Dopo la Dea

di Aldina De Stefano


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Il Convegno “Dopo la Dea - Religioni come segni di strumenti del patriarcato. Ribellioni delle donne come permanenze e rinascite dell’antico culto” si è tenuto a Bologna il 21 febbraio 2004, nel Palazzo Malvezzi.

Facile da trovare! Bastava seguire la fiumana di persone.

Una già iniziale soddisfazione, credo, per le instancabili organizzatrici dell’ Associazione Armonie, sorprese forse, da tanta vivace  affluenza, incontenibile, nella prestigiosa ma piccola Sala dello Zodiaco. Presenza massiccia dunque di un pubblico andato alla fine via con il desiderio di rimanere.

Avvolto in una spirale non solo di energia e festa,  ma di stimolanti e rigeneranti  pensieri che ci hanno fatto star  bene, come in un ritorno a casa, nella casa delle origini, dell’infanzia del mondo.

Non è nuovo né isolato quest’impegno  delle donne “Armonie” volto alla conoscenza e trasmissione dei valori della religione della Dea Madre.

 Al 2000 infatti risale un altrettanto rincuorante convegno su “Il mito e il culto della Grande Dea” (credo siano ancora disponibili gli atti), da un corso di cultura matristica, e altro ancora.

 Inarrestabili queste donne che proseguono con fedeltà e coerenza  un cammino ormai ben tracciato ma in  continuo divenire e trasformazione. Che sanno estraniarsi dal banale e scontato della cultura ufficiale e  si espongono con limpidezza ( senza pregiudizi e stereotipi) in una tematica - quella   della Dea Madre -  ancora  oggetto di scherno, discredito e denigrazione da parte della monocultura dominante androcentrica e misogina, detentrice di una supposta,  inamovibile verità assoluta.

Davvero ci siamo lasciate/i convincere che non esiste,  non è mai esistito, e non potrà mai esistere,  un altro modo di vivere, credere, pensare, rapportarsi con gli altri, la natura, il sacro, il divino?

Davvero non c’è risposta alla cultura di morte del linguaggio dominante?

Davvero non c’è manifestazione di dissenso a tanta devastazione e inganno?

Com’è che non ci chiediamo più perché   nasciamo dalla madre e portiamo il nome del padre?”

Come è possibile ignorare, anzi, escludere, che  prima del Dio Padre era la Dea Madre?

Nell’esperienza del neonato, la madre è l’universo, e più tardi si trasforma nella percezione dell’universo come madre. Questa concezione del mondo riconosce il potere dell’universo nell’autorevolezza della Madre,  la celebra  nel culto del  femminino divino,  fonda   una civiltà  basata su principi di solidarietà, reciprocità, giustizia.Una società mutuale dove l’altro, l’alterità, è fratello, sorella, amico, amore, natura, terra. Un’etica  che ha al centro la vita. Un vero e proprio sistema ideologico olistico che non conosce separazioni, gerarchie, sovranità,  ma contatto e partecipazione fra i vari regni della natura, e rispetto per l’altro da sé, per la natura. Dove il sacro è in ogni essere vivente e manifestazione naturale.

E ben si è affrettata la dilagante società indoeuropea (circa dal 3.500 a.C.) a reprimerlo. Società basata non sul potere spirituale “per e a favore” ma potere esterno “ su e al posto di” cose, persone, natura, in un arrogante mito biofobico  di sottomissione e prepotenza. Dunque un’imposizione violenta di un sistema di  valori e  classi basata sulla forza, da una religione di un Dio Padre  vendicativo, da una mitologia di deì sanguinari e stupratori, da istituzioni gerarchiche maschili guerriere e aggressive, da una filosofia dualistica che pericolosamente ha diviso uomo donna, umano divino, sacro profano, trascendente immanente, che ha messo al mondo l’idea del male, del diverso, del nemico, della paura dell’altro da sé.

La detronizzazione della Dea comincia con le società indoeuropee, e continua  con  il nascente cristianesimo (è del 313 l’editto di Milano emanato da Costantino in favore dei cristiani, e del 391, con Teodosio, la proibizione dei culti pagani) – supportato prima  dopo e durante da una vasta letteratura misogina dei padri della Chiesa, filosofi, demonologi, inquisitori – che si son  dati un gran da fare per eliminare, cooptare, sostituire, demonizzare, svilire, ogni simbolo, azione e funzione della Dea Madre e di ogni figura femminile.

