L’ALBERO DELLA VITA E IL BAMBINO…
Un itinerario di ricerca interculturale
e interreligiosa
su immaginazione infantile, gioco e fiaba

di Mario Bolognese


“Senza tregua
l’albero prende lo slancio,
e freme con le sue foglie,
le sue infinite ali”.
(Andrè Suares)

 

PREMESSA- Aggiungo successivamente queste note per chiarire l'ambito e il senso di questo lavoro. Queste riflessioni si inseriscono in una mia ricerca, ormai pluridecennale, che, con molta umiltà e senza certezze se non la voce del “mio cuore viandante”, desidera valorizzare l'originale cultura e sapienza infantile, soprattutto del “sacro”, per la pace, la giustizia e la solidarietà tra gli esseri umani e con tutte le creature
del cosmo, visibili e invisibili.
Un aspetto non secondario, ma secondo me centrale, è il contributo che le bambine e i bambini potrebbero dare, se noi sappiamo entrare nel loro “girotondo di vita”, al dialogo interreligioso. Per questo con gioia sono a disposizione, con “me stesso” e anche con  altri
materiali, per condividere e sognare utopie concrete...

 

Credo che il cosmo e la natura, nella ruota ciclica dell’incessante rigenerazione e nella poesia delle sue immagini e voci, rappresenti il “paesaggio” ideale per accostarsi al mondo infantile. E per giocare tra i rami ascoltando i racconti del saggio gufo e dell’agile scoiattolo… In questo orizzonte di senso ho scelto il grande simbolo universale dell’ Albero, Cosmico e Della Vita (1), cifra e poesia (2) dell’universo, anche perché i bambini lo amano molto sentendolo come un verde e sicuro compagno di gioco e di viaggio, specchio e come gentile contenitore per ospitare i fremiti e la vitalità della loro immaginazione.

 

E’ l’immaginazione del bambino/a infatti che permea -come linfa segreta- il corpo giocante e la fiaba. Senza queste immagini interne- che hanno la trama dei sogni- non ci sarebbe lo stesso racconto della vita. E’ l’immaginazione -madre di tutte le Muse- che tocca in un certo modo vitale la realtà, (altrimenti sarebbe sterile fantasticheria), trasfigurandola e/o modificandola per trovare nuovi e preziosi riflessi e pratiche nel cristallo della vita.(3) E’ l’immaginazione, che si accompagna al nostro stesso respiro, a donare senso o a ingrigire le nostre  parole  e i linguaggi del nostro corpo .

 

C’era un bambino che ogni giorno se ne usciva
e la prima cosa che il suo sguardo incontrava,
quella cosa egli diventava,
…parte di questo bambino i primi lillà diventarono
e l’erba e il bianco e rosso fiore del convolvolo “…”.(4)

 

Questa “altalena”di prosa e di poesia, appesa a un forte ramo, ci sarà dunque itinerario e traccia per intuire la persona-bambino come poesia, come bellezza(5), come unità, pur fremendo -nella sua polifonia- : “…con le sua foglie, le sue infinite ali”….
Da che mondo è mondo, in tutte le culture, un pensiero rivolto alla fecondità accudiva “olisticamente” i bambini, in un contesto dove gioco, ”pediatria”, (magari era medicina popolare o tradizioni magico-terapeutiche), e fiaba formavano un “girotondo” di ben-essere infantile ovviamente collegato a tutta la comunità.(6)

 Ma questa persona che “sa” accudire -con le necessarie competenze, quando sono richieste-allora come oggi è una figura adulta -e deve essere tale! - ma è una persona che sa ancora giocarsi e giocare… “ Il bimbo che non gioca”, osserva Pablo Neruda”, non è un bimbo. Ma l’adulto che non gioca ha perduto il bambino che viveva dentro di lui, e che rimpiangerà sempre”. Sono anche incoraggiato a proseguire in questo itinerario dendriforme dalle parole di una studiosa: “Non carichiamo il mondo infantile di troppe esigenze ideologiche, non attribuiamo al gioco troppi compiti didattici, non sezioniamoli troppo con le nostre  analisi:sarebbe come sbriciolare sotto il microscopio la polvere cangiante e impalpabile delle ali di una farfalla”.(7)

 

 

IL GIARDINO

 

“Poi Dio, il Signore, piantò un giardino a  oriente
 nella regione di Eden e vi mise l’uomo che egli
 aveva plasmato. Fece spuntare dal suolo alberi
 di ogni specie:erano belli a vedersi e i loro frutti
 squisiti. Nel mezzo del giardino piantò due alberi:
 uno per dare la vita e l’altro per infondere la
 conoscenza di tutto”.  ( Genesi 2,8-10 )

            
 Il giardino assume qui il valore simbolico/affettivo di “ambiente” entro il quale il gioco e le fiabe che nutrono i bambini possono germogliare e fiorire con gioia e sicurezza. In un ambiente “giardino” -un luogo,come ad esempio la stalla,la caverna,l’oasi , l’isola ecc.- la vita è protetta (8) e, come l’albero, mette e propaga le sue radici per poi elevarsi fino la cielo delle sue potenzialità.

 

“Le radici degli alberi s’imbevono di vino segreto
aspetta qualche giorno e vedrai
gli alberi di nuovo svegli e inebriati”.
 ( Rumi.)

 

E così il luogo/giardino, un posto anche molto semplice e con semplici cose della natura  a disposizione, si fa grembo. “ Là dove tutto il mondo si incontra in un nido”, recita un versetto sanscrito…E circonda il nido il canto degli uccelli in una partitura musicale di foglie e di vento… 

 

Chi ha la fortuna di essere “compagno di strada”di bambini/e può ritenersi fortunato perché, come ci ricorda Esiodo, è: “ Felice il mortale che lo incontra, perché le sue mani sono colme di benedizioni e il suo tesoro trabocca”.  Ma questo adulto deve essere  e fare anche il “giardiniere”…(9). Purtroppo il mondo dei bambini non sempre è un paesaggio idilliaco…Il loro giardino, a volte bello e buono, spesso è infestato da violenze più o meno scoperte.  Quest’albero-gioco e racconto, inserito nel suo ambiente naturale, va dunque amorosamente e intelligentemente curato e protetto. (10) Alcune considerazioni, in nota, (11) cercheranno di offrire qualche altro spunto di riflessione inerente il concetto, in senso lato, di “ambiente”.

