Maria Pia Quintavalla
Album feriale

di Paolo Rabissi

 

 


Collocata esattamente al centro della raccolta, la lunga composizione intitolata "La piantina", mi sembra che rappresenti, sinanche nel valore metaforico del titolo, il punto d'incrocio, il fuoco, dei motivi che animano tematicamente e formalmente quest'ultimo Album feriale di Maria Pia Quintavalla. Nella poesia in questione, presa coscienza dello stato di malattia della piantina "il cui veleno proviene dal suo centro", la poeta assume su di sé con decisa fermezza - "guardo e amo"- il compito di curarla. "Che sia lei o io, la più ammalata non mi curo:/ so che il mio posto è di guardiana del malato". Il compito non potrà che essere arduo "ma/ le voci che invento, le canzoni o i bassi/ assicurano parole e un bel giardino." (pag.53). In altre parole e fuor di metafora, fattasi Virgilio di se stessa, con l'intima concentrazione e distacco del momento della preghiera, Quintavalla espone se stessa senza reticenze anche al recupero della memoria: "E' là nel corso amico della storia/ che vorrei tornare, precipitare in corsa prender quota - camminare." (pag. 55). L'autrice sembra volerci dire che una volta riconosciuto e accettato il proprio fardello di pene ("il suo segreto/ che è l'assenza di centro e sterno/ vuoto al mondo da mostrare." pag. 54) proprio allora comincia il compito più arduo, quello di conciliare dentro di sé passato e presente, ferite chiuse e aperte, amori perduti e quelli vivi. Ed è questo il compito che viene affidato anche al linguaggio poetico, cioè alle "canzoni" o ai "bassi" che ridicano comunque al lettore l'amore per la vita e la poesia.

Quintavalla recupera così alla memoria -- senza nostalgie né sentimentalismi e con il controllo che le viene da una nuova coscienza di sé e dalla volontà di restare fedele a se stessa "… ma nella sottomissione/ al male e a volontà avverse, a violazioni." (pag. 65) -- la sua infanzia a Parma, l'età dell'insorgenza dell'amore come energia e promessa "di una stella carnale", le delusioni patite. Dedica alla figura del padre una delle sue 'canzoni' più belle e significative per una generazione di donne in fuga dalle angustie del patriarcato: "ho sopportato lui, i detriti/ un calcestruzzo mal digerito/ le ingiuriate abrasioni dei no!". Canta la "maestà profana e bionda" del fiume Po, che l'ha vista crescere, col tintinnio festoso delle sue rime al mezzo.

Partendo da questo tenersi attaccata all'amore per la vita e per le ferite che essa inferisce dentro quel composto unitario e scorrevole che è il suo linguaggio poetico, anche quando memoria, affetti, ragione sembrano disarticolarsi nell'indicibile della sofferenza, la poeta riattraversa quel "mito d'infanzia, mito amoroso del giardino" (pag. 49) fino alla autonoma appropriazione della maternità di sé: la bambina "ferita, interrotta" sarà salvata solo dalle proprie mani "la cui maternità è più che certa più/ che soccorritrice e fedele, la mia." (pag. 69). La bambina ferita fattasi "pensosa donna" (pag. 63) affida alla poesia un ulteriore momento di ri-creazione di sé nell'ultima sezione intitolata "Purgatoriale", una prosa poetica interamente dedicata alla descrizione di un incontro fantasmatico con la madre. Una figura appena abbozzata nello spazio, molto più concretamente presente come voce e musica, a portata di orecchio. Cos'hanno da dirsi le due donne? Il colloquio resta senza parole. Le pagine, tra le più intense della raccolta, sembrano indugiare nel tentativo, consapevolmente destinato a fallire, di restituire alla madre aria e respiro, colori e canzoni : "sentivo come un respiro affettuoso e pieno di domande" (pag 83); "era mia madre quella beatitudine di piccolo rosa e piccolo giallo" (pag 83); "Tu guardavi senza avere l'aria di vedere nulla, giacevi, ti libravi; eri pura musica di spazio" (pag. 87). Sono le ultime righe a svelare che il tono quasi salmodiante dell'intera composizione era appunto quello di una preghiera che da un lato denuncia l'impossibilità del colloquio coi defunti, dall'altro testimonia sentimento e desiderio della loro presenza e protezione: "Ora ed ancora libera nos e respira: inspira omnia pensiero mundi, omnia pensata mundi ritornava più altera e allegra, giacché conosciuta".

Maria Pia Quintavalla
Album feriale
prefazione di Franco Loi
Archinto, 2005
pag. 96, euro 9.50

 

Recensione pubblicata sul Numero 14 della rivista La Mosca di Milano

20- 06- 06