Luciana Bellini*
"La terra delle donne"
Stampa Alternativa,
Viterbo, agosto 2004,
192 pagg. euro 10,00

 

Donne che rivoltavano il mondo

di Adriano Petta*

"La terra delle donne": diciannove storie diverse tra loro, ma sorrette da una tensione unitaria
che si chiama fame di giustizia, desiderio di giustizia, sogno d'un mondo più giusto.

 

 

Questo resta impresso dopo aver letto questa terza opera di Luciana Bellini. Diciannove storie di donne che, oltre a subire la millenaria prepotenza - quella che le accomuna ai mariti e ai figli perché tutti sottomessi allo stesso padrone, al padrone che ti fa sgobbare solo per quel piatto di minestra e nient'altro - queste donne subiscono anche un'altra forma d'angheria: sono sottomesse anche agli uomini (mariti, cognati, padri, fratelli, suoceri).

Quindi, in queste storie d'ingiustizia, le donne sono doppiamente sottomesse. E Luciana Bellini è stata bravissima nel farlo risaltare con la sua prosa efficace, spietata: solo ogni tanto ci concede qualche squarcio di distensione, di pace. Io non conosco i quadernoni in cui l'autrice ha conservato gli appunti dei racconti di Maria, Carola, Lina, Viola e tutte le altre, ma so che aveva a disposizione molto materiale da cui è stata costretta ad estrarne la linfa vitale e raccontarla con il suo stile, con la sua rabbia e il suo amore, mettendo l'accento su alcuni dettagli… illuminandoli con il suo vissuto. Ed è riuscita a dipingere affreschi ricchi dei colori della sofferenza, della lotta, della speranza (proprio come aveva mirabilmente fatto nelle due precedenti opere La capitana e C'era una volta la Maremma).
Ognuno dei 19 racconti è quasi sempre storia di distacchi, di separazioni, di partenze e di ritorni: si cerca e si accetta il terreno da coltivare, ma quel terreno è lontano dal paese… e allora occorre andare a vivere in quel casolare diroccato, senza luce e acqua, senza i vicini con cui poter scambiare una parola, soli.

Ma questa condizione a Lina produce un ragionamento ch'è un vero pugno allo stomaco del lettore… quando parla del suocero che spartiva tra tutti i componenti della famiglia i soldi guadagnati… e ne dava anche a lei, una donna! Certo, per carità, solo la metà di quelli che davano agli uomini, si sapeva ch'era così, era giusto, la donna valeva metà d'un uomo… ma la novità è che il lavoro veniva riconosciuto anche a lei! Suo padre, invece, le aveva sempre fatto credere che alle donne, vitto e alloggio erano una ricompensa più che sufficiente… Con quella mezza paga, invece, il suocero di Lina le aveva fatto capire che - oltre al pane e al companatico - lei s'era guadagnata la libertà! Il brano di pag. 30 è un autentico pezzo di bravura stilistica: è magma impastato con rabbia e stupore. La storia di Lina è così bella nella sua drammaticità che meriterebbe da sola un'altra biografia romanzata: la forza di questa donna, la madre che vuol risparmiare il dolore della morte del padre ai figli (padre ch'era il suo compagno, suo marito!) e per rendere credibile questa sua rinascita deve soffocare il suo dolore di donna… e sorridere di nuovo alla vita come madre.
Questi racconti di vita vissuta, uno dopo l'altro, disegnano il mosaico di quello che voleva significare nascere donna in un mondo rurale fino a non molti anni fa: già a 5 o 6 anni si era responsabili e le bambine tiravano su i fratellini più piccoli.
Ogni tanto si produce uno squarcio nel grigiore e nella fatica di questa carrellata di storie… ed appare una donna un po' diversa, come Ardesia, che abbellisce la loggia e le scale con ortensie, begonie e gardenie… e il vicolo grigio, così, macchiato di colore, le pare meno vecchio.

E poi arriva la storia di Lucia, povera creatura orfana della madre a 4 anni… ed ha inizio la sua vita di girovaga, ma appena muore anche la nonna, viene messa dalle suore… e il racconto delle angherie subite è terribile nella sua crudezza. La povera Lucia viene finalmente tolta dalle suore e sistemata dalla zia… ma continua a prendere botte. E poi via in campagna, a vangare con i buoi e l'aratro. Lucia si sposa, continua a lavorare come una bestia, e il padrone dà qualche soldino di paga anche a lei… certo, mica la paga come agli uomini! Ma è proprio qui che nasce il germe per combattere l'ingiustizia, questo denunciare con semplicità il più evidente dei soprusi. Anche la storia di Lucia merita da sola un romanzo.

Continuano le storie di distacchi, separazioni e addii.
Poi, a pagina 130, c'è Alduina, ed uno di quei brani ch'è pura poesia: E quando scesi, tutto 'ntorno vidi 'na campagna bruciata… e la strada era 'na carrareccia, però via via che si saliva, 'ste casine bianche rallegravano l' cuore. Non è solo il cuore di Alduina a gioire, ma anche il nostro che abbraccia il mondo dalla stessa altezza raggiunta da lei in quel momento. E questa gioia mette in moto - due pagine dopo - una mano che conserva forze nascoste dopo ore ed ore di fatica e col grammofono a manovella s'inventa 'na festicciola da ballo.
Ma ecco lì, spersi tra cielo e terra, giungere la storia di Livia, nemmeno quattro pagine… ma quale profondità di riflessioni: E pensai ch'ero una stupida: se loro, du' omini, erano d'accordo… Ma Livia aveva capito che le cose non stanno così. E infatti, poche righe dopo, ci racconta che al podere, tutte, anche sposine giovani come l'acqua lavoravano come e più dell'òmini, c'erano donne che rivoltavano 'l mondo…

E poi Caterina che ci narra del padre contadino invecchiato sotto padrone… ma con una storia a lieto fine: finalmente gli era stata assegnata la terra… e lui quella terra l'avrebbe baciata! Fatto questo, quello lassù lo poteva anche leva' subito dal mondo! E dal padre di Caterina ascoltiamo la rabbia repressa che carica il grido di rivolta verso i farabutti sfruttatori dei padroni!