 

 

IL TRONCO E I RAMI

 

 “Albero, amico dell’uomo!Simbolo di ogni creazione organica…
  Gioco matematicamente misurato
  Dei rami che si accrescono
  Ad ogni primavera.
  Di una nuova mano che si apre…”  ( Le Corbusier )

 

 Il tronco e i rami rappresentano il corpo umano come struttura, movimento e linguaggio.Il gioco infantile è stato ben studiato dalla psicopedagogia e da altre scienze umane, (dalla psicoanalisi alla psicomotricità…), ma in questo contesto credo che il termine “musicalità” sia più adeguato. La musica e la danza stanno infatti al corpo, soprattutto del bambino che gioca, come la metafora e la poesia stanno alla fiaba e alla parola.
Questa musicalità non è tanto o solo quella percepibile-ovviamente sempre benvenuta-ma è una certa atmosfera che avvolge -o dovrebbe avvolgere- il bambino. Dico “dovrebbe”perché troppo spesso la frenesia, l’iperattivismo e il “paesaggio sonoro” troppo carico possono rendere il gioco disarmonico. In questo approccio che dona anche all’infanzia i ritmi e i codici della sacralità, il silenzio, la contemplazione e un quieto rilassarsi tra le braccia della natura possono essere aspetti essenziali di un giocare nel vero ben-essere…

 

“Ascolta l’ininterrotto messaggio che dal silenzio si crea…” ( R.M.Rilke )

 

 

Il gioco è come salire su una giostra dove il prima e il dopo, l’alto e il basso e tanti altri dualismi che segnano necessariamente la vita umana hanno una benefica e “terapeutica” sospensione. Chiamiamo questo rifarsi creature nel cosmo “musicalità”. Naturalmente essendo unico il tronco ma tanti i rami-bambini, questo modo di essere “compagni di viaggio” con loro si apre, con una sensibilità interculturale e interreligiosa, a tutti i giochi del mondo,   cominciando dal nostro Mediterraneo. (12)

 

 

LE FOGLIE:UN RACCONTO CHE CURA E RISTORA…

 

 “L’angelo mi mostrò un fiume d’acqua viva, splendido come cristallo
  che usciva dal trono di Dio e dell’agnello. In mezzo alla sua piazza
  e di qua e di là dal fiume c’è  l’Albero della Vita, che fa dodici frutti,
  dando ogni mese il suoi frutto; e le foglie dell’albero servono per la
  guarigione delle genti”.    ( Apocalisse,XXII,1-2 )

 

 “Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non
sia un oracolo”.     (  S.Weil )

 

Che le foglie mosse dal vento raccontino e parlino ogni bambino e ogni poeta lo sa…La parola poi, soprattutto in un contesto di energie naturali, assume anche un valore curativo e terapeutico in quanto animata e vivificata da un “soffio” (alito, respiro) che ne rappresenta l’essenza  vibratoria. Non è a caso che tecniche e tradizioni respiratorie siano presenti per il teatro e l’oratoria.(13)
Nell’affascinante tradizione mitologica dei Dogon africani la “parola giusta” dovrebbe ricevere il giusto apporto di terra, fuoco e acqua e naturalmente di aria ( ma che non ci sia troppo vento, perché favorisce la superficialità…). (14) La connessione della parola -per cui ovviamente la fiaba e il racconto- con l’albero è molto efficacemente messa in evidenza da questo sutra coranico:

Una buona parola è come un buon albero, la cui radice è profonda e i cui rami  si stendono
verso il cielo. Ad ogni momento esso dà frutti eccellenti”.
( Corano,XIV, 24-25 )

 

 Nella cultura umana della poesia e del sacro, così vicina al mondo delle bambine e dei bambini, le foglie sono anche “parole” della natura e del cosmo che fecondano la stessa nostra parole, soprattutto  quelle della fiaba e del racconto. Ma in questo mondo dove tutto simbolicamente è in relazione e nulla può essere preso come tessera solitaria, l’albero è abitato da animali. Soprattutto il serpente e l’uccello rappresentano uno scenario mitico dove gli opposti superano il conflitto incontrandosi: nasce così la stupefacente invenzione azteca del “serpente piumato”. In questo modo anche la poesia come la fiaba, linguaggi altamente metaforizzati, riducono o  annullano la durezza dialettica del discorso creando prospettive e relazioni nuove dove prima potevano esserci  solo vinti/con-vinti e vincitori…
Dove prima c’era la “guerra” delle parole la cultura della fiaba e del gioco rende orizzontale e cioè circolare  ciò che prima era verticalizzato e gerarchico. Crea pace perché non è più la forza a con-vincere ma il “cibo” della relazione ora possibile.
                                                              

 Ma le foglie, come dice l’Apocalisse, curano la gente, (pensiamo alla gemmoterapia…), anche per l’arcano potere che assume il racconto quando è in sinergia con la natura. Il cantastorie africano, all’ombra del sicomoro, feconda la sua voce con l’energia della stesso creato e per questo ridona gioia e benessere alla gente. E’ questo, del “c’era una volta”, il potere reintegrativo e dunque curativo della parola feconda, direbbero gli amici Dogon.

 Ciò che permette la cura è dunque il ritorno al momento aurorale dell’essere, quando le energie-informazioni hanno la freschezza della vita che nasce. In questa dimensione la fiaba è “terapia”…Infatti, nella medicina indù tradizionale, ne veniva prescritta una a misura del paziente, per sconfiggere i mostri del suo disagio esistenziale.(16)

 

DALL’ALBERO…IL GIOCO…
 
 

In questo itinerario aperto, interculturale, l’approccio dell’antropologia del sacro ci consente, con l’umiltà del caso, di aprirsi ai bambini/e del mondo cominciando ad attingere alle risorse del nostro Mediterraneo. Toccando queste rive così ricche di storia e di tradizioni possiamo  renderci conto (17) di quanto il mondo ludico infantile sia radicato e partecipe di quanto noi chiamiamo “cultura” e di quanto questo interscambio, immesso in una rete di conoscenza e partecipazione, possa essere prezioso per la stessa pace e solidarietà tra i popoli.

