Due voci sui fatti di Brescia

GUERRA ASIMMETRICA
di Annamaria Rivera


La rappresaglia di Stato sta realizzandosi nel modo più vile e crudele possibile. Dopo l'espulsione dei nove egiziani, rastrellati durante lo sgombero violento del presidio dei solidali sotto la gru di Brescia, ieri anche Mohamed, detto Mimmo, insieme a un connazionale, entrambi partecipi attivi della protesta, ha subito lo stesso trattamento. Che appare ancor più vile per il fatto che egli era stato fermato e ristretto nel Cie di via Corelli allorché tentava di far pressione perché i nove non fossero rimpatriati.
Perfino nelle peggiori situazioni di guerra chi, dopo un'offensiva, avanza una proposta di tregua o di negoziato di solito è trattato con un certo riguardo. Ma la guerra che il ministro dell'Interno conduce contro i migranti è degna delle guerre globali dei giorni nostri: asimmetriche e prive di reciprocità, esse negano l'Altro perfino come avversario o nemico, quindi precludono ogni possibilità di patteggiare e di uscire dallo stato di conflitto permanente.
Per chiudere questa fase del conflitto, sarebbe servita una norma che estendesse alle altre categorie di lavoratori immigrati una sanatoria dal carattere discriminatorio e dagli effetti fraudolenti; oppure, per non concedere troppo, sarebbe bastato un provvedimento che sanasse le situazioni di chi ha presentato l'istanza. Ma Maroni, si sa, è un duro al quale difettano flessibilità e lungimiranza, per non parlare di sensibilità per i diritti umani. Egli non concepisce altro che le armi pesanti della repressione. E neppure eccelle in padronanza semantica e in avvedutezza politica, se è vero che chiama ricatto una protesta e dichiara «finché ci sono io, niente diritto di voto agli stranieri»: asserzione che meriterebbe una denuncia presso organismi internazionali.
Ma in fondo lo si può comprendere, il povero Maroni: in effetti, la posta in gioco è alta. Egli sa o almeno intuisce che le proteste dei migranti hanno qualcosa d'inquietante e minaccioso: non solo mettono in scena il coraggio e la determinazione dei meteci, ma inducono a confrontarsi con le loro qualità morali.
Che a dare lezioni di civiltà sia la racaille extracomunitaria e clandestina, cui sono negati non solo il permesso di soggiorno e il diritto di avere dei diritti, ma perfino la qualità umana, è davvero uno scandalo. Scandalosa è la protesta della gru anche perché si svolge in un Paese cinico, individualista, corrotto, tale che verrebbe la tentazione di consigliare ai migranti: se ambite al permesso di soggiorno, la prossima volta travestitevi da giovani puttane plasticate e andate a bussare alla villa di Arcore.
E invece in questo stesso Paese c'è qualcuno che è capace di mettere in gioco la propria sorte, tutta intera, pagando un prezzo personale altissimo, pur di rivendicare il diritto alla dignità e all'esistenza, non solo per se stesso ma per tutti coloro che sono nella medesima condizione. Su quella gru alcuni meteci hanno resistito per sedici giorni, oltre il limite dell'umanamente sopportabile, per condizioni materiali estreme e soprattutto per l'assedio poliziesco che è stato loro inflitto, spinto fino al tentativo di prenderli per fame e per sete.
Così essi hanno affermato una verità valida per tutte e per tutti, tanto elementare quanto obliata: ribellarsi è giusto e possibile; e la ribellione, se ha delle buone ragioni, innesca il circolo virtuoso dell'empatia, della solidarietà, della condivisione umana e politica. Anche se a loro costa un prezzo altissimo, cosa che ci fa fremere d'indignazione e tristezza.

da il manifesto del 19 novembre 2010

 

La mia esperienza sotto la gru
di Annamaria Tonoli


Egregio Direttore, abito vicino alla gru e, nel leggere l’editoriale “Non lasciamo sulla gru la nostra città”, (Giornale di Brescia, 24 novembre 2010) non ho ritrovato la mia esperienza, che è anche quella di molti uomini e donne che ho incontrato in questi giorni.

