UN PO’ DI STORIA

Barbara Mapelli

 


Faccio parte della Libera Università delle Donne e ne sono molto orgogliosa.

Faccio parte del Comitato Scientifico della Fondazione Giulia Cecchettin e ne sono molto orgogliosa.

Data la mia età, nel mio variegato percorso professionale ho potuto seguire fin dagli anni Settanta del Novecento le vicende legate all’educazione sessuale – allora si chiamava semplicemente così, senza tante acrobazie linguistiche.

Proposte di legge, convegni, dibattiti, documenti in cui raccoglievamo quanto si faceva nei Paesi a noi vicini: perché allora pensavamo che la scuola si potesse ancora riformare.

Un gran lavoro che ora mi appare ingenuo, ma non avevamo ancora vissuto le delusioni che poi si sono susseguite nel tempo. Nulla di ciò che proponevamo andava in porto, nonostante presentassimo ricerche e studi accurati, nonostante la ragionevolezza e, forse, l’attuabilità di quanto venivamo dicendo, scrivendo, discutendo.

Si arriva agli anni Ottanta e il tema assume una curvatura pericolosa e inquietante: c’è l’AIDS e l’emergenza viene ingigantita e, a mio parere, ci si approfitta di questo problema per trasformare l’educazione sessuale in una crociata contro il male, che a poco a poco non è più solo la malattia ma la sessualità stessa. Si fanno interventi nelle scuole, ‘tecnici’ come li definiscono studenti e studentesse che in quel periodo intervisto e aggiungono ‘ci dicono cose che possiamo trovare dovunque sui libri (non c’era ancora Internet) ma a noi quello che interessa è altro, vogliamo capire la nostra crescita, le relazioni, l’affettività e l’amore, la confidenza’ e talora spunta anche la parola ‘rispetto’.

Ancora qualche passo in avanti nel tempo (solo nel tempo!).

Quando ho fatto parte della Commissione pari opportunità del Ministero della Pubblica Istruzione – eh sì allora si chiamava così , siamo alla fine degli anni Ottanta, inizi Novanta - abbiamo preparato e presentato un bel progetto di educazione alla sessualità. Nessuna critica, nessuna opposizione, ma anche nessuna promozione, pubblicità da parte del Ministero, nessuna circolare alle scuole o ai dirigenti territoriali. Il silenzio. E noi finalmente andavamo convincendoci di urtare contro un muro di gomma che vanificava ogni sforzo.

Tutto questo nel susseguirsi di vari ministri e ministre, con la sola eccezione del breve periodo in cui è stato ministro Tullio De Mauro, uomo illuminato oltre che insigne linguista.

Le tensioni politiche continuano a essere forti e non vi è da nessuna parte una determinazione forte per fare un accordo o imporre un intervento legislativo.

Siamo al presente e le cose sono cambiate visibilmente in peggio: se non altro prima si manteneva un certo riserbo, il muro di gomma appunto, ora anche le istituzioni continuano a parlare, a presentare ricerche con nessun criterio di scientificità e attaccano come ai tempi dell’Aids, presentando lo spauracchio della 'teoria gender'. Ma almeno ai tempi il pericolo dell’Aids esisteva davvero, mentre la cosiddetta 'teoria gender' non esiste, non è mai esistita, è un’invenzione per impaurire prevalentemente chi forse è sprovveduto di strumenti critici e avrebbe quindi più bisogno di essere aiutato a crearseli.

E dunque? E dunque si continua così, eppure sappiamo che un’emergenza c’è ed è certamente di altra natura, e lo sappiamo tutti e tutte, come sappiamo tutti e tutte che l’unica efficace azione di contrasto è l’educazione per sradicare una cultura della violenza e sopraffazione che ancora profondamente innerva il vivere sociale e le individualità.

E invece si fanno discorsi di natura manipolatoria, si cerca di bloccare – talora maldestramente – il lavoro che noi, come altri, facciamo.

Ma siamo in tanti e tante ora, la Fondazione Cecchettin riceve proposte di collaborazione e progetti in continua crescita.

E dunque? Ce la faremo, questa volta sì, credo

 

1-12-2025


Home