Sandro Bellassai, L’invenzione della virilità.
Politica e immaginario maschile nell’Italia contemporanea

di Barbara Mapelli

 

 

L’autore chiarisce fin dalle primissime pagine le intenzioni del suo testo, tratteggiare alcuni passaggi essenziali di una storia del virilismo come ideale politico (dove questo aggettivo non si riferisce letteralmente solo al sistema politico, ma a dinamiche sociali e culturali che definiscono limiti e possibilità della libertà e del potere nelle relazioni tra donne e uomini). L’attenzione non si rivolge dunque agli ambiti del privato ma alla dimensione della costruzione sociale dell’immaginario, che si propone come pubblica e normativa e l’ipotesi che guida la riflessione è che il virilismo come valore collettivo nato – nell’accezione storica qui adottata – per rispondere alla temuta detronizzazione e svirilizzazione ‘moderna’ dell’uomo a fine Ottocento, abbia svolto in primo luogo una rilevante funzione in termini di aggregazione del consenso maschile nella nascente società di massa, rassicurando gli uomini sulla persistenza della loro virilità e supremazia nei confronti delle donne.
Si tratta dunque di affrontare la storia italiana per poco più di un secolo adottando una prospettiva di genere, il punto di vista, soprattutto, di un genere, quello maschile, e questa narrazione e ricostruzione sessuata si dimostra, nel testo di Bellassai, ancora una volta come prospettiva interpretativa necessaria, anche se non unica naturalmente, per comprendere le costruzioni sociali e culturali che hanno fatto e fanno da sfondo e sostanza al racconto politico della contemporaneità. E del nostro presente in cui, il virilismo ‘classico’(…) è morto. Certamente però, se è morto, non è ancora stato sepolto e (…) si fa attendere un onesto congedo da quel sistema culturale che non è più la lingua ufficiale del nostro sistema sociale. Eppure – ed è la straordinaria e dolorosa contraddizione dei nostri tempi – ancora oggi assistiamo in Italia alla ripetizione, apparentemente eterna, di un copione mille volte rivisto: una storia di insicurezze e angosce maschili destinate a condizionare pesantemente i livelli di democrazia e libertà dell’intera società.
Il periodo da cui si avvia la riflessione di Sandro Bellassai è la fine Ottocento, momento critico e cruciale in cui gli uomini, non tutti ma in particolare i maschi egemoni direbbe Robert Connell – anche se poi i timori e le paure si trasformano spesso in un sentimento collettivo – percepiscono come possa essere messo a rischio il tradizionale dominio virile dalle trasformazioni della modernità e dalle nuove libertà che le donne iniziano a vivere e a pretendere. Ambedue fattori che mettono in discussione i valori e le virtù di una tradizione millenaria su cui si è sempre basato il potere maschile.
Si viene costruendo allora, a partire da quegli anni, un quadro di fondo, la cui cornice sia una rappresentazione del genere maschile ‘inventata’ per conservare un ordine gerarchico, nella modernità, che fosse per gli uomini una garanzia di privilegio ma anche di integrazione (…)L’idea che  la ‘natura’ avesse forgiato il genere maschile per il comando e l’eccellenza non era certo nuova, ma fu riaffermata con forza in un preciso tornante storico, e descritta come una verità eterna e incontestabile, proprio quando iniziò a essere seriamente contestata e minacciata.   
Il testo percorre quindi gli anni dell’imperialismo e del colonialismo italiano in cui il dominio su un altro uomo ‘inferiore’ aveva storicamente un effetto corroborante per il senso di virilità di un uomo che si ritenesse superiore e l’esercizio della ‘giusta violenza’ non poteva che aggiungere, dunque, ulteriori onorificenze virili alla propria figura di uomo.
In seguito gli anni del ‘ventennio’ in cui la mascolinità fascista fu allo stesso tempo una novità e l’evoluzione di una dinamica identitaria già chiaramente percepibile nei decenni precedenti (…) una mascolinità rude, pronta e anzi ben disposta al sacrificio, dotata di modi spicci, di idee nette e solide, di un linguaggio sprezzante e volitivo. All’interno di questa rappresentazione del virilismo la presunta minorità della donna risultava ancor più necessaria poiché avrebbe dovuto garantire un’immagine di femminile segnata da inferiorità, obbedienza, dedizione alla famiglia.
