Artisti borderline, artisti veri


Adriana Giannini

 


Aloïse Corbaz

 

Davvero originale e coraggiosa la mostra che il MAR, Museo d'arte della città di Ravenna, ha allestito nel primo semestre di quest'anno con l'obiettivo di  far conoscere al grande pubblico gli affascinanti esponenti di quell'arte che sinora era considerata con interesse soprattutto dagli psichiatri. Intendo parlare dell'arte dei folli o, con un termine più politicamente corretto, degli outsiders, quella per la quale già nel 1945 il pittore Jean Dubuffet  coniò il termine Art Brut (arte grezza) e alla quale la città di Losanna ha dedicato un vero e proprio museo.

In realtà, come esplicita molto bene il  titolo stesso della mostra  “Borderline, artisti tra normalità e follia”, i curatori  – Claudio Spadoni, direttore scientifico del MAR, Giorgio Bedoni, psichiatra e docente all'Accademia di Brera e Gabriele Mazzotta, editore e grande esperto d'arte (è di Mazzotta il bel catalogo, uno strumento utilissimo per chi voglia capire e conservare memoria della mostra) hanno voluto fare un ulteriore passo avanti rispetto alle categorie stabilite nel corso del XX secolo.

Hanno infatti individuato e dato spazio a un'area della creatività dai confini mobili, un'area appunto borderline, dove si trovano vicini artisti ufficiali e artisti inconsapevoli, che nell'espressione artistica hanno trovato quella ispirazione che li ha resi liberi di realizzarsi nonostante le tristi condizioni di vita in cui erano costretti a vivere, spesso per decenni, all'interno di una casa di cura. Proprio quello che è accaduto, per esempio, a due dei tanti artisti presenti nella mostra di Ravenna: l'italiano Carlo Zinelli, scopertosi prolifico e apprezzato pittore a quarant'anni ma rimasto ospite fino alla morte dell'Ospedale psichiatrico di Verona, e la svizzera  Aloïse Corbaz, anche lei rinchiusa per  44 anni in una clinica presso Losanna, nella quale aveva trovato il modo di ricreare su grandi fogli di carta da pacco il mondo ricco e colorato in cui sognava di vivere.

Vediamo ora come è organizzata la mostra. Dopo una ampia parte introduttiva con opere di Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel, Francisco Goya, Max Klinger e Théodore Géricault, tutti artisti che in un modo o nell'altro hanno trattato la follia, l'esposizione è suddivisa in sezioni tematiche.

 


Mattia Moreni - autoritratto


Nel “disagio della realtà” sono presentate le opere di protagonisti riconosciuti quali Pierre Alechinsky, Karel Appel, Jean Dubuffet, Gaston Chaissac, Madge Gill, Vojislav Jakic, Asger Jorn, Tancredi Parmeggiani, Federico Saracini, Gaston Teuscher, Willy Varlin, August Walla, Wols, Adolf Wölfli, Carlo Zinelli.

Nel “disagio del corpo” è  quest'ultimo a divenire, nelle sue più sorprendenti trasformazioni, il tema centrale dei lavori di Victor Brauner, Corneille, Jean Dubuffet, Pietro Ghizzardi, Cesare Inzerillo, André Masson, Arnulf Rainer, Eugenio Santoro, Carlo Zinelli, Hermann Nitsch, Günter Brus, Joaquim Vicens Gironella, Josef Hofer, Dwight Mackintosh, Oswald Tschirtner.

All'interno dei “ritratti dell'anima” ampio spazio è dedicato a una serie di ritratti e autoritratti, una delle forme di autoanalisi inconsapevole più frequente nei pazienti delle case di cura, con opere di Francis Bacon, Enrico Baj, Jean-Michel Basquiat, Pablo Echaurren, Sylvain Fusco, Pietro Ghizzardi, Theodor Gordon, Antonio Ligabue, Bengt Lindstrom, Mattia Moreni, Arnulf Rainer, Gino Sandri, Lorenzo Viani  e Aloïse Corbaz, storica autrice dell'Art Brut, a cui è dedicata un'intera sala.

Una sezione dedicata alla scultura presenta inediti di Umberto Gervasi, Giuseppe Righi e, per confronto, alcune opere di arte primitiva della Melanesia.

Infine, nel “sogno rivela la natura delle cose” viene esposta una selezione di dipinti di noti pittori surrealisti come Salvador Dalì, Max Ernst, André Masson, Victor Brauner, oltre ad opere  di Paul Klee, grande estimatore dell'arte dei bambini e degli alienati.

Credo che possa interessare anche sapere come sono venuta a conoscenza della mostra del MAR di Ravenna. A Milano, presso l'Accademia di belle arti di Brera esiste un corso di laurea specialistica “Teoria e pratica della terapeutica artistica” nato otto anni fa per iniziativa di Tiziana Tacconi e Laura Tonani. A metà fra psicanalisi e pura espressione artistica, la terapeutica artistica è un metodo per metabolizzare il disagio, l'angoscia e le emozioni, attraverso l’arte, dando loro forme tangibili. In questo si distingue dall'arte-terapia che è una pratica psicanalitica a tutti gli effetti, con tanto di cartella clinica, dedita alla cura di disturbi psichici attraverso l'analisi delle espressioni artistiche del paziente. Più che sull'analisi e sulla cura, la terapeutica artistica si concentra invece sul processo creativo dei soggetti coinvolti, dunque sulle tecniche per far riaffiorare l'inconscio attraverso il fare artistico. Sotto la supervisione dell'artista terapista la malattia e i disturbi vengono sottratti a un rapporto duale ma gerarchico come quello medico-paziente e restituiti a una dimensione di socialità e interazione. (Non per nulla il maggior numero di iscritti è costituito da donne.)

È nell'ambito di questo corso che vengono periodicamente effettuati degli incontri denominati “I dialoghi della terapeutica artistica” uno dei quali, quello che si è tenuto il 17 aprile e a cui chi scrive ha partecipato, ha avuto per tema proprio la presentazione della mostra allestita dal  MAR di Ravenna.

 

Borderline. Artisti tra normalità e follia da Bosch a Dalì dall'Artbrut a Basquiat
Fino al 16 giugno 2013
MAR Museo d'arte della città di Ravenna
Via di Roma, 13

Ravenna

  22-4-2013