valutato in circa
50.000$, forse più che meno. E’ facilmente immaginabile quale sia il
bacino sociale delle madri che mettono a disposizione il proprio utero.
In Italia l’utero
in affitto viene proibito ( vi è una legge sulla fecondazione assistita
in corso di approvazione che passerà al Senato il 12/12/03 e
definitivamente approvata dalla Camera il 11/2/04) e il prof. Pasquale
Bilotta di Roma (che ha già seguito nel 1995 una gravidanza con
madre surrogata) per evitare problemi penali spedisce gli embrioni negli
USA da cui nasceranno due gemelli (La Repubblica 2002) [19]. Nel 2000 una
sentenza del Tribunale di Roma (il magistrato che la emette è una donna:
Chiara Schettini) aveva fatto discutere per la sua argomentazione
in relazione all’utero in affitto: ‘sarebbe difficile escludere la liceità
di un mero prestito d’organo, peraltro limitato nel tempo e sotto
controllo medico, quando il legislatore ha previsto la possibilità di
donazioni di organi tra vivi’ [20].
Il 28/3/02 appare sul Corriere della Sera [21] la notizia di un tentativo
di trapianto di ovaie in Cina mentre l’11/2/02 sull’Unità [22] arriva la
notizia dei tentativi di creare in laboratorio presso la Cornell
University un utero artificiale. La sperimentazione sta continuando?
Qualcuno plaude a quest’ultima sperimentazione presentandola come una
svolta positiva, liberatoria, per le donne [23].
La stampa, da allora, non ne ha più dato notizia.
Ad oggi, dunque, chi voglia un figlio e abbia una certa disponibilità
economica ha una elevata probabilità di soddisfare il proprio desiderio.
In Italia il referendum del 14 giugno 2005, che aveva lo scopo di emendare
alcune voci limitanti la Fecondazione Assistita (legge 40 approvata
l’11/2/04) fallisce a causa di una affluenza minima alle urne (il 25,9%).
[ i 4 quesiti erano: 1) limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli
embrioni, 2) norme sui limiti all’accesso, 3) norme sui diritti dei
soggetti coinvolti, 4) divieto di fecondazione eterologa].
Ma all’estero si può ottenere praticamente tutto.
In UK è possibile richiedere una selezione genetica degli embrioni per
motivi terapeutici come avviene negli USA già dal 2000 [25]; le
motivazioni successivamente diventano sempre meno restrittive, in
relazione innanzitutto alla scelta del sesso [26], [27]) . James Watson,
Nobel per la scoperta del modello del DNA si dice del tutto favorevole a
che i genitori possano scegliere il sesso dei figli . E’ eugenetica gli
viene chiesto? ‘ Credo che l’eugenetica sia condannata a tornare legata
al desiderio di tutti di avere i figli più sani possibili ’ , risponde
tranquillamente [28].
La Danimarca diventa la nazione in cima alla lista delle richieste di seme
maschile (occhi azzurri e capelli biondi) e per il liberalismo di una
legge di stato che permette a tutti gli aspiranti genitori (inclusi i gay
di entrambi i sessi) di accedere alla fecondazione assistita negli
ospedali pubblici [29, 30].
Il 21/11/05 La Repubblica riporta un articolo che annuncia la nascita di
un registro su Internet in cui i figli della provetta possono ritrovare
‘ fratelli o sorelle’ , tali perché nati dallo stesso donatore [31]
Le relazioni della famiglia biologica si vanno sempre più diversificando e
i suoi confini, un tempo rigidi, si vanno dissolvendo.La nascita di un
bambino non è più il risultato di un rapporto sessuale associato a un
amore, più o meno sbagliato o più o meno breve, ma qualcosa che sempre di
più assomiglia a un desiderio di maternità che si muove in una
dimensione altra dal rapporto con il proprio marito o compagno.
Ma la
scienza-tecnologia ha dato il via a un altro campo di studi.
