Un esercizio di cittadinanza e una pratica di democrazia

di Maria Grazia Campari


Paola Gandolfi

Pensando alla manifestazione del 14 gennaio 2006, secondo me è importante chiarirsi, come già hanno fatto alcune, che non si tratta di un evento, ma di una tappa per un percorso discusso e partecipato da donne che intendono occuparsi seriamente di definire come stanno al mondo.

In quest’ottica anche la diatriba sulle date dell’iniziativa pubblica (14/21 gennaio, 11 febbraio) provoca, secondo me, meno contraddizioni. Infatti, diventa più semplice evidenziare come entrambe le manifestazioni del 14 gennaio, quella romana sui PACS e quella milanese sulla legge 194/78, abbiano nessi assai profondi nella necessaria affermazione di laicità dello Stato, di assoluta indipendenza fra norma giuridica e regola religiosa, contro tentazioni integraliste che mettono in forse punti essenziali di libera determinazione del proprio progetto di vita da parte di ciascuno, in una società che intende restare aconfessionale e costruita su un quadro di garanzie costituzionali valide per tutti.

Ecco perché mi sembra giusto disporre di due piazze, una verso Centro Sud e l’altra verso Nord che interloquiscano e si sostengano a vicenda attraverso concetti e parole convergenti.

Per quelle come me che ritenevano che non si dovesse legiferare sul corpo delle donne e si dovesse, al contrario, togliere il delitto di aborto dal codice penale, certo la brutta legge 194 è stata piuttosto difficile da digerire.

Ma oggi deve essere riconosciuto che la brutta legge ha trovato, per decenni, una prassi applicativa in senso evolutivo, rispettoso dei principi costituzionali, tant’è che essa non ha mai cessato di urtare le sensibilità vaticane.

Va quindi difesa la prassi interpretativa che si è affermata, concedendo alle donne maternità consapevoli, sottraendole all’obbligo di maternità solo biologiche. Per questo è importante sostenere tutte le iniziative che si collocano in questa direzione, come l’affermazione del diritto alla privacy sui propri dati sensibili, da parte di chi si rivolge alle strutture sociosanitarie pubbliche e ai consultori per trovare aiuto.

Il diritto alla privacy risulta così un’estensione del diritto di autodeterminazione e libertà riproduttiva, un diritto fondamentale che ricollega il problema odierno al conflitto per la modifica della legge 40/04 sulla PMA, un conflitto contro un clima sociale che renda la donna oggetto inerte del discorso altrui e autorizza atti di violenza come la violazione di diritti fondamentali della personalità, una possibilità istituzionale continuamente presente, con passaggio di piano dell’illecito al legittimo (alla lettera, consentito per legge).

Anche per questo motivo, un osservatorio ove si intreccino competenze e desideri di cambiamento può essere una tappa importante nel percorso.


27 dicembre 2005