 

 Come per le “foglie-fiaba” anche il gioco, su queste sponde, possiede un arcaico anche se attualissimo valore terapeutico che possiamo definire di base. Senza ovviamente trascurare o sminuire l’apporto fondamentale della  pediatria, la “salute” del bambino necessita di tutto un “ambiente” la cui integrità, rispetto al gioco, ne rappresenta un prezioso indicatore bio-culturale.Perché il gioco è sempre sostanziato dalla linfa immaginativa e dunque da un racconto sia interno-implicito (gioco spontaneo) o esplicito (regole già stabilite). L’approccio “terapeutico”dell’antropologia del sacro, in armonia con altri saperi e pratiche, è che il gioco cura e reintegra in quanto rimòdula, direi risinfonizza la creatura-bambino, e naturalmente anche l’adulto che partecipa, con il cosmo e con lo stesso principio divino.( 18 )

 

Nell’ Induismo infatti il suo nome è “LILA”, gioco  e rappresentazione di Dio nel mondo.
Numerosi sono poi i brani evangelici  che invitano il mondo adulto a una “conversione” al bambino. In  Matteo ( 18,1-7 ) si ricorda di diventare come bambini per poter entrare nel Regno dei Cieli. E sempre in  Matteo ( 11,25-26 ) si afferma che “queste cose” sono state nascoste ai sapienti e intelligenti e invece rivelate ai piccoli. Anche nel  Vecchio Testamento (Proverbi 8,30-31) un passo mi sembra molto significativo:

 

“Ero accanto a lui come un bambino ed ero la sua gioia quotidiana,
alla sua presenza mi divertivo di continuo.
Giocavo sul globo terrestre, la mia gioia era vivere con gli uomini”. ( Proverbi, 8,30-31 )

 

Questo “sacro” e/o religioso è, come nel nostro  Albero della Vita, la gemma che poi diventa fiore tra il canto-racconto delle foglie e degli uccelli…(19)

 

FIORE

 

“ Mamma, guarda
sono arrivati i fiori
a coprire tutti i campi…
Tu pensi che essi siano
soltanto fiori:
penso, mamma, sia
un grosso sbaglio:
essi sono bambini…
…Mamma, è come se avessero
la casa in cielo,
dove a notte le stelle
si fermano in gruppo.
Mamma, essi sono occupati
Soprattutto nel giardino.
Sai perché sono tanto svelti?
Sai verso chi tendono le mani?
Mamma tu non ami loro
Come ami me?”   (20)

 

 

IL FRUTTO : VERSO UNA “ECO-LUDIA
Fecondità, Condivisione, Ben-essere

 

“ Sento che il mondo entra in me
come i frutti che mangio.
E’vero, mi nutro del mondo” 
 (Pierre Albert-Birot)

 

“Siccome il frutto è un’immagine primordiale dei cicli della fioritura, della crescita, della maturazione e del declino, mangiarlo interiorizza nell’iniziata un orologio psichico che conosce i modelli della Vita/Morte/Vita, e poi per sempre suonerà a festa quando sarà tempo di lasciar morire una cosa, e di volgersi alla nascita di un’altra.” (21)

 

Il gioco e le fiabe –espressione privilegiata del “sacro”originale presente nei bambini/e come cultura, saggezza e visione del mondo- è girotondo relazionale, ben-essere e condivisione... Questi linguaggi infatti, senza un ambiente socio-affettivo e medico-sanitario adeguato, ma anche senza un habitat  ospitale in senso naturalistico e simbolico-spirituale, risultano piuttosto sterili e improduttivi. Chiamo tutto questo Eco-ludìa, nel senso che  per far fiaba  e giocare bisogna abitare la Terra in pace, sicurezza e con dolce e sana convivialità con tutte le creature  del Cantico di padre Francesco…

Vorrei aggiungere, per quando concerne partecipazione e condivisione, queste parole di Eliade:

“Tutti questi simboli, ierofanìe, miti, rituali…sono collegati da corrispondenze, analogie partecipazioni, come se li contenesse una rete cosmica, un immenso tessuto entro il quale tutto si corrisponde e nulla rimane isolato”. (22)

 

LA CITTA’ LA CASA E LA FIABA…

 

“ Bellezza alle mie spalle
bellezza davanti a me
bellezza alla mia destra
bellezza alla mia sinistra
bellezza sopra di me
bellezza sotto di me;
sono sul sentiero del polline
 ( Canto Navaho )

 

Un architetto, prendendo spunto da Piazza del Campo a Siena, ci ricorda che lo spazio attorno alla propria dimora ( e la bellezza della città ! ) sono : “ L’indispensabile complemento della propria dimora”, e “…questo spazio deve avere l’atmosfera della fiaba”…Credo dunque pertinente e interessante riportare integralmente il suo pensiero: “ E qui non voglio essere frainteso: la fiaba, per me, non è evasione;è un ritrovarsi spiritualmente in tanti; è un momento di rottura indispensabile dell’isolamento delle singole individualità. Qui non c’è alcuna poetica del “riflusso” che già troppa gente oggi alimenta. La fiaba è l’elemento fondamentale di identità di una comunità, il momento d’incontro di tante realtà, di tanti punti di vista, di tante generazioni che in qualche modo affiorano ancora nel nostro presente in una forma spirituale, fantastica ma concreta di cui abbiamo estremo bisogno proprio quando stiamo per perdere -come ora- il senso del vivere sociale, dello stare assieme”. (23)

 

IN-CONCLUDENDO

 

 “ Non cesseremo mai di esplorare.
E alla fine della nostra esplorazione
Arriveremo là
Dove abbiamo cominciato.
E per la prima volta
Conosceremo il luogo” .
 ( T. S. Eliot )

 

 Per questa nostra “in-conclusione” è ancora l’albero che può mettere in relazione “circolare” la necessaria relatività di un cammino e del suo approdo. E questa esplorazione ci riporta ancora a quella verde magica creatura sorella e compagna di ogni anima bambina amante del racconto, come ci sussurra la poesia che segue:

 “Questi alberi sono come gli abitanti del seno della terra:dal seno della terra 
   levano invocatici le mani!Cento segni essi fanno agli uomini, molte cose
   fanno capire ai dotati d’orecchi:con la loro verde lingua e le lunghe braccia
   invocanti narrano i segreti del seno della terra ” .(24)

 

 Nell’arte rupestre del neolitico appaiono delle incisioni stilizzate dette dell’ “orante “. (25) E’ un essere umano con le braccia elevate verso il cielo, quasi per una supplica o preghiera, e sembra porsi in relazione  con una immagine divina. L’accostamento con l’albero che protende i suoi rami verso l’alto è ben presente nella poesia e nella storia dell’arte, anche religiosa, di tante culture tra loro lontane nello spazio e nel tempo. L’umano e il vegetale sembrano dunque avere affinità e analogie a vari livelli. Cito solo, per fare degli esempi, il barocco leccese e l’iconografia alchemica. (26)
 Ma ci sono anche gli “alberi parlanti” della tradizione orientale da cui talora, come frutti, pendono teste di bambini …(27) In un altro  testo già citato (28) ci sono riti, figure e tradizioni, come l’albero che allatta, che li riguardano ed è proprio per questo che una legge, piuttosto disattesa a dir la verità, vincola i Comuni a mettere a dimora una pianta per ogni lieto evento. La fecondità umana è stata sempre  collegata alla terra  e alla natura ed è questo il motivo per cui un grande studioso ha potuto parlare di discendenze mitiche da specie  vegetali e da alberi . (29)

 

 Questo nostro bambino è dunque  ben radicato con i suoi piedi-radici alla terra e la sua evoluzione si nutre della linfa immaginativa che irrora così sia il gioco che la fiaba-racconto. Nel suo gioco-racconto di vita è proprio l’elemento-terra e cioè storia,  tradizione,famiglia e società, che permette la crescita ma sempre in costante relazione e interscambio di energie e informazioni, a livello visibile e invisibile, con il cosmo e con Dio . Parlando di gioco – ma nel modello può essere compresa anche la fiaba per il comune dinamismo immaginativo di base come abbiamo visto – si può ipotizzare questa  tabella  comparativa che, senza pretese di esaustività e oggettività scientifica, mette in relazione alcune delle principali caratteristiche indicate dalle scienze  umane con l’antropologia del sacro. Questa tabella è dunque solo indicativa di un approccio e di un metodo di lavoro.
( Le lettere dell’alfabeto indicano la corrispondenza tra la caratteristica scelta dalle scienze umane che si occupano di sviluppo infantile (abbreviata con “scienze”) e dimensioni scaturite o collegate, anche se indirettamente, all’antropologia del sacro.)

 


SCIENZE

 

    A-  Liberazione di energia e coordinamento e sviluppo psicomotorio-

    B-  Catarsi, socializzazione  e/o possibilità di elaborazione e soluzione non violenta di conflitti-

  C-   Ricerca del piacere-

     D-   Dialogo sperimentale con l’ambiente (30)-

     E-   Contatto e possibilità di elaborazione dell’ “ombra” e del rimosso (31)-

  1. Gioco come ricerca aperta e nonviolenta dell’identità di genere e come co-educazione alla relazione e alle “parole del cuore” (32)-

 

 


SACRO

 

  1. Tensione e dinamismo  “cosmoteandrico” , l’essere umano bambino tra terra , cosmo e Dio- (33)
  2.  Ogni gioco può essere visto come la “messa in scena” rituale , con i linguaggi del corpo, di un racconto interno che ha collegamenti , anche se indiretti ,con una configurazione mitica anche se storicizzata .Questa “tessera” , se il gioco ha un “ambiente” giusto , tende al suo “mosaico” e cioè a ri-creare la rete cosmica - (34)
  3. “ Potrebbe esserci beatitudine senza un corpo che la provi ? Come la fragranza di un fiore non si coglie senza il fiore concreto, così senza un corpo vibrante e sensibile la beatitudine sarebbe sconosciuta “- (35)
  4.  Se invece di “persona” diciamo “creatura” l’ambiente assume una dimensione  cosmica che naturalmente comprende anche l’aspetto storico. Come modello di questo “ambiente” possiamo assumere il Cantico di S. Francesco-
  5.  Il gioco della campana, testimonia un grande studioso delle religioni, è un arcaico viaggio iniziatico nel Regno dei Morti… (36) Come l’albero ha il giorno e la notte, il sole e l’ombra, essendo un grande simbolo universale della ruota ciclica vita-morte-vita (37) , così anche il gioco- “fiore” antropologico dell’infanzia umana – (38) è come un’onda che danza incessantemente tra il  “senso” della  spiaggia e quello del mare con il suo misterioso orizzonte… Nel “ Tao Te Ching” si può leggere: “L’ignoto è il principio di cielo e terra / tenebre dentro tenebre: / l’accesso di ogni mistero”-
  6.  E’ nel  “girotondo” del cosmo, vicino a  quell’ : “Amor che move il sole e l’altre stelle”,  secondo  lo stupendo passo  dantesco, che l’amore umano attinge e ri-attinge la polifonia del suo erotismo, nelle sue varie espressioni… Così anche per l’amore del piccolo-grande cuore dell’infanzia, cui può far male : “ la pancia del cuore”… Oltre a sciogliere la rigidità e la stereotipìa dei ruoli sessuali il gioco, così rivisitato nel suo ordito e nella sua trama del “sacro”, permette di vedere e ritoccare anche il “modello” o principio cui attingono singolarmente il bambino e la bambina. (39) Una bella tradizione induista, attingendo a un’altra cultura, ci ricorda ancora che è proprio una bambina, o una giovane donna, che porta gli aromi e i colori della primavera risvegliando  l’albero e la natura…(40).

 

 

N O T E    E    B I B L I O G R A F I A

 

Premessa
Questa parte desidera  integrare l’approccio intuitivo-poetico con alcune annotazioni  e riferimenti culturali che appaiono necessari per insegnanti, seminari e gruppi di lavoro con cui collaboro . In questo senso le citazioni bibliografiche , anche se non esaustive , intendono agevolare letture e ricerche in un campo come questo , l’antropologia del sacro, nel suo incontro con la psicopedagogia e tutto il variegato “mondo bambino” , che non dispone, ( per fortuna ! ? ), di una specifica area specialistica .

