La famiglia è uno stato di eccezione da abolire

di Beatrice Busi

 
foto di Diane Arbus

E' sabato pomeriggio. A Valenza, in provincia di Alessandria, un uomo sta cercando di sfondare una porta a spallate. Oltre quella porta c'è Carmela, 46 anni. Se ne era andata da Alluvioni Cambiò, un altro paese dell'alessandrino, per rifugiarsi a casa dei genitori. Ha denunciato Roberto, il compagno, per maltrattamenti e non è la prima volta. Roberto è andato lì per convincerla a tornare con lui. La porta resiste, cambio di strategia. La chiama per telefono, la insulta, la minaccia e le preannuncia le sue intenzioni. Torna nell’appartamento di Alluvioni Cambiò, fa un mucchietto con i vestiti e appicca il fuoco. Sono le 20 del 9 novembre. Pompieri e carabinieri, allertati da Carmela, intervengono subito riuscendo a limitare i danni dell'incendio. Roberto viene arrestato. Verso le 22 di domenica, a Rho, vicino a Milano, un uomo scende dall'auto, apre il portabagagli, estrae due bottiglie da una busta, prende degli stracci e li bagna con della benzina.

C.B., comandante di yacht genovese, 53 anni, è sotto casa della sua ex fidanzata. Da quando lei, 35 anni, hostess di mare, l'ha lasciato, lui la tormenta e la mi­naccia. Lei ha chiesto la protezione dei carabinieri, che infatti stanno assi­stendo alla scena. Il comandante vie­ne arrestato con l'accusa di detenzione di armi da guerra (le molotov), minaccia aggravata e tentato incendio.  Nella notte tra domenica e lunedì, a Ghedi, in provincia di Brescia, il gestore di un bar si precipita fuori dal suo lo­cale, mentre la moglie chiama il 112. Dall’interno di un'auto parcheggiata lì di fronte provengono le urla disperate di una donna. Il fidanzato la sta pic­chiando selvaggiamente. Non riesce a smettere di menare le mani nemmeno quando arrivano i carabinieri. Viene arrestato anche per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Lunedì mattina, una donna di 42 anni viene ricoverata all'ospedale di Taormina, in provincia di Messina. Durante una lite, il marito, 48 anni, giovane pensionato, l'ha colpita alla testa con un pesante posacenere. Quando lo arrestano per lesioni personali aggrava­te gli trovano in tasca anche un coltello a serramanico.

Lunedì sera, verso le 23, Rosa, 31 anni, viene ritrovata dal fratello riversa sul pavimento del suo appartamento a Milano. Probabilmente è morta da un paio di giorni. Ha la testa fracassata, qualcuno l'ha colpita ferocemente con la gamba di un tavolo di legno. Rosa veniva dal Perù come il suo compagno, rintracciato e fermato la mattina dopo su un treno vicino a Torino, con un biglietto per la Spagna e una fotocopia del documento d'identità. Quello originale era già stato trovato a casa di Rosa. Martedì mattina, un dipendente del Comune di Palermo, animatore di un parco giochi, viene arrestato per atti sessuali con minore e violenza sessuale aggravata, La “minore” è la figlia sedicenne della sua compagna e convivente. La donna, appena la ragazza ha trovato la forza di raccontare le violenze cominciate nell’agosto 2004, lo ha sbattuto fuori di casa e denunciato. Sorprendentemente, sono i carabinieri a descrivere bene la dinamica di potere alla base di questa storia di violenza: “Il patrigno avrebbe approfittato della figura paterna che aveva assunto e, instaurando una vera e propria sudditanza psicologica su di una ragazzina orfana di padre da tre anni e con forti sensi di colpa, è riuscito ad abusarne”.

Mercoledì, a Grottaminarda, in provincia di Avellino, un uomo sta picchiando e insultando la moglie tra le mura domestiche. Non dovrebbe essere lì. Il trentacinquenne, cameriere, aveva già ricevuto un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare. Dalla moglie e dai due bambini che troppo spesso hanno sentito il padre insultare la madre malata. Un provvedimento che non ha mai rispettato. Questa volta, colto in flagrante, è stato arrestato.

Un'altra settimana di "passione". Un'altra settimana di storie di vita che confermano la brutalità dei dati statistici. Secondo l'indagine che l’Istat ha svolto nel 2006 su La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia, i partner, attuali ed ex, sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fi­sica rilevate, di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze.

Dunque, quello che i criminologi inglesi Rebecca e Russel Dobash scrivevano nel 1980 in Violence against wives. A case against the patriarchy, ha un valore attualissimo. «E' ancora vero che una donna per essere aggredita brutalmente o sistematicamente deve entrare nella nostra istituzione più sacra la famiglia».

Ma come? La famiglia tradizionale non è finita, non è esplosa, non è quantomeno cambiata?

Nella realtà sociale, in quel margine di "autorganizzazione" che ha, probabilmente sì, e sarebbe meglio parlare di famiglie o di pluralità delle forme di relazione affettiva.

Ma i modelli, anzi il modello, è duro a morire e rimane importante per il pensiero e l'azione femminista comprendere come questo modello fondato sulla disuguaglianza donna-uomo, proprio a dispetto della realtà sociale possa essere ancora così egemonico sul piano ideologico.

