Il 24 novembre non
sarà una giornata qualsiasi. Non lo sarà sicuramente per tutte coloro che
hanno deciso di scendere in piazza per una manifestazione nazionale a Roma
(ore 14) contro la violenza degli uomini sulle donne.
La data non è
casuale. Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza
sulle donne. Una data che in Italia ha assunto in questi anni rilievo,
man mano che hanno iniziato a circolare i dati.
L’appello, con molto
coraggio, lo dice chiaramente: chi uccide non è un deviato, non è un
pazzo. Non è il cosiddetto straniero, né lo sconosciuto. Chi uccide è
dentro casa, ti sta accanto. E’ il cosiddetto uomo normale. L’appello, frutto dei punti condivisi emersi nella scorsa riunione nazionale, parla di un appuntamento in cui le donne rifiutano di essere considerate vittime, mettono sotto accusa patriarcato e maschilismo, denunciano l’arretramento della relazione tra i sessi. E dicono: non nel nostro nome quando si usano le violenze contro le donne per fare discorsi sicuritari e per alimentare la retorica sull’ordine pubblico. Non servono scorciatoie legislative, serve un salto di civiltà. «Scendiamo in piazza - si legge nell’appello consultabile sul sito www.controviolenzadonne.org - e prendiamo parola per affermare, non come vittime ma come protagoniste, la libertà di decidere delle nostre vite nel pubblico e nel privato. Scendiamo in piazza per ribadire l’autodeterminazione e la forza delle nostre pratiche politiche».
Il dibattito di
domenica scorsa ha dimostrato come l’esperienza di lotta, di riflessione,
di relazione sul tema sia molta. Al 24 novembre non si arriva impreparate.
Si arriva soprattutto con dietro il bagaglio dei centri antiviolenza e
delle case delle donne. Delle tante operatrici, assistenti sociali,
avvocate che in questi anni sono state in prima linea.
E’ per questa
ragione che i centri antiviolenza presenti all’assemblea chiedono di
approvare il Piano nazionale antiviolenza. Cioè di puntare sulla
prevenzione, sulla formazione, sul potenziamento delle strutture e dei
finanziamenti a loro disposizione. Ognuna potrà dare alla manifestazione l’accento e la sfumatura che ritiene più importanti: portare i suoi contenuti, le sue richieste, la sua conflittualità, le sue modalità d’espressione. Quello che intanto si percepisce in questa fase iniziale è che il 24 non sarà una manifestazione in difensiva e che dentro il no alla violenza maschile passa una sfida generale al potere degli uomini in famiglia, nella società, nella politica.
La manifestazione
dice: la violenza contro le donne è un problema degli uomini. Ribalta,
sposta l’attenzione, mette a fuoco i colpevoli. Non è un caso. Il
femminismo italiano, la ripresa di entusiasmo per molte dopo la
manifestazione di
Usciamo dal
silenzio di due anni fa, la capacità di tante realtà di mettere
insieme teoria e pratica segnano anche questo percorso e gli danno una
marcia in più.
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