Bobby

di Gianna Beltrami


Questo film ha avuto un grande apprezzamento dal pubblico, ma non ha ottenuto finora nessun riconoscimento ufficiale con un premio. Nemmeno a Venezia dove è stato presentato nella scorsa estate seppur  in veste non definitiva. Il regista Emilio Estevez è un giovane americano, figlio d’arte, entrato molto presto nel mondo del cinema come attore. Nel film interpreta il personaggio del marito di una cantante alcolizzata, Virginia Fallon ( l’attrice Demy Moore). Gli altri attori sono anch’essi rinomati e bravi, Anthony Hopkins ( uno dei produttori), Sharon Stone, Helen Hunt, Martin Sheen e il cantante Harry Belafonte…

Racconta l’uccisione di Robert Kennedy  avvenuta nel  Grand Hotel Ambassador a Los Angeles nel giugno 1968 durante la festa organizzata per celebrare la vittoria del senatore nelle elezioni primarie della California.
La vicenda è raccontata alternando spezzoni di documentari di repertorio a un coro di storie personali di molti personaggi presenti in quel momento nell’hotel, storie di vita anche banali e poco originali. Ma sotto le righe della banalità vengono comunicati grandi messaggi. Il più efficace è senz’altro parte del discorso  ( nel testo inglese con sottotitoli in lingua italiana) tenuto in quell’occasione dal senatore Kennedy .

Dal punto di vista cinematografico il film non mi sembra né eccellente né originale, ma il contenuto suscita grandi emozioni e commozione, specialmente per la mia generazione non più giovane, e suscita grande tristezza sentire evocati valori di pace tolleranza e apertura all’umanità che sono solo "parole fritte" dopo cinquantanni. A proposito di pace ho trovato molto incisiva  e attuale anche la frase che non sono sicura faccia parte del discorso: “ I Romani facevano un deserto e lo chiamavano pace”       

Anche se evidenziati  perché girati in bianco e nero i brani del documentario possono creare una certa confusione con il film e quindi possono non far distinguere la Storia (da chi non l’ha vissuta) con la fantasia e l’immaginazione cinematografica.

Tra le storie raccontate dai personaggi del  film ve ne sono alcune del vivere femminile, un po’ stereotipe ma comunque presenti: donne tradite, disperate, depresse,  dominanti, speranzose di far carriera, protette e in cerca di protezione, identità nascoste dalla bulimia consumistica di abiti, gioielli e scarpe (chissà perché tante donne hanno necessità di comprarsi tantissime scarpe, oggetti non propriamente rivelatori di uno status!).

Altri personaggi raccontano il pensionamento, la droga , la negritudine, l’immigrazione clandestina.
E poi si aggiungono altri spezzoni di documentari sulla guerra in Vietnam e sulla morte di Luther King e su interventi violenti della polizia su cittadini neri.   

Il senso più alto del film resta  senz ‘altro il programma politico enunciato da Bob Kennedy: la lotta contro la guerra, la miseria, il razzismo, l’ingiustizia ( in un concetto di “tolleranza” che sembra oggi quello di Amos Oz o di David Grossman ). Lotta per valori che  rappresentano non solo un ideale ma,come diceva Primo Levi, una “SETE”.

 

31-01-07