Le donne milanesi, promotrici della
grande manifestazione del 14 gennaio, con una lettera all'Unione avevano
avanzato una proposta intelligente per togliere polvere, ritualità e
mimose dalla data dell'8 marzo: un incontro all'Umanitaria con candidati e
candidate del centro sinistra, invitati loro - questa volta - a «uscire
dal silenzio» della politica neutra. Che si ricorda della differenza di
genere solo quando ci sono da compilare le liste non dei candidati ma, con
la nuova legge elettorale, dei «nominati» dai partiti. Mercoledì sera il
Salone degli Affreschi era zeppo di donne, una costante da novembre in qua
a Milano che, da sola, meriterebbe l'attenzione della politica
organizzata. C'erano molte candidate, ma solo un paio di candidati e, sia
detto senza offesa, di caratura locale. Più che offensiva, l'assenza di
esponenti maschi dell'Unione è stata stolida. Il ruiniano Rutelli ha fatto bene a stare
a casa: la legge 40 a lui piace e candida la presidente del Comitato
«Scienza e vita» che ha tirato l'astensione al referendum. Fassino e D'Alema
non hanno dimestichezza con il femminismo, ma sono sufficientemente
stagionati per aver imparato alla scuola di partito che una manifestazione
autorganizzata di 200 mila persone, per di più a pochi mesi dalle
elezioni, non si snobba. Invece l'hanno fatto e, questo è il guaio, senza
neppure accorgersene. Tra le candidate Ds, c'erano Barbara
Pollastrini e Gloria Buffo. La prima ha ammesso che sui Pacs «l'Unione ha
sbarellato». La seconda ha onestamente ammesso che, in caso di vittoria
dell'Unione, «andrà aperto un conflitto autorevole all'interno del centro
sinistra», la libertà femminile essendo considerata merce poco appetibile
dalla politica, sia a destra che a sinistra. questo
articolo è apparso su
il
manifesto
del 10 marzo 2006 |