Nel 1998 la stampa
di tutto il mondo diede la notizia della nascita di Dolly, la
pecora clonata dal prof. Ian Wilmut del Roslin Insitute di
Edimburgo (Scozia) da cellule adulte. La clonazione è avvenuta dopo circa
300 tentativi! Questi 300 tentativi ci avvertono che la scienza in questo
settore lavorava già da molto tempo e in totale segretezza! E che a latere
delle Tecniche di Riproduzione Assistita, o come nuovo ramo dello studio
del processo procreativo, sono già in atto studi e sperimentazioni per la
clonazione [32, 33].
Il 14 marzo 1999 sulla Stampa appare un’intervista con lo scienziato
Stephen Hawking dal titolo significativo ‘Nascerà un’altra razza
umana’, il quale così conclude :‘...Io non sto sostenendo che queste
trasformazioni genetiche debbono avvenire, dico che con ogni probabilità
avverranno. Piaccia o non piaccia, anche a me’[34].
Il 25 luglio 1998 ( vent’anni dopo la nascita di Louise Brown) il dottor
Ryuzo Yanagimachi della Hawaii University di Honolulu annuncia che
è stato in grado di clonare dei ratti e che ‘clonare l’uomo è già
possibile [35].
Il 10/2/99 una coppia inglese, infertile, chiede di avere un figlio
clonato ma in UK è illegale e dopo questa notizia non se ne viene a sapere
più nulla [36].
Nel 2001 (nel 2000
c’era stato l’annuncio della mappatura del genoma umano) escono vari
articoli sulla clonazione umana nel mondo e in Italia il ginecologo
Severino Antinori annuncia in una conferenza stampa negli USA [37,
38] : ‘ Clonerò un essere umano. E se in Italia non è possibile lo farò in
un altro paese in collaborazione con il prof. andrologo Panayotis Zavos.’
Il prof. Josè Cibelli della Advanced Cell Technology annuncia che
ha fatto dei tentativi di clonazione usando proprie cellule [39]. E il
famoso cardiochirurgo Christian Barnard [40] si chiede
molto semplicemente: ‘ E’ tecnicamente possibile dare ai genitori il
figlio che vogliono, perché non farlo anche con la clonazione?’. Il
giornalista Brian Alexander della rivista Wired riporta del suo incontro
con quello che chiama l’Artefice – lo scienziato aveva chiesto di
conservare l’anonimato - il quale afferma che la clonazione di un essere
umano è già possibile: ‘E’ la cosa più facile del mondo!- afferma. -
Basta prendere quel maledetto nucleo, iniettarlo in un ovocita enucleato
e impiantare il tutto nella madre surrogata e aspettare ’. Pare che abbia
già un cliente, che desidererebbe clonare il proprio figlio deceduto[41].
Il ginecologo italiano Severino Antinori prosegue la sua
sperimentazione nel campo della clonazione umana e nell’aprile del 2002
annuncia che una donna è incinta di un clone umano ( pare che ciò riguardi
il figlio di un ricco emiro arabo [42].
Il 22 novembre 2002 appare un articolo su La Repubblica in cui viene
annunciato il primo tentativo di produrre del DNA artificiale in
laboratorio [43]. Gli scienziati coinvolti in questa sperimentazione sono
Hamilton Smith, Nobel 1978 per la medicina e Craig Venter
il manager della Celera che nel 2000 ha ottenuto la prima mappatura del
genoma umano.
Nel 2003 appaiono diversi articoli sulla clonazione umana a scopo
terapeutico. Si accendono discussioni anche aspre senza venire a un
indirizzo comune.
Il 12 agosto 2004 la stampa ( Avvenire, La Repubblica, ecc...) annuncia
che in UK è stato dato il via libera alla clonazione umana terapeutica[44,
45].
Il 20 maggio 2005 su La Repubblica [46] appare un articolo in cui si
annuncia che il gruppo dell’università nazionale di Seul diretto dal prof.
