Vaticano, l’eclissi della ragione
di Angela Azzaro

 

I Pacs come manifestazione della crisi della verità, l’aborto come un delitto abominevole che va punito, la fecondazione assistita e la contraccezione come mali da sconfiggere. Sono questi per il Vaticano i segni dell’«eclissi di dio». Parole contenute nel documento “Famiglia e procreazione umana”, presentato dal Pontificio consiglio per la Famiglia diretto dal cardinale Alfonso Lopez Truillo. Sono concetti che le gerarchie cattoliche hanno ripetuto in questi mesi senza stancarsi, ma che oggi hanno toni più violenti e assumono un significato più forte. E’ in atto uno scontro tra un potere che si ritiene assoluto e la società civile, tra il fondamentalismo e la libertà dell’individua e dell’individuo.

Il documento, pur non controfirmato dal pontefice, riprende e sistematizza i passi più significativi di altri scritti di Benedetto XVI ed è il documento con cui il papa si presenterà, tra un mese, a Valencia per l’incontro mondiale delle famiglie. E’ il programma del nuovo Pontificato e spiega bene quale sia la vera natura dello scontro e quanto la Chiesa cattolica non sia disposta a cedere su nessun punto.

In gioco non c’è la fede, come qualsiasi credente può confermare, in gioco c’è il potere delle gerarchie, il controllo sulla comunità che passa storicamente attraverso un’idea precisa di società: quella fondata sulla famiglia eterosessuale (il matrimonio) e sul potere maschile. Usare l’accusa di «eclissi di dio» è tanto più inaccettabile perché si serve di una questione teologica per giustificare un fine terreno. Esclusivamente politico.

Non a caso si mettono insieme Pacs, aborto, fecondazione assistita e si attaccano così pesantemente gay e lesbiche (è la prima volta che compare questa parola in un testo vaticano) rei di chiedere gli stessi diritti delle persone eterosessuali. Sono i tasselli che fanno saltare il castello del potere. Sono le questioni su cui oggi si delinea la grande sfida di civiltà, la sfida di uno stato laico: uno stato dove non si afferma una sola verità per legge ma che consente, nel rispetto delle altre e degli altri, di fare le proprie scelte nelle relazioni, nella procreazione, nell’idea che si ha della vita (quando inizia? l’embrione è persona?).

Si potrebbe obiettare che la Chiesa deve necessariamente affermare queste posizioni. Sono intrinseche alla sua ideologia e alla sua istituzione secolare. Ma non è così. Sicuramente non lo è sul fronte dei Pacs. Ma non lo è neanche sul fronte dell’aborto: una cosa è pensare, da cattoliche, che l’embrione è vita e pertanto decidere di non ricorrere all’interruzione di gravidanza; altra cosa è dire che questa idea della vita debba essere obbligatoria per legge. E’ qui che passa il confine tra fede e fondamentalismo. Il primo comitato di bioetica nacque nel 1971 a Washington, alla George Town University, in ambiente cattolico: la sua aspirazione era quella, non di creare o imporre una nuova etica, ma di mediare tra le diverse posizioni in un terreno così delicato come quello della vita, del corpo, della ricerca scientifica.

Oggi la Chiesa, nelle sue alte sfere, la pensa diversamente. La sua non è una scelta dovuta, è una scelta a difesa di se stessa e dell’ordine che meglio la farebbe sopravvivere così come è: una suddivisione di ruoli molto rigida tra l’uomo e la donna. L’attacco al femminismo come fattore che ha contribuito alla crisi, contenuta nello stesso documento, va letto in questo senso.

Le donne dal Novecento fanno disordine, hanno scardinato la costruzione sociale e identitaria su cui si fonda la Chiesa, corrodono il potere costituito, a partire da quello del Vaticano. Sono una minaccia, ma solo per chi vuole mantenere un sistema basato sulla subalternità di un sesso all’altro.

E’ questa la posta in gioco. In Italia più che mai dove la presenza del Vaticano ha bloccato i processi di cambiamento sul piano dei diritti, ma anche dei costumi e dei ruoli. I primi segnali del governo sono contraddittori, perché contraddittorie sono le posizioni.

La decisione di istituire una commissione di bioetica affidata al ministro dell’Interno Giuliano Amato è il chiaro segnale di voler arginare le aperture di Mussi alla modifica della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita. Amato è noto per le sue posizioni pro Vaticano, mentre poco si sa dei compiti che verranno svolti dalla commissione da lui presieduta e composta da alcuni ministri. Venerdì finisce il mandato il Comitato nazionale di bioetica che in questi anni avrebbe dovuto fare il punto sulla ricerca e elaborare pareri.

Sarebbe importante che si facesse chiarezza sul ruolo del ministro dell’Interno e che si puntasse sulla nuova composizione del Comitato nazionale: ora solo di esperti, quasi tutti giuristi - circa 40 su 56 - dovrebbe invece aprirsi alle femministe, alle laiche e ai laici della società civile diventando davvero un luogo di discussione e di suggerimento per il governo e il Parlamento. E’ un appuntamento importante: sulle questioni inerenti la bioetica e i Pacs si definiranno gli equilibri e il carattere del governo Prodi. Il suo essere di centro o di sinistra.

Il corpo, la sessualità, le relazioni, tutto ciò che prima era confinato nella sfera privata, hanno conquistato la scena pubblica. Proprio per questo richiedono uno sforzo in più da parte della politica, un passo indietro da parte del Vaticano. La presunta eclissi di dio non mascheri l’eclissi della ragione e delle libertà.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 7  giugno  2006