Lei ha visto “sedici giorni di tensione, di scontri, di rabbia”. Certo c’è stato anche questo, ed è stato molto molto difficile; ma io sono stata colpita dalla solidarietà, dal desiderio di scambio, di incontrarsi, di discutere, di cercare di capire, dalla presa di parola delle donne con appelli e poesie, dai gesti di cura, dal coraggio di ritornare sotto la gru dopo le cariche.

Cosa ci teneva lì? Cosa teneva lì me, donna di cinquantasei anni con i suoi impegni di famiglia e lavoro, le mie vicine e vicini di quartiere, le persone che abitano in altre parti della città.? Cosa ha fatto dello stare sotto la gru la priorità di questi giorni per donne e uomini di ogni età e dalle molteplici esperienze?

Cosa ha spinto molte donne a portare fiori e accendere un grande cuore di luce per riportare energia amorevole dopo le violenze?
Cosa ha spinto tanti e tante a portare ogni giorno musica, voci, vita e amore?

Il gesto di salire sulla gru e di rimanere lì è stato molto forte e ha scosso le coscienze.

Siamo stati in molti, cittadini, partiti, sindacati e istituzioni, ad essere sopiti nei giorni del presidio in via Lupi di Toscana. Eppure già lì erano chiare le richieste.

Ed io queste richieste le ho chiarissime, come insegnante, ma anche perché nei sedici anni di malattia di mia madre, ho sperimentato tutti gli spigoli delle nostre leggi sull’immigrazione, che sono diventate via via più ingiuste e ci hanno tolto libertà.

Eppure per sentirmi personalmente responsabile ho avuto bisogno del gesto forte. In tanti abbiamo avuto bisogno di quel richiamo per uscire dalla sordità.

Quei ragazzi sulla gru dicevano sulla scena pubblica le cose che tante volte in famiglia, tra amici e conoscenti, tra colleghi, ci siamo detti.

Erano la nostra voce, la nostra coscienza. E ci creavano uno spazio pubblico per far sgorgare il desiderio di giustizia e di cambiamento.

Lei ha visto “strumentalizzazione ….*di* rivoluzionari di professione”. Io sono invece rimasta molto colpita dall’autodeterminazione dei migranti e dalla fresca e generosa disponibilità con cui l’area politica cosiddetta “antagonista” è stata al loro fianco. Cosa sono per lei “gli interstizi della città”? sono forse i luoghi della politica prima, quella legata alla vita, ai desideri e ai sogni? Quella della politica che non è condizionata da equilibrismi, calcoli elettorali e compatibilità? E perché chi è stato capace, proprio perché libero, di colmare un vuoto e di interpretare le aspettative di molti non può essere interlocutore delle istituzioni?

Non ho invece visto l’autodeterminazione delle realtà ecclesiali di quartiere che, hanno dovuto soffocare l’iniziale cristiana generosità per allinearsi alle compatibilità della gerarchia e della politica.

E ho registrato molte assenze che non nomino.

Ho visto l’amorevole slancio di madri e padri che si sono opposti indignati alla crudele e rigida gestione del cibo, che si è tradotta più volte nell’affamare quei giovani, per stroncarli.

Ho dovuto vedere la repressione violenta di chi richiedeva tutela dei diritti, i fermi e la reclusione nei CIE di alcuni migranti che erano stati attivi nel presidio; ho cercato di dissolvere il grande dolore alla notizia delle espulsioni: la rappresaglia infrange sogni, legami e amori, costruisce inciviltà e alimenta i conflitti.

Ho dovuto vedere le assurde provocazioni di giovani venuti da fuori Brescia, che hanno cercato di trasformare il pacifico presidio in uno scenario di guerriglia urbana, ma ho anche potuto osservare la responsabilità di molti, che ha consentito di limitare le conseguenze.

Voglio infine custodire l’emozione individuale e collettiva per i quattro ragazzi che scendono dalla gru, il sospiro di sollievo al pensiero di alcune garanzie loro concesse, frutto tardivo di sforzi di mediazione di varie istituzioni.

Egregio Direttore, condivido il suo auspicio che “la città… sappia costruire fondamenta sociali solide”. Per il sapere che l’esperienza di questi giorni ha qui depositato, Brescia può rendere meno timido lo sforzo collettivo di ricerca di punti comuni, diventare un laboratorio di pensiero e proposta per rivedere gli aspetti persecutori di norme che non sono in grado di regolare il fenomeno migratorio e generano quotidianamente tensioni e illegalità.


6-12-2010

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