Brunella Campea, La storia nell’ombra

Angela Giannitrapani

 

In un Abruzzo rurale, svuotato da ondate di migrazione maschile a cui fanno seguito mogli e figli, Betta si sposa appena ventenne con un promettente compaesano che da anni vive in America. Lo vedrà pochissimo nell’arco del loro matrimonio e nelle rare occasioni di incontro concepiranno tre figli. Ma quando il primo avrà dieci anni, la seconda sette e l’ultima tre, il padre interromperà definitivamente i rapporti. Questo è il racconto di una delle tante vedove bianche, tra le più sfortunate. Betta si assumerà un ruolo genitoriale completo, anche se il silenzio e il vuoto creato da un padre ancora in vita lascerà sui figli ferite inguaribili.

Lei, però, continuerà a ricolmarli di un amore infinito e non amaro, come avrebbe potuto essere; lavorerà con mani robuste la terra della famiglia di lui, aiutata dai suoceri e affiancata da una fitta rete parentale e sociale nel crescere i bambini che, da adulti, intraprenderanno strade diverse ma solide.

Betta lavorava la terra da contadina, ma contemporaneamente gestiva le proprietà, le rimesse di Guerino, almeno fin quando queste cessarono, aveva rapporti con la banca e col suo avvocato di fiducia, con l‘ufficio postale, persino col genio civile, quando seguì tutti i lavori di ricostruzione della loro casa distrutta dai bombardamenti”

Betta è la bisnonna dell’autrice e vera è la sua storia.

Il libro ha una struttura inconsueta. Nella prima parte Brunella Campea dichiara la forte spinta a rintracciare le radici di quella storia per portare in superficie le relazioni parentali ma soprattutto vuole squarciare il velo di silenzio che Betta e sua suocera hanno calato come una mannaia sulla famiglia; al suo interno, sui bambini e all’esterno sui parenti e compaesani.

Silenzio su un abbandono camuffato, edulcorato, ammantato per vergogna di essere stati abbandonati da un uomo giovane, in buona salute, con un buon lavoro. E, infine, con una nuova famiglia americana. A questa iniziale dichiarazione di intenti, l’autrice fa seguire la storia, nel susseguirsi degli anni e degli eventi.

Nella seconda parte Campea apre le pagine sul suo percorso di recupero delle origini, interpretando il non detto, indagando, chiedendo, recuperando qualche documento dal quale dedurre dati e conclusioni. Lo fa con una “voce piccola” che “aspetta paziente di essere recuperata”. Lo fa con le tessitrici, un itinerario più strettamente simbolico lungo il quale lo spirito della Grande Madre Ragno le si manifesta, curva e protettrice sulle donne della sua famiglia, a loro volta ricamatrici e tessitrici.

E’ la Donna Ragno che le porge il bandolo: a lei toccherà annodarlo nell’ultima tessitura perché “lei salva coloro che ricordano”. Così, si giunge “alla fine del silenzio”. Là dove la generazione successiva eredita il compito di dare voce a quella genealogia femminile a cui, nell’epopea della migrazione femminile, l’abbandono, il peso delle convenzioni sociali, la responsabilità di crescere i figli e la pietas nei loro riguardi aveva chiuso la bocca.

Brunella Campea, La storia nell’ombra
Galzerano editore, 2022, pag 193, € 12

 

 

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