Poesie "apparentemente" semplici, quelle
contenute nella raccolta scritta da Alessandra Paganardi, un'insegnante
milanese di filosofia. Semplice e piana è la scrittura, aliena da
estremismi linguistici e da sperimentalismi forzati; breve la misura dei
componimenti, al massimo venti versi, anzi più spesso attorno ai
dodici - quattordici.
Una semplicità che salta all'occhio e che tuttavia, ad una lettura
più attenta, si rivela assai diversa dalla "facilità".
I versi appaiono scolpiti e quasi cesellati in una misura ideale che tende
all'essenzialità classica - l'alternarsi di endecasillabi e settenari,
la corsa imprendibile degli sdruccioli, la lapidarietà spesso monosegnica
o allitterante dei versi brevi - e il lettore avverte sempre in questa tensione
lo sforzo di armonizzare forma e contenuto, espressione poetica e richiamo
ispirativo .
La stessa fisionomia del componimento, pur senza alcuna pretesa di costruire
grafismi o figure da poesia visiva, è attentamente calcolata e padroneggiata,
così da poter essere decodificata già nel suo insieme e da
suggerire al lettore un ritmo ideale di ascolto.
Qui troviamo un discorso scorrevole, soccorso da una punteggiatura essenziale;
là un componimento intenzionalmente non punteggiato, quasi a suggerire
un gioco di sospensioni ancor più discreto e misterioso, a permettere
deliberatamente in chi legge il proseguimento ideale nella fantasia di un'immagine
soltanto abbozzata. Qui un gruppo di distici, o al massimo di brevi gruppi
di versi, subito racchiusi da un finale icastico come una firma, a dare
perspicuità e significato a tutto il discorso; là un verso
che si fa emistichio, ma che la lettura esperta subito ricompone in un settenario,
la cui presa visiva e semantica non sarebbe la medesima se risultasse composto
per esteso. E dove i temi toccano profondità esistenziali antiche
ed irrinunciabili, segreti dell'anima a cui la poesia non può abdicare
come l'amore e la malinconia, ecco che la misura si coarta per un momento
nella sapienza minimale di un haiku.
E, come a dirigere e ad accompagnare questa difficile semplicità,
le parole rivelano un mondo poetico che, senza ingenuità retoriche,
invita la natura su uno scenario abituale di strade, case e balconi che
si intuiscono metropolitani, caotici e in fuga; e i quattro elementi naturali
, nella loro atavica esoterica essenzialità, entrano quasi in ogni
poesia, spesso raffigurando in metafore vive, simili a piccoli "sketch",
un concetto, un ricordo, un'incomunicabilità, un dolore.
Una poesia che rivela sottovoce un lavoro di elaborazione lunghissimo e
silenzioso: l'autrice lo compie da anni in silenzio , con impegno e onestà
intellettuale, nell'appassionata convinzione che coltivare poesia significhi
tendere ad una pienezza di pensiero che può consentirci di ritrovare,
pur nella lacerazione dell'inquietudine, un rapporto di senso con le cose
e con il mondo.
Alessandra
Paganardi
Poesie
Antonio Facchin Editore, 2002
euro
7,50
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