 

1 ) – Amordialbero, di Mario Bolognese, presentazione di Grazia Francescato presidente WWF Italia, Edizioni Osiride, Rovereto (Tn ), 1995 . Rimando al testo  per la dimensione interculturale e interreligiosa con cui è stato trattato il tema,  per la parte didattica, l’antologia di testi in varie lingue e la ricerca bibliografica . Il libro è nato per offrire alle famiglie e insegnanti un contributo didattico e culturale per l’applicazione della “ Legge Rutelli “ ( nr. 113 del 29.1.1992 ) che prevede l’obbligo per i Comuni di mettere a dimora un albero quando nasce un bambino .

 

2)- Ho cercato di lasciare in queste note la zona “prosa”…In questa ipotesi di ricerca e di lavoro, che collega il bambino e la bambina al Sacro universale e quindi anche a tutta la natura-cosmo, sto cercando di offrire, con i limiti e l’umiltà necessari, un contributo metodologico e di linguaggio per ridonare alla poesia -e all’arte- la sua antica funzione conoscitiva . Essendo poi il bambino una unità vivente appare indispensabile fruire dell’intelligenza in modo olistico, con un “girotondo” – che  amo chiamare il “pensiero abbracciante” -, che non separi troppo dal razionale la dimensione intuitivo-poetica .

 

3)- Nella nostra cultura le immagini interne – e il loro ruolo e funzione per un armonico sviluppo infantile – sono trattate prevalentemente , se non esclusivamente , dalle varie scuole di psicologia del profondo . Cito al riguardo solo alcuni di questi classici : “ Gioco e realtà, di D.W.Winnicott, Armando Editore, Roma ,1974” . . E di E.H. Erikson : “ I giocattoli dei bambini e le ragioni  dell’adulto , Armando Editore , Roma , 1981”.  Un piccolo ma prezioso saggio che tratta il mondo del bambino in una diversa chiave antropologica è : “ Infanzia e storia , di Giorgio Agamben, Einaudi , Torino , 1978”.  Mi sembra poi ricca e stimolante anche per il tema, spesso trascurato,  dello “stupore” la ricerca di  Edith Cobb : “  Il genio dell’infanzia, prefazione di Margareth Mead,  Emme Edizioni , Milano , 1982”. Per l’approccio di antropologia del sacro rimando ai sette volumi, già pubblicati, della T.A.S. ( Trattato di antropologia del sacro ) editi dalla Jaca Book di Milano. Per l’ argomento specifico  dell’immaginazione mi sembra rilevante, se non fondamentale, l’apporto di Gilbert Durand : “ L’immaginazione simbolica, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1977” e  “Le strutture antropologiche dell’immaginario, introduzione all’archetipologia generale, Edizioni Dedalo, Bari, 1972”.   Una diversa impostazione psicologica, che unisce immaginazione,  “cuore” e bellezza, in James Hilmann : “ L’anima del mondo e il pensiero del cuore, Adelphi,  Milano, 2002”. Ma ci sono anche importanti ricerche in senso interreligioso  sull’immaginazione, denominata “mondo immaginale” per distinguerla dalla fantasticheria . In questa prospettiva cito  di Henry Corbin : “ Corpo spirituale e  Terra celeste, dall’Iran Mazdeo all’Iran Sciita, Adelphi,  Milano , 1986 “ e, più recentemente: “ L’immaginazione creatrice le radici del  Sufismo, Laterza,  Bari, 2005”.
Ho cercato , e non so quanto ci sia riuscito , di far intuire questi mondi offrendo contributi antologici , didattici e di animazione con : “ Per un corpo di pace, pedagogia, cultura rituale e non violenta del corpo, di Mario Bolognese , Edizioni Sapere , Padova , 1995”. Questa ricerca, che da allora prosegue con il prezioso apporto di persona operanti “ sul campo” desidera contribuire , anche nell’area pedagogica , a quella giusta  e auspicabile dose di “ meticciato “ di culture che inizi da un diverso rapporto del mondo adulto con il mondo infantile.

 

4)- “ Foglie d’erba , di Walt Whitman , Einaudi , Torino , 1956”.  Vorrei aggiungere anche questa osservazione di Edith Cobb , op . cit . , pag . 107 : “ Nell’ infanzia il processo conoscitivo è essenzialmente poetico , poiché esso è lirico , ritmico , e formante in senso generativo”.

 

5)- La Cobb ( op. cit . pag . 24 ) parla infatti di una evoluzione “bioestetica” del bambino e aggiunge ( pag . 126 ) : “L’impulso e la capacità del poeta ( e in forma di gran lunga più semplice , del bambino ) , di diventare ciò che egli desidera sapere o capire , derivano da una combinazione di meraviglia e del senso di “ qualcosa che ci permea dal profondo “ , un’accettazione di non-sapere che porta con sé un particolare tipo di umiltà pervasa di gioia”.

 

6)- Epidauro , nell’antica Grecia , così come Coo e Tricca , era un famoso centro di medicina religiosa . Il potere del serpente e la visione-sogno (incubazione) ne erano aspetti fondamentali . Ma  Epidauro era anche “teatro” con pratiche dietetiche, massaggi, e cura dell’igiene personale .

 

7)- L’osservazione è di Ornella  Andreani , Università di Pavia e il brano citato è preso dal testo : “Gioco e giocattolo per lo sviluppo della personalità del bambino , Edizioni  Unicopli Milano , 1981 , pag. 67” .  

 

8)- La stessa etimologia di paradiso rimanda ad un luogo recintato, protetto. Confronta al riguardo di Joseph Campbell : “ Le distese interiori del cosmo, la metafora nel mito e nella religione, Guanda, Parma, 1992, pag. 134”. Anche i bambini per poter giocare e “far fiaba” hanno bisogno di una nicchia, un’aia, una stalla, un giardino… Sul concetto di luogo protetto: “ La formazione subconscia del linguaggio, di Th.Thass-Thienemann, Astrolabio, Roma, 1968, p. 171”.

