Birmania: violenza contro le donne Karen |
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In un
documento diffuso dal Karen Women's Organization, gruppo umanitario con
sede in Thailandia, l'esercito birmano viene esplicitamente accusato di
perpetrare stupri di massa nei confronti delle donne appartenenti
all'etnia Karen, minoranza etnica stanziata nel sud della Birmania. |
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Chi è Naw Zipporah Sein |
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Il sogno di una vita senza guerra Sono cresciuta in Birmania, la cosiddetta
Myanmar, un paese guidato da uno dei più crudeli regimi dittatoriali. Sono
Karen, l'etnia che è seconda come numero di popolazione in Birmania,
contando da 8 a 10 milioni di persone. Come gli altri gruppi etnici della
Birmania, i Karen da più di 50 anni combattono per i loro diritti, la
libertà, l' autodeterminazione e la democrazia L'esercito birmano controlla le nostre regioni attraverso il lavoro forzato, rapimenti, torture, uccisioni e distruzione dei nostri beni. Vengono distrutti campi, risaie e interi villaggi. I contadini vengono picchiati con sistematicità e le donne rapite e uccise impunemente. I rapimenti da parte dei soldati birmani è un'arma tanto popolare in questi attacchi violenti che, come donne, siamo diventate l'obiettivo della guerra. Noi donne Karen abbiamo perso tutti i nostri diritti: il diritto all'educazione, alla salute al cibo, perfino il diritto di vivere. I nostri figli sono nati sotto attacco; i bambini piccoli non hanno il diritto di piangere perché rivelerebbero la presenza della loro famiglia. Sono cresciuta in una zona rurale, in area di guerra e non mi sono mai sentita sicura. Per tutta la vita sono stata interiormente disturbata; anche ora che vivo in un campo per rifugiati, non mi sento sicura. La mia famiglia ha sempre dovuto spostarsi da un luogo all'altro e non abbiamo mai potuto fermarci per più di due anni. Questo finché non siamo arrivato al campo rifugio al confina tra Birmania e Tailandia nel febbraio del 1995 Mia madre era responsabile della sopravvivenza dei suoi 8 figli, mentre mio padre agiva nella lotta per la libertà. Mia madre è una donna forte. Ci ha tenuti in vita con la sua scienza delle medicine tradizionali erboristiche, dato che non avevamo né ospedali, né medici o levatrici, nemmeno medicine. Siamo stati fortunati che mia madre avesse tante conoscenze che ci hanno preservato dalla morte; molti bambini sono morti. Mia madre ci spiegava sempre il motivo per cui dovevamo vivere nel terrore. Diceva che sarebbe venuto il giorno della "Pace e Giustizia" e da allora in poi avremmo vissuto sempre nella pace e nella felicità. Noi bambini lo credevamo con forza; attendevamo il giorno in cui "Pace e Giustizia" sarebbero giunte nel nostro paese. E lo stiamo ancora aspettando. Sono nata nella zona dei conflitti armati più violenti, una zona dove migliaia di persone soffrono ancora ogni giorno. Ho insegnato in questa zona di guerra per 20 anni e come insegnate trovavo molto difficile parlare di pace e di sicurezza con i miei studenti. Suonava poco realistico alle loro e anche alle mie orecchie, dal momento che la guerra era l'unica realtà conosciuta. Nel bel mezzo di quasi ogni periodo accademico dovemmo chiudere la scuola perché il governo birmano mandava le truppe ad attaccarci. i miei studenti dovevano andare al fronte per difendere donne, vecchi e bambini. Non solo dovetti assistere alla guerra contro i civili, ma come insegnante vi ho anche perso molti studenti. Per tutti quegli anni ho sognato una vita senza guerra, una vita sicura e serena. Penso che sarebbe molto bello. Ho già cercato di nascondere molte ferite dentro di me e ora penso solo al futuro più prossimo. Il mio desiderio sincero e profondo è che il mio popolo ed io possiamo vivere senza guerra in pace e sicurezza. Ma abbiamo ancora molta strada davanti; la pace è un sogno ancora lontano per noi. Il concetto di pace per le donne va oltre la pura e semplice fine della guerra e dei combattimenti: Vogliamo una vera pace, pace con giustizia, senza violenza né violenza nelle famiglie. Anche se finisce la guerra, se vi è permanere della violenza tra le mura di casa, le donne non potranno essere felici. Credo che se non aumenteremo la partecipazione delle nostre donne nei movimenti politici al livello delle responsabilità decisionali, non saremo in grado di apportare il nostro contributo al processo di costruzione della pace, Perché per tutti questi lunghi anni di guerra civile, noi siamo state vulnerabili, abbiamo sofferto e non siamo mai state motivo di guerra. Noi donne abbiamo l'obiettivo di lavorare con gli uomini per la pace e di fare progetti per arrivarci. Io personalmente credo che tutte le parti coinvolte hanno la responsabilità di por fine al terrore con il perdono. Sono profondamente d'accordo con Desmond Tutu, che ha vinto il Nobel per la pace nel 1984 e che ha affermato che "non vi può essere futuro senza perdono." Potere, orgoglio e odio non potranno mai creare un mondo di pace e di giustizia. Abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le nostre sorelle nel mondo; abbiamo bisogno di sostegno ai nostri sforzi di cooperazione, riconciliazione e costruzione della pace.
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A Dream of a Life without War I grew up in Burma, so-called
Myanmar, a country ruled by one of the world's cruelest and longest–lasting
dictatorships. I am Karen, the second largest ethnic nationality in Burma
with a population of about 8 to 10 million. Like other ethnic
nationalities in Burma, the Karen have been fighting for their rights,
freedom, self-determination, and democracy for more than fifty years. |
Naw Zipporah Sein vive dal 1995 in un campo
di rifugiati in Tailandia, dove lavora come segretaria generale per la Karen Women's Organization dal sito women'sworld |