Intervista a Elisabeth Badinter

Il bimbo: il braccio armato del patriarcato
di Anne Crignon e Sophie des Déserts

 


Ha voluto scrivere una sorta di “libro nero della maternità”?
No, questo libro è un grido di allarme. Ho desiderato pubblicarlo per trent’anni, giorno dopo giorno, dopo aver scritto L’amore in più, storia dell’amore materno, cercando di fare il punto su quanto è successo dal 1980 a oggi. Ciò che conta per me è la libertà di scelta delle donne, la parità dei sessi, entrambi ostacolati dal modello di donna “madre-perfetta” oggi dominante.

La donna si trova ad affrontare una rivoluzione che vuole rimettere la “maternità al centro del destino femminile”. La crisi economica e “l’offensiva del naturalismo”, inoltre, contribuiscono a riportarla al suo ruolo di madre. Ma non dovrebbe essere una scelta?
Sì, per una parte di loro è una scelta. Le donne che hanno una reale vocazione alla maternità hanno sofferto un isolamento negli anni ‘70. Per loro, probabilmente si tratta di un miglioramento. Anche se non so quel che accadrà loro una volta cresciuti i figli. Ma è una loro scelta, assolutamente rispettabile. Mi metto però dalla parte delle donne che vogliono essere madri senza dover rinunciare al lavoro e a una vita sociale. Le pressioni e il senso di colpa per chi ha queste ambizioni non sono mai state così forti come in questo periodo. Quando si promuove il modello di una madre che deve allattare al seno, di fatto la si induce a rimanere a casa con il proprio figlio, a lavorare part-time e con salari ridotti… finchè la coppia dura, tanto meglio. Ma dato che una coppia su tre divorzia, è chiaro che sono proprio le donne ad essere penalizzate.

L’allattamento al seno può non essere così alienante…
Basterebbe allora tornare al lavoro grazie all’uso del tiralatte?
Certo, chi lo vieta?
Lo vieta ogni discorso ispirato al naturalismo che vede la diversità delle scelte come un ritorno al passato: un passo indietro che assimila la donna-madre alla scimpanzé madre, come ha scritto la primatologa Sarah Hrdy. Quando si fa appello alla natura, non c’è via di scampo.
Sì, è determinismo, sembra odioso
Odioso!

Studi scientifici rigorosi, proprio come quelli di Sarah Hrdy, stabiliscono che l’istinto materno non è un mito.
Le lascio la responsabilità di questa affermazione. Non posso accettare che la prolattina e l’ossitocina, due ormoni materni, regolino le leggi umane. L’inconscio, la storia personale di ciascuno ed i modelli sociali prevalgono sugli ormoni. Il desiderio umano non è riducibile alla biologia, si può andare contro, fermare la montata lattea. E se l’allattamento è davvero questa delizia dei sensi descritta da Sarah Hrdy, come mai sono così numerose le donne che decidono di interromperlo dopo poche settimane?
Nel suo libro ci sono donne che rivendicano la scelta di non avere figli. Ma in questa scelta non si cela anche una vena di rimpianto?
Nella mia ricerca ho raccolto fedelmente quello che le donne, soprattutto le donne tedesche, mi hanno raccontato. Non sono una psicanalista…

Non pensi che se il femminismo di Simone de Beauvoir ha così poca eco al giorno d’oggi è perché ha escluso la maternità dalla sua vita e dalla sua opera?
Non c’è dubbio che Beauvoir abbia sottovalutato la questione della maternità. Una volta le ho chiesto: «Hai mai desiderato di essere incinta?». Mi ha risposto di no, ma le ho creduto solo a metà. Credo che l’esperienza della maternità sia una tale avventura che anche chi non vuole bambini la sogni almeno una volta.
E l’istinto di riproduzione?
No, basta con queste storie!

Continua a pensare, dopo Beauvoir, che la madre sia una figura sociale costruita?
Sì. Per esempio, penso che la maternità ormai è considerata talmente un fatto di natura che è semplicemente vietato vederla come un’esperienza stressante. Se fossimo state naturalmente determinate ad essere madri, allora saremmo tutte dei fenomeni della maternità. E invece c’è un numero incredibilmente alto di bambini abbandonati e maltrattati. Ammiro le donne che, prima di fare figli, si chiedono: «Sarò in grado di prendermene la responsabilità?»

Lei scrive che «il bambino è il miglior alleato della dominazione maschile» ...
La formula è volutamente provocatoria. Nel 1970, ci fu un tentativo di esercitare pressioni sui padri affinché condividessero tutto. Poi il discorso è scomparso. Se ci ostiniamo a considerare che è proprio l’allattamento al seno a creare il rapporto madre-bambino, continueremo a giustificare la distanza dei padri.

Eppure ci sono sempre più papà all’uscita delle scuole e degli asili
Certo, ma l’80% del lavoro continua a ricadere sulle donne, come dimostrano gli studi dell’Istituto nazionale demografico. È un vero fallimento per noi femministe. Non abbiamo fatto abbastanza pressione, oppure le donne da sole non possono cambiare nulla.

Sembra, leggendo il suo libro, che essere madre sia un dono.
Sì, è un dono in gran parte creato dai proprio genitori e da come è stata vissuta la propria infanzia. Ci sono donne che riescono a vivere la maternità in modo equilibrato. In effetti io credo che una buona madre sia proprio quella che riesce a trovare la giusta distanza. Né troppo né troppo poco.
E lei l’ha trovata?
Sono una madre “mediocre”, come credo la stragrande maggioranza delle donne. Spesso, ci sembra di fare bene e ci rendiamo solo dopo molto tempo di aver commesso errori.

*copyright Le Nuovelle Observateur

 

da Gli altri del 26 febbraio 2010

 

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