 

9)- Eleonora Fiorani, Il giardino come grande immaginario, Editgroup, Bologna, 1977.

 

10)- Da: “Non si trova cioccolata, lettere di bambini iugoslavi nell’orrore della guerra", Tullio Pironti Editore, Napoli, 1993, pag. 91, riporto questo brano:
“Gennaio 1992. Dal fondo dell’anima mia sale un grido di dolore che dovrebbe essere sentito da tutto il mondo. Voglio che mi siano restituiti il mondo color di rosa, la mia gioia, la mia felicità. Nel mio piccolo mondo color di rosa vivevamo tutti felici: le mie amiche, io e le mie bambole. C’era un fiume nel mio mondo, c’era un leprottino, c’erano innumerevoli libri, e il cuore del mio mondo era puro. All’improvviso tutto è diventato nero nel mio mondo. Io sono rimasta sola, intorno a me il buio, le tenebre e la tristezza. Non vedo nulla eccetto un ramo e corro verso l’albero mio, è stato abbattuto anche quello, spezzato, povero albero della mia vita! Lo trascino nella realtà, ma la realtà è ancora peggiore, la gente muore, la favola scompare, la favola di una vita migliore. Ma sento ancora la sua scintilla e coltivo una speranza segreta. Per essa vivo e per la mia casa”. ( Kosjenka Bradic, 12 anni, Bjelovar).

 

11)- Il gioco e la fiaba- rivelatori privilegiati, ma non unici, della variegata espressività infantile- possono essere giustamente visti come una sperimentazione continua del bambino con l’ambiente. Ma per ambiente, in questo approccio poetico-antropologico che fa perno  sul concetto di “sacro”, vorrei usare la bella espressione di Raimon Panikkar di “realtà cosmoteandrica”. Ricavo questa triade- cosmo, Dio, essere umano- da un suo testo: “L’incontro indispensabile: dialogo delle religioni, Jaca Book, Milano, 2001” e, della stesso autore, per il concetto, collegato, di “ecosofia”: “ Pace e interculturalità, una riflessione filosofica, Jaca Book, Milano, 2002”.
Il bambino infatti è in una famiglia, in una società, con dei precisi diritti ma, contemporaneamente è anche in un cosmo e in una sfera del  sacro che parte del mondo chiama Dio. Ma non si può attingere a questo scrigno cosmico e/o divino senza usare ali poetiche e immaginative. Se pensiamo che gioco e fiaba hanno “anche” lo scopo di aprire questo scrigno dove pane,vestito e salute dell’anima sono intimamente intrecciati,  ne possiamo agevolmente intuire il valore.
Un bel testo dove il bambino - “microcosmo danzante” - è implicitamente molto ben presente è : “ Risacralizzare il cosmo, per una visione integrale della realtà, di Ervin Laszlo, Urra Apogeo, Milano, 2008”.
“ Il bambino”, ci ricorda Gaston Bachelard nella “Poetica della reverie, Edizioni Dedalo, Bari, 1984, alle pagg. 109 e seg.”, “… si sente figlio del cosmo quando il mondo gli lascia la tranquillità…Sa, nella sua ardente memoria, che la luna, questo grande uccello biondo, ha il nido in qualche angolo della foresta…Così nelle sue solitudini, quando è padrone delle sue reveries, il bambino conosce la felicità di sognare ciò che sarà in seguito, la felicità dei poeti”.
A mio parere il “più” dell’approccio cosmoteadrico comprende il (necessario) “meno” (non i senso svalutativo) del bambino visto solo nella storia.Mentre il contrario non appare vero…
Queste osservazioni per ricordare che, per attingere a questo scrigno occorrono anche oasi di silenzio, contemplazione e di solitudine rigeneratrice.

 

12)- “ Quando l’uomo, senza altri voleri e pensieri, si fa degno di udire le melodie delle piante, il modo in cui ogni pianta intona a Dio il proprio canto, allora la musica che a quest’uomo è dato di ascoltare è dolcissima e meravigliosa”. ( Da : “ Martin Buber, Confessioni estatiche, Adelphi, Milano, 1987, pag. 228” ).E, da un canto popolare tedesco, : “ Taci ,o mio cuore / gli alberi stanno pregando./ Dissi all’albero : “ Raccontami di Dio” / e quello fiorì”.
Con Medchild , ( Fondazione Istituto Mediterraneo per l’Infanzia, www.medchild.org ), con cui collaboro,  ho partecipato con una fiaba “Dove il mondo si incontra in un nido”, illustrata dal pittore Roberto Origgi, al Convegno internazionale  “ The arab child subiect to different cultural influences” ad Alessandria d’Egitto,25-27 settembre 2005”. Questa fiaba, e la mia stessa ricerca, in consonanza con Medchild, desidera valorizzare il mondo ludico-fiabesco dei bambini come fonte di pace e incontro tra popoli e culture diverse. E con un sogno non più solo utopico, ma condiviso,  di una “ Ludoteca Galleggiante del Mediterraneo”.

13)- Maspero, Il soffio vivente, Adelphi, Milano.

 

14)- “ Genevieve Calame-Griaule, Il  mondo della parola, etnologia e linguaggio dei Dogon, Boringhieri, Torino, 1982”. In particolare (pag. 73) l’autrice ricorda che, presso questa cultura, : “L’operato della parola è paragonabile a una fecondazione, così come l’agricoltura feconda la terra. La produzione di parola è un meccanismo analogo al concepimento e al parto”. In una prospettiva (apparentemente) diversa, orientata sull’erotismo e “convivialità” della parola religiosa, trovo: “ Parole da mangiare, di Rubem A.Alves, Edizioni Qiqajon,Comunità di Bose, 1998”, testo molto vicino al mondo dei bambini perché giocoso, profondo e poetico ad un tempo.

 

15)- Per questo aspetto dell’ “eterno ritorno” rimando all’ormai classico testo di Mircea Eliade: “La nostalgia delle origini, Morcelliana, Brescia, 1972”.