Tanto più, se, come sostiene Daniela Danna in Ginocidio. La violenza contro le donne nell'era globale (Eleuthera, 2007) , «la violenza contro le donne è legittimata e perfino mascherata anche da quei sentimenti positivi che nel panorama culturale italiano, descritto a ragione come "familista", sono evocati dall'idea di Famiglia». Seguendo un classico topos mediatico, tra sgomento ipocrita e tragica inconsapevolezza, spesso ci si chiede come a certi uomini sia possibile condurre una vita "normale", spesso irreprensibile, fuori casa e "in privato" es­sere dei cosiddetti mostri. Una domanda che, però, contiene già in sé il germe della verità.

In "L’état d'exception: la dérogation au droit commun comme fondament de la sphère privée", un articolo del 1994 pubblicato su Nouvelles questions féministes, la sociologa femminista Christine Delphy individua la chiave di volta per analizzare la violenza esercitata in famiglia contro donne e minori proprio nella dicotomia sociale-privato. Una dicotomia particolare però. Ovvero è come se si trattasse di due società, delle quali l'una è il dentro, l'altra è il fuori. Ma il dentro, la sfera privata è stata costruita esattamente come "stato d'eccezione". «Nel "privato", le regole del cosiddetto diritto comune sono sospese o più esattamente, rimpiazzate da altre che dichiarano legittimo l'uso della forza». E ancora:  «Quello che spiega le violenze coniugali è la coniugalità: è il fatto che la so­cietà abbia creato un'altra categoria sociale - il privato».

Ce lo dimostra la stessa formulazione contenuta nell'articolo 29 della nostra Costituzione. La famiglia è una società naturale. Di nuovo, Delphy ci viene in aiuto suggerendoci cosa implica l'evocazione della “natura”:  « la sospensione del diritto comune in una sfera dell'interazione sociale, sfera che viene chiamata: "il privato"».

Ed è proprio la configurazione del privato come sfera di non diritto che legittima an­che la "rapina" del lavoro di cura e di riproduzione svolto ancora oggi in stragrande maggioranza dalle donne, migranti e non, non solo in larghissima parte o gratuitamente o "in nero", ma anche senza alcuna forma di ricono­scimento sociale.

Il fatto che il privato sia una sfera di non diritto, lo conferma anche la percezione delle donne che hanno avuto esperienze di violenza da parte del partner. Sempre secondo l'indagine Istat del 2006, le violenze domestiche sono in maggioranza gravi.

Il 34,5% delle donne ha dichiarato che la vio­lenza subita è stata molto grave, il 29,7% abbastanza grave e il 21,3% delle donne ha avuto la sensazione che la sua vita fosse in pericolo. Ma è solo il 18,2% delle donne che considera la violenza subita in famiglia un reato, mentre per il 44% è stato qualcosa di sbagliato e per il 36% solo qualcosa che è accaduto. Per questo, nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Perché è troppo diffusa l'idea che la violenza in famiglia sia un "affare privato".

Del resto, come ci ricorda Danna, «nei paesi occidentali il cambiamento legi­slativo è stato recente: la non applica­bilità al coniuge del reato di stupro è ri­masta in vigore fino al 1981 in Italia, al 1991 in Olanda, al 1994 in lnghilterra, al 1997 in Germania ed è tuttora valida in molte parti degli Usa».

A questo riguardo, assume un valore ancora più scardinante l’idea femminista che invece il personale è politico. Non a caso la nota femminista salvadoregna Mercedes Cañas, ha paragonato la violenza domestica alla tortura politica, sottolineando come alcuni mariti e compagni colpiscano le "loro" donne in modo da non lasciare segni visibili, esattamente come i torturatori più esperti. Non a caso, un'altra sociologa femminista francese Jules Falquet che ha vissuto a lungo in America Latina, ha ripreso quel paragone, definendo la violenza contro le donne come una tecnica di «guerra a bassa intensità», volta alla riproduzione dei rapporti di forza nella società.

Le "leggi speciali", i provvedimenti securitari, repressivi ed emergenzialisti vanno a ribadire e rafforzare l’esistenza di uno stato d'eccezione permanente nel cuore dello stato di diritto. Queste leggi non hanno solo la funzione mimetica di spostare la questione evitando di mettere in discussione la relazione uomo-donna e le disuguaglianze sulle quali si fonda l'organizzazione delle nostre società. Molto di più.

Dopo che le donne, attraverso più di un secolo di lotte, hanno fatto irruzione nella sfera pubblica conquistando faticosamente l’accesso al cosiddetto diritto comune e sottraendosi alle potestà patrie e maritali, la loro funzione è proprio quella di neutralizzare quelle conquiste, estendendo l'antico controllo del corpo e dei com­portamenti delle donne anche nel cosiddetto "stato di diritto", applicando le regole "naturali" della sfera privata, come l'arma a doppio taglio della "protezione", anche al pubblico. Per questo, è solo il nuovo protagonismo politico delle donne che può fermare e ribaltare questa nuova restaurazione.

 

 articolo pubblicato nell'inserto di Liberazione di domenica 18 novembre 2007

 

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