Amour

Natalia Aspesi

 

 

 

In una bella grande vecchia casa parigina piena di libri (tutto il film si svolge tra quelle mura) gli ottantenni Anne e George (Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant) , insegnanti di musica in pensione, vivono le giornate armoniose di chi ha vissuto sempre insieme amandosi e capendosi, e che adesso serenamente invecchia tra concerti, letture e i lavori domestici equamente divisi. Ma Anne è colpita da un ictus, torna dall' ospedale in carrozzella, la parte destra del suo corpo paralizzata: per la coppia, la vita cambia, quella di Anne, che vorrebbe malgrado tutto vivere come prima, è destinata a deteriorarsi.

George affronta con l' amore di sempre la nuova quotidianità desolata della malattia di Anne, che assiste nelle azioni più intime e sgradevoli, allontanando le infermiere che lui sente disumane, accollandosi tutta l' assistenza con una specie di gelosia, tenendo lontana anche la figlia Eva (Isabelle Huppert) come se il suo aiuto potesse essere inopportuno, si insinuasse in quella disperazione che adesso è il loro legame, che appartiene solo a loro due: è lui a cambiarla, a prepararle le pappe, ad accarezzarle le mani per confortarla, a raccontarle storie, anche quando ormai lei non riesce più ad essere coerente, e grida la sua sofferenza, prigioniera del suo corpo immobile. Il suo modo di chiedere a lui l' ultimo gesto d' amore, di aiutarla perché il calvario finisca, è rifiutare l' acqua che dolcemente lui cerca di insinuarle tra le labbra ostinatamente serrate, mentre muta, con lo sguardo indurito, lo fissa perché lui capisca.

Ci vuole molto coraggio, e anche molta intelligenza, perché due attori Jean-Louis Trintignant, 81 anni,e Emmanuelle Riva, 85 anni, in ottima salute, accettino di interpretare gli orrori di una vecchiaia tragica purtroppo non rara. «Ma io mi sono molto divertita, per fortuna io non sono Anne, e lavorare con Haneke è davvero un privilegio. Io sono una persona ancora abbastanza agile, e ho dovuto impararea muovermi con la lentezza dei vecchi». Dice ridendo Emmanuelle Riva, elegante, sottile, con bei capelli grigi e la intensa faccia sorridente di chi non ha mai inseguito la giovinezza e che si era

La Palma d' oro anche questa volta, a Cannes, se l'è presa Michael Haneke che già l' aveva vinta nel 2009 con il potente Nastro bianco e comunque, qualunque film lui faccia, ( Funny Games, La pianista, Cachè, Codice sconosciuto) riesce sempre ad attirare premi su premi da tutto il mondo. D' altra parte è impossibile difendersi dalla fascinazione assoluta e intimidente dei crudeli film del settantenne barbuto autore austriaco; e anche questa volta Amour, in concorso, titolo che dato a una sua opera diventa inquietante, ha tutto per impietrire la giuria, e come sempre coi suoi film, a metterla in uno stato di tale inquietudine, da convincerla ad esorcizzarlo con un premio più o meno massimo.

Ma poi, a parte la solenne, potente sobrietà registica di Haneke, come si fa, nel festival di massimo prestigio, osare mettere da parte l' asperità, la crudeltà, la verità della devastante storia di un lungo amore che la vecchiaia e la malattia deteriorano sino alla morte? E soprattutto, come si potrebbe far finta di niente quando i due vecchi protagonisti, Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, rappresentano la storia del grande cinema del passato,e solo il genio del regista li ha convinti a tornare sullo schermo, segnati dal tempo e dai dolori della vita, quello schermo che hanno illuminato per anni con la loro elegante giovinezza, il loro fascino intelligente?

 

Da Repubblica.it

5-11-2012

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