Woo Suk Hwang ha ottenuto il primo pre-embrione con la tecnica
della clonazione ma di non averlo impiantato (come esserne sicuri??).
Nel riattraversare
il percorso degli studi e sperimentazioni relativi al processo procreativo
si incontrano quasi unicamente nomi di scienziati di sesso maschile. E le
donne?
Le donne, direi,
sono le consumatrici appassionate delle tecnologie che offre loro la
scienza; le donne sono le collaboratrici pazienti dei grandi professori:
sono loro che nei laboratori manipolano ampolle o eseguono osservazioni al
microscopio o sostengono le pazienti che devono affrontare l’uno o l’altro
problema, l’interruzione di gravidanza o la fecondazione assistita. Le
donne, inoltre, sono le indispensabili donatrici di ovociti per le
molteplici sperimentazioni nel campo della fecondazione assistita e dei
processi di clonazione, terapeutica e non. Delle donne è ancora l’utero di
cui gli scienziati hanno, per ora, estremo bisogno.
Ciò che emerge da
questo breve escursus storico è che la procreazione, nel corso del tempo,
sta diventando sempre più un processo che riguarda gameti maschili e
femminili che si incontrano, si fondono fuori dai corpi fisici, in
combinazioni che possono richiedere l’intervento di un numero di attori
maggiore di due. Processo governato dalla Scienza-tecnologia della
Comunità scientifica maschile.
L’identità
genitoriale va dissolvendosi e il desiderio di un figlio diventa sempre
meno limpido ma connesso a ragioni sepolte nell’inconscio di uno o
dell’altro attore. E sotto traccia si stanno creando i prodromi per
situazioni conflittuali a causa di – permettetemi di chiamarlo così - un
certo ‘disordine relazionale ’ che si va prospettando, di cui non si sa
ancora, o non si vuole valutarne le potenzialità deflagranti.
Ci saranno figli per
i quali i genitori biologici saranno per sempre sconosciuti, o figli con
più madri o figli con...tutte le combinazioni che la scienza bio-medica
offrirà. E questi figli, nati programmaticamente senza genitori biologici
noti, non sappiamo come reagiranno a questo loro stato ed è difficile
prefigurarci come questo trasformerà i rapporti familiari. Più in
generale dobbiamo aspettarci che la trama dei rapporti sociali-affettivi
tra donna e donna, tra madre e figli e tra donna e uomo non saranno più
quelli di prima.
Il rapporto
genitori-figli, nella cornice delle nuove biotecnologie, diventerà
opzionalmente una possibile relazione con una sola figura genitoriale,
oppure una relazione a tre, oppure con due madri e due padri, nel caso
avvengano accordi specifici tra coppie gay di donne e di uomini [47, 48].
E l’uomo-padre potrebbe anche totalmente mancare; la sua presenza allora
sarebbe solo fantasmata. La vita psichica di questi nuovi figli, debbo
supporre, potrebbe diventare molto problematica!!.
Quanto lontano! mi
appare il 1992 quando, in un incontro a Bologna [49], il gruppo di Donne e
Scienza discusse di bioetica in generale e in particolare della questione
della fecondazione assistita. Allora, almeno in Italia, si era ai primi
passi. Tuttavia già nel 1999 nel corso di due incontri, a cui partecipai,
a Torino e a Bologna, ci si rese conto dei passi da gigante che la
sperimentazione e gli sviluppi della fecondazione assistita avevano fatto
in quei pochi anni. E quasi tutte avevamo l’impressione che la tecnologia
procreativa non eravamo noi a governarla per soddisfare i nostri bisogni
ma aleggiava seduttiva intorno alle donne, inducendo loro desideri o
suggestioni di inadeguatezza nel caso mostrassero incapacità riproduttiva.
Ci si pose
interrogativi cui non siamo state in grado di dare risposte definitive:
La maternità è un metadiritto?
Desiderio di maternità o di gravidanza?
