Il maschio assente
di Manuela Cartosio

 


Qualunque cosa si pensi dell'8 marzo, va registrata una coincidenza: l'editoriale del direttore (maschio) del Corriere della sera e il tira e molla sul duello in tv tra i leader (maschi) dei due Poli sono stati i fatti politici salienti della «Giornata della donna». Da Ciampi in giù sono arrivati i soliti fervorini.

Le donne milanesi, promotrici della grande manifestazione del 14 gennaio, con una lettera all'Unione avevano avanzato una proposta intelligente per togliere polvere, ritualità e mimose dalla data dell'8 marzo: un incontro all'Umanitaria con candidati e candidate del centro sinistra, invitati loro - questa volta - a «uscire dal silenzio» della politica neutra. Che si ricorda della differenza di genere solo quando ci sono da compilare le liste non dei candidati ma, con la nuova legge elettorale, dei «nominati» dai partiti. Mercoledì sera il Salone degli Affreschi era zeppo di donne, una costante da novembre in qua a Milano che, da sola, meriterebbe l'attenzione della politica organizzata. C'erano molte candidate, ma solo un paio di candidati e, sia detto senza offesa, di caratura locale. Più che offensiva, l'assenza di esponenti maschi dell'Unione è stata stolida.

Il candidato sindaco Bruno Ferrante non si è visto. Fosse venuto, si sarebbe accorto che nessuna è tentata dal «vota donna», se la donna in questione è Letizia Moratti. Certo, Prodi ha una fitta agenda. Doveva comunque trovare il modo per accusare ricevuta: la lettera delle donne milanesi non è tenera con il programma dell'Unione e tocca a lui rispondere.

Il ruiniano Rutelli ha fatto bene a stare a casa: la legge 40 a lui piace e candida la presidente del Comitato «Scienza e vita» che ha tirato l'astensione al referendum. Fassino e D'Alema non hanno dimestichezza con il femminismo, ma sono sufficientemente stagionati per aver imparato alla scuola di partito che una manifestazione autorganizzata di 200 mila persone, per di più a pochi mesi dalle elezioni, non si snobba. Invece l'hanno fatto e, questo è il guaio, senza neppure accorgersene.

L'assenza politicamente più misteriosa è stata quella di Bertinotti (imbarazzo per i Pacs usciti dal programma?), compensata però dal grande contributo dato da Liberazione alla ripresa del movimento delle donne e dalla presenza all'Umanitaria di due candidate di Rifondazione (Maria Luisa Boccia e Giovanna Capelli) femministe doc.

Tra le candidate Ds, c'erano Barbara Pollastrini e Gloria Buffo. La prima ha ammesso che sui Pacs «l'Unione ha sbarellato». La seconda ha onestamente ammesso che, in caso di vittoria dell'Unione, «andrà aperto un conflitto autorevole all'interno del centro sinistra», la libertà femminile essendo considerata merce poco appetibile dalla politica, sia a destra che a sinistra.

Ma noi, ha obiettato Susanna Camusso, segretaria della Cgil lombarda, vogliamo sapere adesso, non dopo, se l'Unione considera le donne un soggetto politico maggiorenne e responsabile o un soggetto debole da elencare con vecchi, bambini, handicappati. Le assenze maschili veicolano la risposta, eternizzano la «questione femminile», confermano la rimozione operata dalla polita della relazione tra i sessi. Una rimozione che Lea Melandri, con la consueta verve, ha saputo esemplificare citando una frase di Prodi per l'8 marzo. «Dice che le donne fanno bene alla democrazia. Siamo un ricostituente, una vitamina. Peccato che quella di Prodi sia una dieta dissociata. Quando parla di donne non nomina mai gli uomini e viceversa. Del rapporto tra donne e uomini la politica non parla mai».

Con alla spalle la «forza» della manifestazione del 14 gennaio, l'assemblea delle donne milanesi «non firma cambiali in bianco all'Unione, giudicheremo in piena autonomia». L'incontro all'Umanitaria era cominciato con queste parole di Assunta Sarlo. E' finito con la sensazione amara che i vip maschi dell'Unione di quella forza non sappiano che farsene o che, addirittura, la temano.

 

questo articolo è apparso su il manifesto del 10 marzo 2006