I nostri diritti nell'impero del grande fratello
a cura di Mariagrazia Campari

 


4° incontro del Seminario “Paura e sicurezza”

 

Alcune note introduttive per la discussione

Sotto la spinta del mercato globale e della sua imperiosa mano invisibile che guida i destini del mondo, la democrazia economica e il diritto alla qualità della vita possono considerarsi, da tempo, perduti per i cittadini/sudditi (esclusi i pochissimi con redditi molto elevati, fra cui peraltro le donne compaiono in dosi rigorosamente omeopatiche). Come infatti è stato chiaro fin dagli inizi del secolo scorso, la democrazia economica e quella politica sono strettamente interconnesse, quindi il disastro dell’una (democrazia economica, garante della qualità della vita) trascina l’altra (democrazia politica, garante dei diritti umani) nel baratro. Oggi la profonda disuguaglianza dei livelli di vita e il drastico ridimensionamento dello Stato sociale allargano la forbice fra garantiti ed esclusi, determinano nei primi l’insorgere di un egoismo proprietario che costruisce muri, in difesa di cittadelle del benessere assediate.

Negli anni novanta del secolo scorso, l’insicurezza diventa paura perché sovrastano, a livello internazionale, le guerre della globalizzazione (cui l’Italia partecipa) e a livello interno i provvedimenti securitari che pretendono di difendere i cittadini occidentali mentre, al contrario, provocano disastri umanitari e allargano a dismisura la sfera delle reazioni belliciste: attentati terroristici, minacce di armi atomiche, chimiche, batteriologiche. 

All’inizio di questo secolo, per la “sicurezza” dell’Occidente minacciato, la guerra diviene permanente e preventiva. Si instaura così il circolo vizioso: la paura suscita bisogno di sicurezza e legittima risposte che, in nome della sicurezza, riproducono paura. A livello globale viene sancita una politica di pura potenza che rimuove qualsiasi pretesa di obbedienza a un ordine giuridico internazionale costituito. L’ordine del mercato capitalistico globale (che porta in sé la guerra quotidiana dei forti contro i deboli) prevale: il diritto internazionale di origine pattizia plurilaterale (trattati, convenzioni) viene sostituito dalla contrattazione e dall’accordo su base bilaterale fra governi, che escludono i parlamenti, cioè le istituzioni legislative, l’espressione più diretta del consenso democratico.

Il diritto internazionale, pubblico per eccellenza, viene in tal modo privatizzato dalla lex mercatoria sovranazionale, diventa affare fra leader (spesso segreto, per maggior sicurezza).

In questa situazione è indispensabile chiedersi se sia ipotizzabile la sopravvivenza di principi fondamentali rispetto ai quali non è possibile alcun compromesso.

Contemporaneamente, nei singoli Stati, la spirale securitaria prevede (per maggior sicurezza) la giuridificazione e la pubblicizzazione del privato. Ciò significa che

- la legislazione invade tutti gli spazi della vita umana, perfino i più privati, a lungo refrattari a norme esteriori, come quelli delle relazioni intime interpersonali;

- le tecniche di comunicazione a distanza, di raccolta ed elaborazione dei dati, pongono seri problemi di protezione dei diritti personali che richiedono leggi e regolamenti sempre nuovi.

Non deve sfuggire il pericolo insito in questa situazione:

- chi controlla le immagini e le parole può incidere sulle menti, sui desideri, sui comportamenti materiali e sulle scelte; può influenzare le percezioni attraverso la diffusione o la non diffusione dei dati, eventualmente aggiustati alla bisogna;

La categoria della sicurezza consente agli apparati pubblici di disporre della vita dei cittadini (sudditi), eliminando, in tendenza, i diritti universali. Ogni intervento di forza del potere diventa legittimo. Ma non solo, la difesa securitaria del sé separato e distinto, è il rigetto dell’altro, crea il clima sociale che “normalizza” esclusione e violenza, chiusura in fortini identitari e familistici, che funzionalizzano le donne a ruoli tradizionalmente previsti, negandone l’identità di soggetto costituente della società.
È così che l’appropriazione privata della democrazia si traduce in una rapina di soggettività per quanto riguarda le donne.

 

17 aprile 2004