Questa terribile carrellata d'oppressione e libertà ci lascia con la storia di Argia, che a 11 anni prova e riprova sulle bambole ad imbastire i vestitini… per poi riuscire a cucire quello vero della sorellina! E qui Luciana Bellini sfodera una di quelle descrizioni che ti lasciano senza fiato per la sua bellezza: Ultimamente era sola Argia, e la casa pareva muta e buia senza 'l va' e vieni de le ragazze come noi, ma s'entravi 'n quella stanza… ti pareva che tutte quelle bambole che ridevano zitte facessero 'n gran chiasso.

Ecco, mi piace calare il sipario su questa immagine evocata da Argia-Luciana: questa bambina di 11 anni, nascosta sotto al letto in attesa delle inevitabili botte della madre perché lei aveva osato cucire il vestitino della sorella. Sapeva che le avrebbe buscate, ma sapeva anche che quella era l'occasione della sua vita… per dimostrare che poteva cambiare il suo destino, sperare in un mondo migliore. La madre si avvicina, Argia è rannicchiata sotto al letto, il cuore le trema… ma le bambole che lei ha vestito di carta con i modelli di prova, sorridono, perché esse possono osservare il volto rugoso della madre distendersi, gli occhi sorridere.
"La terra delle donne" assume la funzione di scrutare nelle radici della donna italiana, radici recentissime, nel dopoguerra, quando il 90% della popolazione era contadino, senza terra, senza diritti. E i contadini venivano sfruttati… ed essi vivevano con il sogno di un'assegnazione da parte dello stato d'un pezzetto di terra da coltivare in proprio. Le condizioni di vita erano quasi sempre disumane. E padri e mariti non ce l'avrebbero mai fatta senza le loro donne, senza la donna. Perché anche quando era distrutta dalla fatica, la donna conservava quelle briciole di forze residue per cercare di preparare una pietanza un po' diversa anche con quei pochi ingredienti a disposizione, di mettere una piantina di fiori sulla porta della masseria diroccata, di far pulire ai mariti e ai figli gli scarponi imbrattati di fango prima di entrare in casa… per attendere un altro giorno di speranza, "soli, io, mio marito e i nostri bambini, in quella casetta che odorava di nuovo come la nostra vita".


* Adriano Petta e Luciana Bellini

Luciana Bellini ed io siamo autori pubblicati da STAMPA ALTERNATIVA e ci siamo conosciuti due anni fa a Pitigliano, in questo crogiolo di culture del Magazzino Giustacori e ci siamo scambiati i nostri libri con quel gesto ch'è curiosità di sapere cosa ne pensa uno come te, abituato al lavoro più duro che l'uomo abbia inventato - che non è quello di zappare la terra arida e rocciosa… ma scrivere romanzi.

Leggendoci ci siamo stimati, abbiamo saputo apprezzare le nostre rispettive fatiche… e capire - forse come nessun altro - quanti sacrifici ci sono costati i nostri libri. Entrambi siamo autodidatti, non abbiamo fatto studi classici: Luciana ha frequentato solo la quinta elementare, io l'istituto tecnico, entrambi siamo nati contadini. Ma io lasciai il mio paesino d'origine a dieci anni e giunsi a Roma praticamente analfabeta, frequentando la quinta elementare… suscitando gli sfottò e l'ilarità dei miei compagni di scuola quando chiesi in prestito al mio compagno di banco l'appizzutalapiso (il temperamatite): avevo dimenticato questo particolare, ma Luciana me l'ha richiamato alla mente a pagina 174 de La Capitana, con il racconto di Edo che chiede in prestito l'appuntalapise. Centinaia di chilometri di distanza hanno separato la nostra infanzia… ma il nostro vissuto è stato terribilmente e meravigliosamente simile: affamati di libri abbiamo saziato la nostra fame da soli, in modo disordinato ma libero, con umiltà ma sotto la spinta del vento della fantasia.
......
Luciana, per accedere alla storia del mondo, non si è mai saziata della sua sete di conoscenza "curiosa di scoprì quel che c'era scritto dentr'a que' libri gonfi di parole"… anche per riscattare la sua condizione e quella dei suoi genitori, quella di tutti i contadini. Ha capito che per dispiegare le ali della giustizia c'era bisogno non solo di fare delle lotte… ma di saper parlare, altrimenti i padroni ci avrebbero sempre tenuti sotto. E c'è riuscita. Ma poi, quando la sua vita si è sistemata, quando ha trasmesso ai suoi figli la tenacia, la determinazione della nostra generazione… ha sentito il bisogno di non dimenticare, affinché tutto il patrimonio accumulato durante l'infanzia e la gioventù non andasse perso. E ridendo delle sottolineature in rosso dei calcolatori, ha raccontato le sua storia in un maremmano esplosivo, musicale… donandoci dei piccoli capolavori...