E’ finita l’ora di una sinistra di soli uomini

di Angela Azzaro


Roma, 20 ottobre 2007


Avevano detto di essere le fuori programma e lo sono state. Per i cartelli, per gli slogan, per la radicalità nella radicalità. Sono entrate e uscite dal corteo le femministe che ieri hanno partecipato alla manifestazione con una serie di richieste che non erano rivolte tanto e solo al governo Prodi - a cui però hanno urlato più volte «vergogna» - ma ancora prima alla sinistra.
«Cosa rossa è femminista o nata morta» diceva un cartello centrando la questione del futuro immediato. Cioè il fatto che se la sinistra (accusata di sessismo) affronta l’unità e l’innovazione con un patto solo tra uomini e tra leader non va da nessuna parte. Nasce morta, appunto.
Ora la sfida è già rivolta al domani, ma con una piattaforma molto chiara e molto netta che ieri è stata evidenziata dall’eccentricità dei corpi, delle voci, dalla loro totale dissonanza.

Il no a una politica monosessuata è infatti pieno di contenuti che sono la laicità, il rispetto delle libertà individuali, il no alla precarietà di vita e negli affetti. Come è possibile che questi temi siano ancora considerati secondari? Questioni da mettere come corollario alla contraddizione capitale e lavoro?
La questione è aperta, quasi una ferita, che non si rimargina in un’ora, né con un corteo. Da domani il conflitto riprende con la consapevolezza che la voce delle Fuori programma non sarà facilmente ascoltato, che per realizzarlo bisognerà spendere ancora molte parole, molte battaglie. Ma anche con la certezza che le donne non si tirano indietro: non sono disposte ad accettare patti che ancora una volta le mettano da parte, le considerino ancelle di un progetto, di pratiche, di contenuti a misura di uomini.

La manifestazione di ieri è dentro questa contraddizione: da una parte un blocco «storico» di militanti e dall’altra le schegge di una soggettività più aperta, complessa, che rompe con l’identità del maschio comunista eterosessuale. Le fuori programma e la partecipazione del movimento lgbtq hanno lanciato questo segnale, hanno portato dentro il discorso dominante sul welfare le loro storie di vita, la loro sessualità, la loro critica a un mondo machista.
E’ una rottura importante, preziosa, che dobbiamo coltivare per dare alla sinistra quella carica umana e politica che ha perso per strada. Si tratta di riscrivere un dna in grado di affrontare la crisi della politica, di rilanciare un progetto comune di società. Un sogno comune, sì, ma questa volta sognato insieme alle donne, insieme alle lesbiche, ai gay, alle trans. Insomma un nuovo sogno e una nuova idea di società che ancora va costruito.

Il grande successo della manifestazione da questo punto di vista non ci deve ingannare. Bisogna stare attenti a non prendere scorciatoie e a non tradire la ricchezza rappresentata dalla pluralità di soggetti che hanno firmato l’appello iniziale e che hanno organizzato la giornata.

E’ un cammino lungo, dove le tentazioni politiciste e leaderiste saranno sempre dietro l’angolo. Alcuni segnali di cambiamento si possono però dare subito, per esempio mettendo accanto alla critica del patto sul welfare e della precarietà, la richiesta immediata dell’approvazione di una legge sulle unioni civili, la cancellazione della legge 40 sulla fecondazione assistita, una campagna contro la violenza degli uomini che uccidono le donne e contro la discriminazione di gay, lesbiche, trans.
Se questo non accadrà, se questi temi ancora una volta non entreranno nell’agenda politica della sinistra con maggiore visibilità, sarà uno scacco. Non per le Fuori programma o per il movimento lgbtq, ma per chi continua a far finta di nulla.

 


Per vedere il video sulle Fuori programma alla manifestazione nazionale del 20 ottobre entra nel sito www.forumdonne.org

 

Questo articolo è uscito su Liberazione del 21 ottobre 2007