Ma negli anni seguenti il secondo conflitto mondiale questa ‘giusta distanza’ gerarchica non fu più possibile: a partire dal declino degli anni Sessanta all’agonia terminale dei decenni seguenti il virilismo dominante, ‘classico’ avviava la sua parabola di decadenza. Inevitabile senz’altro, ma vissuta e subita all’interno di molteplici contraddizioni, mentre l’aggressività e la violenza maschili hanno continuato a nutrirsi di passioni potenti, viscerali, e a produrre effetti tragicamente tangibili anche senza potersi più articolare in una narrativa del trionfo della virilità.
Nel contempo il corpo maschile iniziava ad assumere una visibilità legata alle costruite necessità di nuovi consumi che il mercato andava imponendo: un corpo ‘oggetto’ anche quello maschile, mentre così si consumava una sorta di sconsacrazione finale della virilità: ancora una volta, gli interessi ‘laici’ dell’economia prevalevano impietosamente sulle ultime velleità di trascendenza che avevano eletto il corpo a baluardo ultimo della ‘naturale’ differenziazione di genere. Dalle riviste maschili, nate in quegli anni, emergeva, ed emerge, ormai, una maschilità precaria, che va definita, e in costante pericolo di ridefinizione in corso d’opera.
Quel virilismo o patriarcato, morto ma non sepolto, per la morte del quale Luisa Muraro anni fa invitava a fare salti di gioia, ma che ancora ci impone un’infinita, beckettiana attesa di un funerale che non arriva mai, mentre, ancora, nell’Italia di oggi la messa in scena della virilità sul palcoscenico politico è più imponente che mai.
E’ un libro importante questo testo di Sandro Bellassai, in cui si condensa e appare ormai matura la sua esperienza, gli studi e la ricerca storica: un contributo essenziale al delinearsi della profondità, radicalità cruciale e necessaria, come già dicevo, della prospettiva di genere per la comprensione degli anni della contemporaneità, che ne rende evidenti alcuni significati e altri contribuisce a farne emergere, talvolta con legami inaspettati, e chiarificatori, con le più tradizionali categorie di interpretazione storica.
Ma è  un’esperienza, quella dell’autore, non solo di studio ma diretta, vissuta personalmente, che apre nuovi spazi di ricerca identitaria e di relazioni per gli uomini che vi partecipano, per i quali la critica alla costruzione sociale della mascolinità non parte solo da esigenze intellettuali o teoriche, ma diviene una molto concreta opportunità di libertà nelle proprie vite, esperienze, relazioni.
Un congedo affettuoso da parte mia a questo libro di Sandro, con cui condivido passioni, ricerca, esperienze comuni di ‘nuova’ politica tra donne e uomini. Il suo testo, al di là dell’amicizia, mi sembra e lo raccomando come un passaggio necessario per chi sia personalmente interessato o interessata allo svolgersi di vicende storiche che, nel chiarirsi attraverso una percorso interpretativo e narrativo ‘sessuato’, offrono ad ognuno l’opportunità di comprendere meglio l’epoca in cui viviamo, con le sue (apparenti?) contraddizioni, oppositività, guadagni e perdite per ambedue i generi. Perché, donne e uomini, siamo legate e legati a destini e scelte tra loro profondamente intrecciate, nel privato e nel pubblico, nel politico come nei rapporti d’amore e affetto. C’è molto lavoro da fare, insieme o separatamente, lo sappiamo, per ricostruire, riscoprire, dare o ridare alla luce nuovi linguaggi, nuove forme di pensarsi e mettersi in relazione tra i generi. Un lavoro personale, di ognuno, e un lavoro di ricerca da offrire alla lettura e ulteriore interpretazione degli altri e delle altre, per proseguire nel dialogo, in vicinanza e distanza. Un compito che il libro di Sandro assolve con rigore, serietà, ma anche con la sapienza di trovare ‘le parole per dirlo’ in una scrittura piacevole, densa di citazioni non solo libresche, con la capacità di trovare momenti di sintesi che illuminano passaggi storici anche di particolare complessità.

 

Sandro Bellassai
L’invenzione della virilità
Politica e immaginario maschile nell’Italia contemporanea
Carocci
Roma 2011, 17 euro

 

Recensione in corso di pubblicazione sul numero 1, anno XVI, Rivista Pedagogika

11-01-2012