Dopo l'assemblea in difesa della legge 194 tenutasi alla Camera del Lavoro di Milano il 29 Novembre 2005

"Sulla 194 il femminismo non c´entra nulla"

Anna Bandettini intervista Lea Melandri



La sua storia racconta gli anni spericolati e dirompenti del femminismo milanese (e italiano): gli anni Settanta, i gruppi di autocoscienza, i collettivi Demau, Rivolta Femminile, Anabasi, i consultori, la Libreria delle Donne in via Dogana, l´uscita di Quotidiano Donna, la Libera Università delle Donne... E i suoi libri, L´Infamia originaria, Come nasce il sogno d´amore... restano il segno diverso di un´epoca straordinaria. Lea Melandri oggi ha 64 anni e insegna ancora alla Libera Università delle Donne. Conserva il carattere solare e non ha mai smesso di tenere le fila dei rapporti tra le donne: ha continuato a muoversi sui treni, a spostarsi di qua e di là, da un seminario all´altro e a infiammare di passione le sue interlocutrici, come l´altra sera alla Camera del lavoro parlando di liberazione femminile ma anche di responsabilità maschile in fatto di sessualità a mille e più donne autoconvocate per la difesa della 194, la legge che tutela l´aborto. Con Cristina Pecchioli, Assunta Sarlo, Susanna Camusso, Lea Melandri ci sarà anche alla seconda autoconvocazione del 18 dicembre e ha sottoscritto l´appello per una manifestazione nazionale il 15 gennaio qui a Milano sul sito ufficiale: www.usciamodalsilenzio.org. «Felice?
Sono felicissima. Da anni aspettavamo una cosa così».
Troppi anni di silenzio delle donne?
«Macchè silenzio. Le donne non sono state affatto zitte. Produzioni di pensiero e scritture ci sono state. Solo che tutto è rimasto chiuso all´interno di gruppi e associazioni. È mancata la forza politica, la spinta a modificare la realtà. L´assemblea dell´altra sera ha aperto una breccia».
I giornali hanno scritto: "È come essere tornati a trent´anni fa". Lei che dice?
«Ma no. Un conto è il piacere di ritrovare momenti aggregativi come è stato l´altra sera, ma non vedo nessuna nostalgia regressiva. Nulla è come trent´anni fa. Molte cose sono cambiate».
Parole d´ordine? Contenuti? Cosa?
«Il femminismo anni Settanta era legato al movimento antiautoritario, nasceva da una rivolta contro i padri e contro le madri».
Anche per lei fu così?
«Io ero già grande. Arrivai a Milano nel ‘67 dalla provincia romagnola dove sono nata e cresciuta, ero già laureata, cominciavo ad insegnare a scuola. Incontrai il movimento antiautoritario e fu il primo scossone. Poi il femminismo che fu davvero una rivoluzione delle vite. Agì direttamente sul contesto in cui vivevamo».
In che modo?
«Il femminismo di quegli anni fu un salto storico rispetto alle precedenti battaglie delle donne, fu uno strappo dalle madri innanzitutto. Perché spostando l´analisi e le battaglie per i diritti nella zona più lontana dalla vita pubblica, cioè nel privato, le femministe premettero l´acceleratore arrivando alla riscoperta dell´inconscio, dunque alle zone profonde del rapporto con la madre. Fu una novità assoluta che noi portammo avanti in modo radicale con la pratica dell´inconscio, i gruppi di autocoscienza e tutte quelle cose lì».
Veniamo a oggi. Di trentenni l´altra sera se n´è viste poche.
«Se c´è un limite nelle trentenni di oggi è che si sono fidate delle conquiste della generazione precedente. È vero che le trentenni sono tiepide sull´aborto. Perché lo danno per acquisito. D´altra parte tutta la problematica del corpo che negli anni Settanta avevamo portato allo scoperto, oggi è diventato un tema alla portata di tutti, addirittura sovraesposto. Maternità, seduzione, sessualità, temi su cui ci muovevamo noi, oggi ci vengono buttati addosso dal contesto sociale. Ed è anche per questo che la Chiesa è partita in quarta contro la 194».
Cioè?
«L´uscita delle donne dal ruolo storico di donne-madri, dall´identificazione della sessualità con la procreazione è per la Chiesa un disordine sociale inaccettabile, come lo sono i Pacs e l´omosessualità. L´attacco alla 194? Secondo me - ed è peggio - è un accerchiamento, un´intimidazione, qualcosa che lavora sulle coscienze. Ecco perché va difesa la legge e l´autodeterminazione della donna».
Come vede questa onda femminile che si è finalmente mossa?
«Bene, perché questa nuova spinta è più consapevole che il rapporto uomo-donna è essenziale per tutte le civiltà, anche se non ha nella politica il posto che si merita. Oggi sappiamo che linguaggi e saperi si costruiscono a partire dalla relazione uomo-donna e dal dominio dell´uno sull´altro. Quindi anche gli uomini devono arrivare a una consapevolezza della loro sessualità, parlare con le donne di liberazione, violenza... Anche perché quando gli uomini depongono la maschera, la sanno molto più lunga di noi sul dominio maschile».

Nel sito www.usciamodalsilenzio.org iniziative in difesa della 194 e approfondimenti

L'intervista è stata pubblicata sulle pagine milanesi di Repubblica giovedì 1 Dicembre 2005.