Tilde Capomazza, Tivvù passione mia

Liliana Moro


Autobiografia di una femminista e giornalista anomala

potrebbe essere definita questa pubblicazione di Tilde Capomazza che ha affrontato la non lieve fatica di narrare la sua vita, i suoi successi, le sue realizzazioni e le sue battaglie.

Certo, narrare la propria vicenda personale è un'avventura e una scommessa per chiunque, ma nel caso di Capomazza, la questione è rilevante e intrigante in maggior misura, per più di un motivo.

L'ampiezza dell'arco temporale: Tilde ci fa rivivere gli anni del primo dopoguerra e ci conduce attraverso la storia italiana della seconda metà del Novecento.

Il suo sguardo illumina per noi interni di realtà notevolissime della nostra storia: dapprima la Fuci, l'organizzazione cattolica degli universitari, una realtà ben più significativa di quanto non si creda, poi la Rai, il fulcro della vicenda, esplicito fin dalla scelta del titolo per questa autobiografia. Si tratta di una tv fatta di inchieste, di voglia – e capacità- di incontrare la gente, e in particolare di capire il vissuto, i problemi, i traguardi, le realizzazioni delle donne. Apice dell'attività di Capomazza è la trasmissione “Si dice donna”, andata in onda su Rai 2 dal 1977 al 1979.

“Essere donna e intervistare una donna, non è cosa semplice” ricorda consapevolmente Tilde, e per non eludere la complessità dell'impresa, nella prima puntata del programma venne affrontato il tema della sessualità.

"...tutto questo era lavoro politico: processo di liberazione, affermazione del valore della donna, della sua diversità, dello sforzo che faceva nel tirar fuori pensieri mai detti, provocando le altre che erano in ascolto a ripensare se stesse."


Diversi momenti del libro mettono in luce la singolarit à e insieme l'esemplarità della vicenda di Capomazza: la caparbietà con cui persegue il suo sogno di lavorare in televisione, riuscendo a realizzarlo solo grazie alle sue doti: costanza, intelligenza, cultura, passione, che emergono, nonostante l'understatement con cui è condotta la narrazione. Quando arriva a una posizione apicale e dirige il periodico “Nuovo impegno” dell'Unione Donne di Azione Cattolica e viene presentata a un monsignore, a cui si era rivolta per consigli anni prima senza risultato, con quanta giusta soddisfazione scrive:

“A lui, ovviamente questo [il suo] nome non diceva niente. Ma io, dopo tanti anni e tanto patire, mi sentivo vendicata: perché se lui era costretto ad accorgersi della mia esistenza era tutto merito mio! Che la strada l'avevo fatta tutta da sola, senza essere stata allevata da nessuno, senza aver avuto padrini che non fossero la mia sofferenza e la mia testardaggine”


Un altro episodio illuminante: prima di realizzare “Si dice donna” Capomazza era nel team di “Sapere” una trasmissione di Rai 1 cardine nella funzione storica che ebbe la televisione pubblica nell'innalzare il livello culturale di una Italia profondamente segnata da guerra e fascismo. (Cose d'altri tempi). Quando Tilde dovette annunciare il passaggio alla nuova trasmissione e ad altra rete, il direttore del dipartimento Scuola e educazione, di cui “Sapere” faceva parte, ne fu molto dispiaciuto e cercò di convincerla a restare. Leggiamo il resoconto:

“Alla fine toccai un tasto che non si aspettava, ma io sapevo che avrei colpito nel segno: -Professore, ma lei me lo farebbe fare un programma sulle donne?- Restò un istante in silenzio. Poi, come se fosse intimamente addolorato, rispose fermo e pacato: -No, non posso!-.”

Il movimento delle donne aveva aperto profonde contraddizioni nel partito allora dominante, la DC, da cui uscirono personaggi come Lidia Menapace in quegli anni.

 

Figura di rilievo del femminismo romano era Annarita Buttafuoco, il cui ricordo è tra i meriti di questo libro, un ricordo tenero e attento che ci propone una giovanissima Annarita, appena uscita dalle superiori che accetta, dopo attenta verifica della situazione, l'invito di Tilde di trasferirsi da lei a Roma e iscriversi all'ateneo romano.

“Annarita mi riportava il clima, i problemi, le figure dell'ambiente universitario, citando nomi di … giovani compagne già impegnate nel movimento femminista... Negli anni successivi Annarita Buttafuoco, quella ragazza intelligente e curiosa, sarebbe diventata una delle storiche più importanti della sua generazione.”

E, cosa forse meno nota, contribuì in modo significativo alle trasmissioni organizzate da Capomazza.

Dunque molti temi : il cattolicesimo sociale, il femminismo, la nascita (e la morte) di una televisione intesa come strumento di diffusione della cultura; e ancora: il rapporto con la madre, la forza delle amicizie, la passione per la divulgazione del sapere e per il miglioramento del sud. Temi che trovano in questo libro un intreccio solido, che non ne consente la “classica” divisione tra pubblico e privato.

 

Tilde Capomazza, Tivvù passione mia,
Harpo ed., 2016, pagg. 250 € 16


Per approfondire:

Loredana Cornero, La tigre e il violino, RAI ERI, 2012

http://www.lastampa.it/2012/03/21/societa/si-dice-donna-quando-la-tv-era-fatta-da-donne-e-per-donne-3DwmgmHeb3y2IquJHRyJXI/pagina.html

http://www.noidonne.org/articolo.php?ID=03946

http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-tigre-e-il-violino-si-dice-donna-quando-la-rai-era-femminista/

 

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