Quanto la capacità riproduttiva è andata costruendo la nostra identità
femminile ?
Se la scienza consentisse un processo riproduttivo senza l’intervento
diretto del corpo femminile (fornitrici di ovociti e
dell’utero-contenitore) noi ne saremmo contente?
Che cosa ci aspettiamo, in positivo e in negativo, se il processo
riproduttivo non sarà più un nostro privilegio/carico sociale?
Saremo contente quando la scienza controllerà fino in fondo il processo di
‘riproduzione’?
Ciò che mi appare
sempre più definitiva è la dissoluzione o la trasformazione di un universo
simbolico che faceva parte dei nostri riferimenti culturali.
Il corpo della donna
non è più il luogo in cui, mentre si forma il nuovo essere si stabilisce,
anche simbolicamente, la relazione fondamentale di amore gratuito e
incondizionato tra due esseri: come potrebbe diversamente una donna
trasformarsi in madre temporanea, solo per la gestazione, di un bambino
che poi consegnerà alla madre biologica (o forse neppure biologica, se la
donna avrà avuto bisogno anche della donazione di un ovocita)?
L’intercambiabilità delle donne nel processo procreativo tende a ridurre
il corpo della donna in una macchina fornitrice di ovociti o di un
contenitore - il suo utero- ; l’intercambiabilità della donna nega o mette
in discussione la natura speciale e unica del rapporto madre-figlio.
E i rapporti tra donna e donna, in questo spostamento sempre più spinto
del processo procreativo, non potranno restare immutati. La delega della
gravidanza a un’altra donna prefigura il dilavamento dei confini fisici –
ma anche psichici- di un corpo in un altro. E anche a chi tocca, toccherà
il ruolo della Madre temo che non sia/non sarà risparmiato un senso di
smarrimento, di lacerazione, di perdita di una parte di sé nel momento in
cui dovrà cedere il bambino alla donna cui l’aveva promesso. La
gravidanza, di fatto, non può essere ridotta all’esplicitazione della
fertilizzazione dell’uovo con lo sperma. Di fatto lo sviluppo del feto è
connesso con tutte le maggiori funzioni del corpo della donna: è lei che
dà la vita all’embrione attraverso il suo sangue, l’aria che respira e il
cibo che mangia. E le giovani donne, che tali esse sono, diventate
donatrici di ovociti, non avranno fantasie sui loro figli sconosciuti?;
fantasie che le inseguiranno maggiormente se accadesse di veder
compromessa la propria fertilità a causa di una precedente donazione?
Come in tanti altri
settori della nostra vita possiamo dire che il rapporto con la
scienza-tecnologia è ambiguo, ambivalente, che spesso è la tecnologia a
dar forma alla nostra vita, se non siamo avvertite, inducendoci desideri
che accogliamo come ovvii, come naturali, anche quando non lo siano.
Maternità naturale, allora, o costretta a diventare innaturale, per
promuovere lo sviluppo della civiltà industriale?
E’ noto che la fertilità della donna è una funzione decrescente molto
rapida nel tempo. In numeri: tra i 16 e i 30 anni si situa tra il
25%-32%, scende al 12% a 35 anni, all’8% intorno ai 40 anni e al 4% dopo i
40 anni. Inoltre le possibilità di aborti spontanei o malformazioni
aumentano al 50% dopo i 40 anni [50].
Allora dovremmo chiederci quali pressioni sono state/sono fatte dalla
società industriale per indurre le donne, che desiderano dei figli, a
procrastinare la ricerca di maternità.
Silvia Banfi, una
ragazza di 27 anni, presente al Convegno di Bologna del 1999 disse [51] :
‘C’è qualche cosa che viene molto prima di domandarmi se voglio essere
madre o no, adesso; io penso di avere altre priorità... e che cosa dire
del mio desiderio di maternità? Ho ansia, non mi sento libera. E c’è la
questione dei tempi che non sono i miei ma sono dei tempi sociali che sono
i tempi del lavoro, dell’economia e della produzione...’ Silvia mette a
fuoco qual è il punto: i tempi sociali dell’economia e della produzione
non vanno d’accordo con i tempi biologici per una facile gravidanza.