 

16)- Riprendo da Repubblica del 12-4-2001, inserto Salute, dall’articolo di C.G.Trocchi : “La salute in versi” questo brano: “ Nella medicina Indù tradizionale, a chi aveva disturbi psichici, era prescritta una fiaba che interpretava il suo problema…La persona faceva quanto una particolare fiaba suggeriva con metafore poetiche…”. Altri testi sull’argomento:
“ Dalla  Collana Riza Scienze nr. 17 ottobre 1987 : “ Curarsi con le fiabe, la fata, la strega e l’orco al servizio della psicoterapia, di Paola Santagostino”.
“ Le storie che curano, di James Hilmann, Cortina, Milano, 1984”.
“ Vivere la magia delle fiabe, come il meraviglioso può cambiare la nostra vita, di E.Brasey e di J.P.Bailleul, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza, 2001”.
“ Guarire con le fiabe, come trasformare la propria vita in un racconto, di Maria Varano, Meltemi, Roma, 1998”.
In un articolo: “ In margine al racconto” su “ Testimonianze, S.Domenico di Fiesole (Fi), settembre-ottobre 2000, nr. 413” dedicato al “ Disagio e cura dell’anima”, James Hillman parla dell’importanza della “ consapevolezza narrativa” e di una maggiore capacità di (auto) guarigione da parte di chi ascolta, frequenta e pratica fiabe, miti e racconti.
Concludo con l’ormai l’ormai classico : “ Donne che corrono coi lupi, il mito della donna selvaggia, di Clarissa Pinkola Estès, Frassinelli, 1993”.

 

17)-“ Terra e cielo, le due sponde del Mediterraneo, di Enrico Musso,Le Mani- Microart’s Edizioni, Recco(Ge), 2003”.Il terzo volume della T.A.S., ( Trattato di antropologia del sacro, op.cit.), è dedicato proprio a: “ Le civiltà del Mediterraneo e il sacro, 1992”. Nel testo il capitolo: “La religione della Dea nell’Europa Mediterranea: sacro, simboli, società, di Marja Gimbutas, da pag. 49”, credo che faccia parte integrante di questo nostro discorso. Conducendoci così dolcemente al libro che segue:
“Jouons avec les enfants de Mediterranee, Cassandre Hornez et François Lecauchois, Gallimard Jeunesse, Paris 2004 » .

 

18)-“ La festa e il bambino,di Alfonso .M.Di Nola, ERI, Edizioni Rai,Torino, 1991”.
       “ Il mondo della maschera, di Dipak Raj PANT, saggio antropologico sul simbolismo magico-religioso della maschera, E.C.D.P.- Heliopolis, Milano, 1987”. I bambini hanno un rapporto particolare con il gioco di travestimento e il “ far finta di”… Per questo aspetto cito : “Far per finta, il gioco di finzione nella scuola materna, A.A.V.V., CIE, Centro per l’innovazione educativa, Comune di Milano, Franco Angeli Editore, Milano, 1982”. A questo riguardo Dipak Raj Pant, antropologo di tradizione indù shivaita-tantrica, afferma nel testo sopra citato, parlando della maschera: “Durante tali giochi, tramite i cambiamenti di voce, le espressioni, i gesti e i costumi, i bambini negano, alterano o abbandonano temporaneamente la loro personalità per diventare l’ “altro” in modo totale. Essi si trasformano trascendendo i limiti dell’infanzia e, talvolta, anche del genere umano…I giochi rappresentativi dei fanciulli sembrano contenere elementi magici e spirituali…”. (pag. 80). Nello stesso testo con il capitolo :” Maschera: gioco e rappresentazione” l’autore mi ha fornito ulteriori elementi per la mia ricerca sul valore interreligioso del gioco infantile.
“ Il bambino nelle religioni, Ebraismo,  Islamismo, Cristianesimo, a cura di A. Nanni, G.M.A., Editrice Ancora, Milano, 1992”, è ricco di spunti e riflessioni.

 

19)- Le poesie di Rabindranath Tagore raccolte in: “Canto d’infanzia, Tea, Milano, 1996”, potrebbero certamente arricchire la nostra conoscenza della visione del mondo e senso del sacro nell’infanzia. Per  una originale e profonda ricerca interreligiosa sui bambini e la loro spiritualità consiglio  : “Lo stupore  infantile, di Elèmire Zolla, Adelphi, Milano, 1994” .

 

20)- Da : “Canto d’infanzia, op.cit., pag. 81”.

 

21)- “ Donne che corrono coi lupi, op.cit., pag. 418” .

 

22)- “ Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, vol. doppio, Boringhieri, Torino, 1984, pag. 162”.

 

23)- “ Intervista sulla città, di Michelucci,Laterza, pag. 34”. In relazione alla cultura della fiaba e del mito in senso didattico-educativo: “ C’era una volta,crescere con i miti, di Mario Bolognese,Edizioni La Meridiana, Molfetta (Ba), 2000”, comprendente anche la multifiaba: “Quando cadde l’Albero della Vita”.

 

24)- “ Rumi, poesie mistiche, Rizzoli, Milano, 1980, pag. 10”.

 

25)- “ E.Anati, Origine dell’arte e concettualità, Jaca Book, Milano, 1989”.

 

26)- “ Maurizio Calvesi, Arte e alchimia, Art Dossier nr.4, Giunti”.

 

27)- “ Jurgis Baltrusatis, Il medioevo fantastico, Oscar mondatori, 1982, pp. 141-142”.

 

28)- “ Amordialbero, op.cit.”.

 

29)-  “ M.Eliade, Trattato di storia delle religioni, op.cit., da pag. 272”.

 

30)- “ Gioco e giocattolo, Fondazione Comenius, op.cit., pag. 44”.