In poco tempo l’ordine simbolico patristico si è sostituito al tendenzialmente pacifico e biofilo ordine simbolico matristico che  per molti più secoli aveva permeato l’antica Europa.

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 “ Dopo la Dea” è il caos, l’erotizzazione della morte, è il tempo di acuta follia, di sragione,  disordine, squilibrio, vuoto e incertezze, disgregazione, orrori, distruzione, violenza, guerre, tempo di disincanto, di nuovo deserto, di arrogante separazione dalla natura. “Dopo la Dea” ha generato avversità, distacco, estraneità, solitudine, con le conseguenze devastanti che abbiamo sotto gli occhi.

Se è vero che questo universo androcentrico e misogino  ha detronizzato la Dea Madre, dee e sacerdotesse,   ha degradato e demonizzato le donne,  ha cancellato, represso, sradicato, ogni simbolo, mito, segno, azione e funzione della figura femminile, se è vero che è giunto al suo esaurimento, sfinimento,  è possibile e come ricostituire l’armonia, ricomporre lo smembramento, rifondare le rappresentazioni del femminile, ontologicamente portatore di vita?

E’ possibile andare a riprenderci in quel passato che guarisce il presente ed indica nel futuro arcaico (nel futuro alle spalle lo chiama H. Arendt) una davvero auspicabile trasformazione culturale?

Ecco allora che compatte intervengono, preziose, puntuali, attese,  le relatrici, ed un relatore, chiamate/i attorno al tema del convegno.

Generoso, il loro contributo di esperienza, saperi, professionalità, pensiero, sensibilità e intelligenza.

 Si sono susseguite/i  con passione, ironia,  leggerezza, garbo, alternando diversi ed apparentemente distanti punti di vista  che hanno  trovato accordo suonando (che balsamo!) sulla stessa nota, producendo vibrazioni   tra loro, e risonanze nell’attento pubblico.  Un canto all’unisono, ma “fuori dal coro”. Una forza sprigionata forse dal  troppo tacere. Un venir fuori, staccarsi, da pensieri banali, scontati,  mediocri e ipocriti.

Ho provato gioia non tanto e non solo nell’acquisizione di idee nuove, ma nei pensieri da me già pensati che nell’ascolto hanno trovato conferma e conforto.

Con entusiasmo e determinazione, hanno tirato fuori dall’oblio altre verità, le hanno  indagate minuziosamente , senza paraocchi mentali, rigidi stereotipi, travisamenti linguistici e ideologici.

Hanno rovesciato miti, simboli, segni, immagini, raffigurazioni sacre e artistiche.

Il linguaggio, lo sento ancora, era caldo, attivo, costruttivo, creativo, che appartiene alla fluidità, al divenire,  alla possibilità del dialogo, della connessione.

Un linguaggio che ci ha tenute/i svegli in un susseguirsi di ritmi ed armonie affini a ritmi ed armonie naturali.

Con minuziosi studi etimologici, hanno richiamato l’attenzione, già alta, sull’originario significato delle parole. Come in un gioco serrato, inseguono la parola, la decodificano, la smontano, la mondano per riconsegnarcela  pulita, nel suo nascimento, nella sua nudità, nella sua verità.

(E’ stato come se avessero tolto le erbacce infestanti da un orto abbandonato!).

Perché è proprio nell’intenzionale e subdolo travisamento delle parole che s’annida una truffa culturale ed una monolitica visione del mondo monoprospettica.

Con i loro precisi, appassionati e appassionanti interventi, relatrici e relatore hanno manifestato la loro profonda resistenza e risposta  (è l’utopia che diventa prassi politica)  ad un lungo inganno.

Ognuno, nel proprio ambito, a volte con sorprendenti supporti visivi,   ha sottoposto ad una revisione critica ciò che finora è stato accettato per tradizione.  Hanno ricominciato daccapo, nella rielaborazione delle fonti, nella ricerca innovativa, nella riscrittura della storia, e preistoria, da un altro punto di vista, ridisegnando una sorta di geometria sacra che  ricolloca la religione della Dea Madre, del femminino sacro come archetipo e  simbolo di maternità e fertilità, ad un punto fermo. La religione della Terra Madre, vista come femminino eterno, di cui essa è macrocosmo, e le donne altrettanti stupefacenti microcosmi.

Terra e donna fin dalle origini s’intendono per identità di natura e funzioni. In ambedue opera il ritmo  potente e misterioso della vita, davanti al quale l’uomo sosta interdetto, sgomento e impaurito.

