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Abbiamo incontrato
Gioconda Belli all'Università delle Donne in occasione del suo passaggio per Milano, dove ha presentato il suo ultimo lavoro tradotto in Italia
Il paese sotto la pelle, Edizioni e/o. Si tratta di un'autobiografia, ma lei preferisce definirlo un libro di memorie, o meglio, "una ventana sobre la vita" una finestra affacciata sulla vita, che è molto più ricca di quanto non si possa racchiudere in un libro. E la percezione di una ricchezza di vita è certo il dono che la scrittrice fa a chi la incontra. Si vede la passione con cui narra di sé e del suo paese, il Nicaragua, trasmettendoci il messaggio forte di una donna che è riuscita a fare tutto ciò che voleva: la moglie, la poetessa, la politica, la scrittrice, la mamma, la dirigente di partito ecc. senza rinunciare a nulla di sé. Forse proprio le sue radici, i profondi legami con l'ambiente fisico e umano in cui è vissuta sono causa e conseguenza di tale vitalità, lei stessa ha affermato che la liberazione del suo paese e la sua personale liberazione sono andate di pari passo. Gli sviluppi più recenti della rivoluzione sandinista, a cui ha partecipato e di cui racconta anche nel romanzo La donna abitata (edizioni e/o, 1995), non sono letti in senso puramente negativo perché il crollo della dittatura militare, durata più di quarant'anni, ha segnato una svolta per i nicaraguesi, con una maggiore distribuzione delle terre ai contadini e l'instaurazione di un regime democratico, ancorché conservatore. Del resto Gioconda Belli mostra di possedere un profondo senso della storia, che agisce sui tempi lunghi e si muove se l'immaginazione viene liberata. Ci ha raccontato che oggi in Nicaragua solo le donne sono ancora attive e lei stessa ha partecipato a seminari di filosofia, organizzati per il puro piacere della conoscenza, e frequentati da donne provenienti da varie zone del paese, dandoci un esempio concreto della sua (e nostra) convinzione che il sogno non appartiene alla follia ma alla vita.
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