Leggendo, infatti,
gli articoli di tutti questi anni emerge che le donne che chiedono la
fecondazione assistita sono soprattutto donne intorno ai 40 anni, età alla
quale la natura ha deciso di diminuirne la capacità riproduttiva.
Non tutte le donne desiderano avere dei figli e i loro progetti di vita
possono legittimamente essere altri. Ma le donne che, invece, desiderano
avere uno o più figli, dovrebbero poterlo fare quando la natura concede
loro di farlo nel migliore momento biologico previsto [50]. La comunità
maschile che gestisce le regole dell’economia, dei ritmi di lavoro, non lo
permette: se vuoi l’emancipazione, ossia essere accolta tra noi, da pari,
devi cambiare priorità perché la società non si è strutturata con servizi
che permettono a una donna di avere un figlio e insieme di lavorare.
Competitività...Competitività... Competitività. Questa è la parola che
sottende il mercato del lavoro, e come può questo accordarsi con una
gravidanza e le cure dei figli?
La scienza maschile si dà un gran da fare per ovviare alle storture
dell’organizzazione della sua società offrendo, alle donne, varie
Tecniche di Riproduzione Assistita, o la futura clonazione, ma ciò dà
anche agli scienziati il pretesto di investire tempo e risorse per avere
nelle loro mani, in tempi non lontani, il totale governo del processo
procreativo.
Il Corriere del 27/7/01 [52] e Internazionale il 26/2/02 [53] ci informano
che si sta mettendo a punto la pillola per diminuire la frequenza dei
cicli mestruali e rendere, dunque, più produttiva la donna. Che dire?
E se riusciranno a costruire – credo sia solo questione di tempo –
l’utero artificiale, la nascita di un essere umano diverrà molto più
simile a un processo industriale che includerà potenzialmente
l’eugenetica. La società si prepara a mettere al mondo figli belli, sani,
possibilmente intelligenti. Un articolo di Internazionale riporta che in
Cina dal 1995 [54] esiste una legge per cui le persone con un basso
quoziente di intelligenza sono forzatamente sterilizzate.
La società e la scienza hanno giocato/giocano sporco con le donne: le
invitano a emanciparsi ma impongono, insieme, che esse si adeguino ai loro
tempi, alle loro regole, riservandosi poi di eventualmente colpevolizzarle
o farle sentire inadeguate se non saranno in grado, a 40 anni, a concepire
un figlio.
In questo mondo gli
abitanti sono circa sei miliardi e mezzo e certo non c’è per ora il
pericolo dell’estinzione della specie. Da ciò ne viene che le donne
sarebbero nella felice situazione di poter scegliere la maternità nel caso
ne avessero un desiderio autentico e, aggiungo, realisticamente
realizzabile. Autentico, ossia non indotto da un mercato che si sta sempre
più arricchendo. E non nevrotico: come non può diversamente essere
definito il desiderio di maternità di una ultrasessantenne che necessita
di ovocita, seme maschile e, suppongo, di un bombardamento ormonale
pesante per portare avanti la gravidanza. Non si accorge di essere
diventata un contenitore, quasi artificiale? Possiamo davvero, noi donne,
credere che l’accanimento della biotecnologia fecondativa sia suggerito
dalla volontà maschile di puramente andare incontro a un bisogno naturale,
ineludibile, delle donne?
La famiglia
tradizionale biologica è destinata, in un orizzonte più o meno lontano, a
diventare un’opzione sempre meno praticata. Io non ci piango sopra ma
vorrei salvare il rapporto genitore/trice –figlio/a da una artificialità
eccessiva che temo contenga le cause di future serie nevrosi. La
procreazione sta diventando sempre di più un atto separato dalla
sessualità e dalla affettività di una coppia (etero o gay) e,
asintoticamente, a realizzare le fantasie maschili di un processo
controllato da chi governerà, un domani, la Comunità Civile. Il prof.
tedesco Carl Djerassi afferma: I mezzi di contraccezione finiranno
per diventare superflui, gli esseri umani depositeranno sperma e ovuli e
si faranno sterilizzare [55].