Prima delle Sante, della Madonna, di Eva, prima del Dio Padre, era la Dea, e poi le dee, le triadi delle matre, e ancora una moltitudine di piccole dee, anche umanizzate. E donne in carne ed ossa che celebravano l’antico culto. Donne sagge, sapienti, selvatiche, maghe, guaritrici, levatrici, mistiche, streghe. Temute e riverite dalla comunità. Ribelli, indipendenti, libere, economicamente e sessualmente. Non massificate, omologate.

Ci si potrà riconoscere!

Suggerisco  di leggere gli atti del convegno (presentati a Bologna il 5 settembre 2004  e che possono essere richiesti all’Associazione Armonie) per  attingere ad una immensa fortuna di dati, informazioni, sollecitazioni, e  riflessioni  sul  disagio che ci attanaglia.

 Spero che a breve potrà essere distribuito anche il documentario – proiettato la sera della presentazione degli atti – sulla vita e le opere dell’archeomitologa lituana Marija Gimbutas, che ha emozionato tutti, e che tutti vorremmo avere per rivedere e divulgare, come gli atti stessi, del resto.

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Brevemente,  e con gratitudine,   ricordo le relazioni  di :

LUCIANA PERCOVICH,  Libera Università delle Donne di Milano: Immacolate Concezioni:. L’Europa prima della nascita di Dio (supportato da proiezioni).

SELENE BALLERINI, giornalista e studiosa: Le ali e le conchiglie. L’oscuramento di Iside e la genesi di Maria alla luce del martirio d’Ipazia e all’ombra del Concilio di Efeso.

SUSY BLADY, una ricercatrice per caso.Proiezione dell’indagine. A Malta sulle tracce della dea madre .

MARY DALY, filosofa e teologa: La sfida di A- Mazing Grace. La grazia dell’Amazzone.Un’avventura del femminismo elementare del XXI secolo.

ROBERTO NEGRINI,  presidente Akkademia Pansophica : Le enigmatiche Sibille del Libero Spirito. La persecuzione cristiana dell’ultima Gnosi Femminile al tramonto del XIII secolo: dall’annientamento delle prime beghine al rogo di Margherita Porete.

MICHELA ZUCCA, antropologa, coordinatrice Centro multipolare per lo sviluppo sostenibile presso Centro di ecologia alpina, Trento : Sui passi della dea. Stregoneria e resistenza culturale in montagna (con proiezioni)

GIUSY DI RIENZO, scrittrice : Stregheria moderna 

LIDIA MENAPACE, portavoce : Convenzione permanente di donne contro le guerre. 

Rileggendo gli atti mi risuonano ancora  le loro vibranti voci.

Come un’eco, un tam tam, un rullare di tamburi mai sopito e che mai sopisce.

E’ vero. Dobbiamo ricompattarci, riaffermare l’antico patto con la madre terra, perché, lo sappiamo, non ci si salva da soli, ma nella relazione con il tutto.

 Il nostro disagio è forse un senso di separazione dall’unità.

 Separazione che ora spinge verso un ricongiungimento, verso l’idea del ritorno  che mette fine all’esilio.

 Senza più spaesamento,  potremo dire d’essere finalmente a casa.

E allora la nostalgia dell’unità perduta diventa  prassi di riconciliazione, desiderio di recuperare il passato per migliorare la vita qui e ora, per  superare l’alienazione a cui ci ha portato la società dominante,  nella quale non ci si può riconoscere, né si può più fingere di ignorare vivendone ai margini, in orgoglioso isolamento.

L’allontanamento dalle radici vitali della nostra esistenza è la conseguenza del ritirarsi graduale della Dea, che però non è scomparsa del tutto, perché i cicli non cessano mai di susseguirsi, di ritornare, di stupirci, di riportarci al luogo dell’inizio, che è la nostra origine e il nostro destino.

 E’ un mondo, una vita, un pulsare, una voce che torna, come sempre, da qualche parte, tornano le lucciole, le rane, le farfalle, le libellule…

Questa è forse la forza propulsiva e la direzione augurale del convegno, degli atti, del documentario.

 

Sono disponibili gli Atti
relativi al convegno "
Dopo la dea - Religioni come segni di strumenti del patriarcato. Ribellioni delle donne come permanenze e rinascite dell’antico culto"
tenutosi a Bologna il 21 febbraio 2004
 

Il costo è di Euro 12,00 + 7,50 per spese di spedizione in contrassegno


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