Donne lesbiche, una minaccia al potere maschile

di Anita Sonego

 

Domenica scorsa gli “Stati Generali” dei movimenti Lgbtq italiani, riuniti a Bologna, hanno espresso la loro partecipazione alla manifestazione del 24 contro la violenza sulle donne. Non si tratta di un’adesione “morale” ma della consapevolezza che esiste un nesso profondo tra la violenza che viene esercitata contro le donne e quella, altrettanto quotidiana, subita dalle lesbiche, i gay, i/le trans.

Il nesso è facilmente individuabile nell’ insopportabilità -per una società patriarcale- di ogni forma di esercizio di libertà che si presenti come una messa in discussione del potere e del pensiero unico: quello maschilista ed omofobo. Infatti, ogni forma di autonomia di coloro che sono stati e si sono vissuti come “altri” in rapporto all’unico soggetto detentore del potere e della forma più “alta” dell’umanità: il maschio eterosessuale, è percepita quasi come provocatoria.

Il retaggio di una storia di potere fondata sulla sopraffazione dell’altro (e dell' “altro” per eccellenza: la donna) è ancora oscuramente viva spesso anche dentro e dietro le idee socialmente più avanzate e progressiste. Colui che ha potuto descriversi creato ad immagine e somiglianza di Dio e dal cui corpo, lo stesso creatore, estrasse quello femminile, sembra non essere in grado di trovare un senso al proprio vivere se non relazionandosi in maniera violenta verso tutte/i coloro che sono fuori dal proprio ambito di potere.

La violenza contro le donne ha  certamente a che fare con un senso di smarrimento, rabbia, sconcerto ed incomprensione verso coloro che stanno cercando di vivere in libertà ed in autonomia e non “in funzione di...” E’ compito precipuo degli uomini, quindi, fermarsi, guardarsi allo specchio e tra loro e chiedersi dove stiano le radici delle loro paure.

Quel sordo disprezzo che sfocia spessissimo in violenze fisiche e non solo verbali contro le lesbiche ma anche contro i gay, i/le trans da parte dei maschi l’ho sempre considerato insopportabile ma anche la manifestazione di un’estrema debolezza che ha bisogno della violenza verso chi ti interpella mettendo in dubbio l’assolutezza degli stereotipi e dei giudizi di valore introiettati.

Sono convinta che per la violenza contro le donne, l’omofobia e la transfobia valgano le parole che Kapuscinski ha usato per la xenofobia: “malattia di gente spaventata, afflitta da complessi di inferiorità e dal timore di vedersi riflessa nello specchio della cultura altrui”.

Se la donna autonoma rappresenta una minaccia al potere maschile una lesbica, che non orienta il suo desiderio ed il suo amore verso i maschi, mette in discussione quanto troppo spesso è dato per scontato (anche da molte donne, soprattutto dalle madri): che gli uomini devono essere amati, accuditi, consolati dalle donne!

Se è indispensabile una azione collettiva per denunciare la violenza crescente contro le donne, le lesbiche possono portare a questo movimento una loro voce specifica. Spesso per le lesbiche-e scrivo questo per esperienza profonda- è frutto di un lavoro faticoso e politico su di sé accettarsi come dissonanti, non previste, in un mondo che promuove l’omologazione e che tende, nel migliore dei casi, a fare delle diversità una pappetta indistinta. Se noi lesbiche possiamo dare un contributo al movimento che denuncia la violenza degli uomini sulle donne credo che consista anche nell’ indicare agli uomini la strada del faticoso conoscersi che noi abbiamo dovuto compiere non solo per accettarci ma per scoprire il valore e la ricchezza della nostra diversità.

I politici italiani, che stigmatizzano la violenza del rumeno o cingalese di turno, dovrebbero riconoscere quanta feroce violenza  sottenda la loro opposizione alle richieste delle lesbiche e dei gay che, considerandosi “completamente umane/i”, esigono piena cittadinanza. Le loro scelte politiche nascono all’interno della stessa logica violenta che non ammette uguale dignità per tutti gli umani.

Agli uomini, anche a noi vicini, che fanno politica e che non vogliono vedere quanto essa sia intrisa di violenza contro le donne ricordo in maniera accorata il brano di un articolo scritto da Elettra Deiana su questo giornale il 2 ottobre: “Oggi la politica in crisi continua a blaterare –e ad agire- con voce maschile su tutto anche quando…è così evidente ormai la portata globale e spiazzante della rivoluzione femminile, i segni del conflitto e delle contraddizioni tra i sessi che essa ha reso laceranti”

In particolare ai “compagni” che leggeranno queste righe chiediamo/pretendiamo un percorso di consapevolezza anche faticosa.

Per caso, in questi giorni, ho letto questi versi di Pasolini che mi paiono quanto mai attuali e che offro ai “compagni”:

“E io qui, con questa scheggia

Immateriale in cuore, quest’involuta

Coscienza di me, che si ridesta a un attimo

Della stagione che muta”

Sì, la stagione muta. Forse è già mutata.

 

 

 articolo pubblicato nell'inserto di Liberazione di domenica 18 novembre 2007

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