 
31)-La nostra pedagogia è molto basata sulla luce del giorno…Per cui l’ombra e la notte sono fonte   di paura e inquietudine e quindi rimosse. A questo proposito vorrei riportare queste parole di Jacques  Vidal, tratte da: “Sacro, Simbolo, Creatività, Jaca Book, Milano, 1992,pp. 146,148 : “ Si potrebbe utilizzare questa immagine del “bagno della notte”, essa permette di sentire il contrasto con la luce e il diurno della nostra cultura europea tanto impregnata dal nostra intelletto… Con le evidenze del pensiero, con quelle dell’azione e della ragione, è ciò che noi chiamiamo cultura, civiltà in Occidente. Tutto ciò ci fa grande violenza e ci rende violenti… L’uomo occidentale non sa fare posto al regime notturno… La nostra cultura è diurna. E’ con il nostro spirito che gestiamo la nostra salute, il nostro nutrimento, le nostre relazioni con gli altri, ma manchiamo di anima. Vi è un modo notturno di amare e noi  conosciamo solo un modo diurno”.  Proposte didattiche sull’ombra in : “ I cento linguaggi dei bambini, Scuole comunali dell’infanzia di Reggio Emilia,1987”. A pag. 70 ci sono interessanti disegni ed esperienze al riguardo. Ricordo anche la fiaba di “ombra” in: “Come educare con il mito, per una cultura non sessista, di Mario Bolognese, Sonda,Torino,1997”. L’ombra, come consapevolezza e senso della morte nell’infanzia, con un approccio multietnico, in : “ Clara Serina, I bambini raccontano la morte, riflessioni sulla vita, Clara Serina Edizioni, Milano, 2001”.

 

32)- “ Jairo Anìbal Nino, Mi fa male la pancia del cuore, poesie d’amore dai banchi di scuola, Sonzogno editore, Firenze, 2001”. Ho cercato in una mio testo : “ Poesie d’amore dei popoli primitivi, Edizioni Sapere, Padova, 1999”, di offrire un contributo  poetico-teatrale per una educazione alle emozioni e ai linguaggi dell’anima a bambini e bambine.

 

33)- Per questa intuizione rimando ai due citati testi di Raimon Panikkar ( cfr.nota nr.11).

 

34)- Cfr. nota 22.

 

35)- Da un antico testo di filosofia tibetana, cit. in :” Grazia Marchianò, La cognizione  estetica tra Oriente e Occidente, Guerini e associati, Milano, 1987, pag. 163”.

 

36)-  “Mircea Eliade, Occultismo, Stregoneria e mode culturali, saggi di religioni comparate, Sansoni, Firenze, 1982, pag. 47”. Sul “gioco di mondo” o “campana” : “ I giochi dei bambini, a cura di G.Dossena, Oscar Mondatori, Milano, 1989, pag 90”. Sull’argomento specifico del gioco della campana, sulla sua estensione e sulle raffigurazioni inventate dai bambini, ritengo interessante consultare: “ G.Staccioli, Quando i bambini giocano a campana, CEMEA del Piemonte, Edizioni Il Capitello, Torino, 1994”.

 

37)- “ Marja Gimbutas, Il linguaggio della Dea, Mito e culto della Dea Madre nell’Europa neolitica, introduzione di Joseph Campbell, Longanesi, Milano, 1990”. In particolare sulla “ruota” vita-morte-vita considerazioni interessanti nella sintesi finale: “Continuità e trasformazione della Dea nelle epoche indoeuropea e cristiana”, da pag. 318. Ho usato questo affascinante materiale  iconografico e di pensiero e i “segni” caratteristici della Dea (pag. 12), definiti dalla grande archeologa come un “alfabeto del metafisico” , come immagini e come fiabe , in un  mio libro: “ Come educare con il mito, op. cit. nota 30” , e in alcune esperienze di arteterapia.

 

38)- “ Agamben, Infanzia e storia, op. cit.”. Mi sembra bello, sull’argomento fiore-morte-vita, riportare questa poesia di Leon-Gabriel Gros ( che riprendo da: “ La terra e il riposo, le immagini dell’intimità, di Gaston Bachelard, Red, Como, 1994, pag. 251”, “ Il fiore ha sviluppato radici immense / la volontà di amare malgrado la morte”…

 

39)- Oltre al già citato “ Mi fa male la pancia del cuore” e agli altri libri indicati nella nota nr .32, vorrei suggerire, in riferimento ad altri modelli o principi riguardanti la polarità maschile-femminile: “ Yin e Yang, l’armonia taoista degli opposti, di J. C. Cooper, Ubaldini Editore, Roma, 1982”, e  “ L’androgino, l’umana nostalgia dell’interezza, di Elémire Zolla, Red Edizioni, Collana Arte e Immaginazione, Como, 1989”. Nel capitolo: “ Scambiarsi le vesti, gioco simbolico-rituale contro la rigidità dei ruoli, per una convivialità dei sessi”, in : “ Per un corpo di pace, op.cit., da pag. 165”, ho inserito questo specifico argomento, con ulteriori suggerimenti bibliografici. Nel testo altre 31 proposte di animazione, con schede antologiche, su questa ricerca sperimentale che spera di far incontrare la nostra pedagogia con le risorse interreligiose e interculturali dell’antropologia del sacro. 

 

40)-  Da : “ Wolfgang Lederer, Ginofobia: la paura delle donne, Collana Sessuologia, Feltrinelli, 1973”. Riporto, da pag. 142, questo brano: “…ogni bambina è manifestazione della Dea e, in quanto tale, ha la facoltà di evocare le forze procreative della natura. In particolare esiste in India un certo albero che si ritiene non possa germogliare finché non sia sfiorato dalla mano o dal piede di una fanciulla o di una giovane donna: bambine e giovani donne sono considerate incarnazioni umane dell’energia materna della natura…così le trasferiscono il proprio potere concedendole di partorire gemme e frutti”.

 

41)- La poesia che segue: “ L’albero della pace” è un frutto colto da: “ I’m sorry baby, di Mario Bolognese, Seconda Edizione, traduzione in inglese, francese, tedesco e spagnolo, Edizioni Osiride, Rovereto (Tn), 1995”.  Sono quaranta poesie per il riconoscimento e valorizzazione dell’originale cultura e spiritualità di bambine e bambini.              

 

 “ L’albero della pace
ha radici di donna
che portano linfa e sapienza,
un tronco di uomo
che il mondo apparente
sistema, protegge
e qualche volta corregge,
e foglie e scoiattoli e uccelli
e trepidi giochi
e ritmici incanti
sono la parte bambina
che invita alla danza divina”. (41)

 

 

 

 

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