SEMINARIO
"POLITICA DEL VIVERE/VIVIBILITÀ DELLA POLITICA"

ORGANIZZATO A FIRENZE, IL 7 NOVEMBRE 2002,
IN OCCASIONE DEL FORUM SOCIALE EUROPEO


Con Alessandra Mecozzi, AnnaMaria Crispino, Bianca Pomeranzi, Carla Quaglino, Chiara Lasala, Gabriella Rossetti, Lea Melandri, Liana Borghi, Manuela Fraire, Marguerite d'Huart, Maria Grazia Campari, Maria Luisa Boccia, Maria Nadotti, Marina Pivetta, Paola Melchiori, Paola Redaelli, Raffaella Lamberti, Sabina Petrucci, Svetlana Alexievitch

 

In questa occasione vorremmo portare avanti la discussione e il confronto avviati a Roma nei giorni scorsi e allargarli alle tante donne che da tempo fanno opposizione alla "mobilitazione bellica", di cui oggi sono espressione la muta condiscendenza all'occupazione militare della Palestina, la messa a punto dell'aggressione all'Iraq, il silenzio sulla feroce strategia 'preventiva' inaugurata dal governo Putin.

Molte di noi sono da anni impegnate in pratiche ormai consolidate (come quella dell'interposizione pacifica nei luoghi del conflitto armato, della solidarietà con le popolazioni colpite dalla guerra), oppure esprimono il loro dissenso attraverso manifestazioni, dibattiti, attività di studio e informazione, instaurando un dialogo con donne per cui la guerra subita è una realtà quotidiana.

Ci chiediamo come mai questo tessuto ricchissimo di esperienze non riesca a coagulare un discorso che esprima il nostro sguardo, il nostro impegno, le nostre modalità di azione e sia capace di rompere la barriera della "neutralità" e della reticenza che avvertiamo nel pensare e nell'agire di tanti, uomini e donne, con i quali pure condividiamo il "no alla guerra", al razzismo, al dominio del più forte, alle ingiustizie, a un modello di sviluppo di cui si vedono oggi chiaramente tutti gli esiti distruttivi.

Ci chiediamo anche, e ci pare urgente, se dalla riflessione su quelle esperienze sia possibile arrivare a individuare delle modalità per affrontare e combattere la violenza omicida che contraddistingue oggi le relazioni sociali e politiche evitando quell'"alienazione di sé", del proprio sentire, che apre la strada a un'infinita serie di adattamenti, rinunce, omologazioni.