Negli anni 1970 le
donne nei cortei gridavano: ‘L’utero è mio e lo gestisco Io’. Alla luce di
ciò che è avvenuto da allora, e sta avvenendo oggi nei laboratori, il
ricordo di queste rivendicazioni quasi intenerisce per un certo sapore di
ingenuità.
Qualcosa è sfuggito alle donne. La comunità scientifica e sociale –
governata ancora dagli uomini – le ha condotte ad accettare, quando non a
subire, scelte di cui non sono state/sono co-protagoniste attive ma
semplici consumatrici, più o meno avvertite.
Fino a che punto, oggi, noi donne - tutte- siamo consapevoli del processo
scientifico inarrestabile in atto, che sta dissolvendo gradualmente le
ragioni fisiche della nostra identità biologica per trasformarci in
quasi-uomini?
E’ davvero ciò che vogliamo per le nostre figlie e le figlie delle nostre
figlie..
Ultime notizie:
Il 19 febbraio 2007 compaiono due articoli su La Stampa e La repubblica in cui si dà notizia
che in UK è legale la vendita di ovociti per motivi ‘terapeutici ’ al
prezzo di circa 250 sterline. (Il prezzo si sa è molto più alto ma si vuol
fare intendere che la vendita è dovuta a motivi altruistici) [56, 57, 58].
Il 25 febbraio 2007 La Stampa riporta un articolo in cui viene riportata la notizia che Blair
darà corso a una legge per la manipolazione degli embrioni! [59]
Sabato 21 aprile è apparso un articolo su La Stampa dal titolo: ‘ Ciclo, una pillola divide gli Usa’. In esso si parla della messa a punto e presto messa in commercio di una pillola che elimina le mestruazioni. Come ho riportato nel mio intervento a Milano, il 27/7/01 sul Corriere un articolo già annunciava studi e sperimentazioni in questo senso. Le donne in Usa, da quello che si legge sull’articolo, sono divise sull’uso di questa pillola: alcune sono entusiaste, altre fortunatamente un po’ meno. Questa mattina è uscito su Il Foglio un articolo di Ferrara dal titolo: Bisturi, aspiratori, pillole: il ciclo della salute femminile. E nell’articolo vi è la richiesta del giornalista a Ida Dominijanni di dire la sua opinione sul fatto definendola ‘ una intelligente ideologa del femminismo postmoderno’. La Dominijanni, nel corso della rassegna stampa, ha risposto in modo molto vago a questo appello dicendo semplicemente che non era d’accordo con Ferrara. Io non sono certo una fan di Ferrara ma ciò che scrive rispetto alla manipolazione del corpo femminile e alla mistificante libertà concessa dagli uomini alle donne ( dice a un certo punto: Ma liberarlo e includerlo in una nozione moderna di libertà allargando gli spazi della ragione, avrebbe dovuto significare dare compimento a quel corpo, non devastarlo, insultarlo, degradarlo frettolosamente a veicolo di sperimentazione.) credo che richiederebbe da parte di tutte una profonda riflessione. E la Dominijanni, nella sua frettolosa risposta, ha mostrato l’assenza di questa riflessione.
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Baby boom in provetta, Internazionale 25/1/2002.
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Le donne inglesi venderanno gli ovuli, La Repubblica, 19/2/2007.
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Shopping di ovuli per le staminali, La Stampa, 19/2/2007.
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pericolo del mercato degli ovuli, La Repubblica, 21/2/2007.
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Blair sperimenta il figlio perfetto, La Stampa, 25/2/2007
26 aprile 2007
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