Cara Rossana... cara Lea


Lea Melandri intervista Rossana Rossanda

 

 

 

Lea: Tu dici spesso, scherzosamente, che non sai se sei una donna, un uomo o un ufo.

Rossana: Non scherzo, protesto. Sembra che io non sia mai quel che dovrei essere. Ma non c'è dubbio: sono nata femmina e sono donna nel mio tempo.

Lea: Penso che ogni donna possa dire lo stesso di sé…

Rossana: No. Quale donna si è? La "femminilità" è stata costruita sopra di noi da una rigorosa divisione sessuale dei ruoli, che aveva un suo senso per il patriarcato, e che è stata introietta da maschi e femmine. C'è perfino nel femminismo una propensione a cogliere del genere femminile l'inclinazione alla fantasia, alla malinconia, al sogno d'amore anche se ci dilania, al palpitare del corpo, e a trovare opaco tutto ciò da cui siamo state escluse - il pensiero oggettivato (la manifesta ragione) e le istituzioni, quel che chiamiamo "politica". Non è questa la mia esperienza, per cui, diciamo la verità, le mie amiche femministe mi aggregano alla solita emancipata che vorrebbe essere un uomo, e quelle che, come te, mi vogliono bene, cercano di mettere in luce con affettuosa attenzione in quel che scrivo la "donna nascosta". Non fare un salto se osservo che gli uomini fanno lo stesso con me, in direzione opposta.

Lea: E' vero, una parte del femminismo ha creduto di poter rivalutare aspetti tradizionali del "femminile", come il sentimento, l'attenzione ai rapporti personali, l'inclinazione al dono, alla cura dell'altro, in una chiave nuova, positiva e quindi capovolta rispetto al passato, come se la "differenza" dell'essere donna fosse in qualche modo garantita da un dato biologico, come la maternità, o da un fondamento metafisico. Non è mai stata questa la mia posizione.

Rossana: Per me la "femminilità" non sta in natura: in natura sta la genitalità, la sessualità, mentre le sue figure sono cosa più complicata, estesa, prodotto di coscienza , terreno tormentato di civiltà. Dentro la quale è nata (con variazioni) la figura della donna prima figlia, poi sposa, poi madre, poi asessuata, oppure sfrenata, seduttiva, amante fatale, amante seccante, via via fino alla più o meno sacra prostituta e alla effimera "velina". O anche l'opposto assoluto, la disincarnata sposa di dio. Sono modelli antichi ma perché subirli ancora? Perché perlopiù ci infiliamo in uno di loro? Io non ne amo nessuno, né quello severo né quello ammiccante. E non ho mai desiderato essere un uomo. Ne ho invaso il campo, questo sì, non glielo lascio.

Lea: Ma in che cosa è consistito allora quel modo nuovo, prima sconosciuto, di guardare, pensare te stessa che attribuisci al femminismo? Nel libro Anche per me (Feltrinelli, 1987) scrivevi che l'incontro col movimento delle donne negli anni '70 era stato "tra i più decisivi", in quanto ti aveva dato consapevolezza di essere "non solo un individuo ma una donna".

Rossana: Non avevo capito quanto abbia pesato e sia stata determinante la divisione sessuale dei ruoli. Quanto il modello "maschile" e "femminile" abbia strutturato la percezione di ognuno e ognuna, la storia e la memoria dell'umanità. Quanto insomma siamo "persone sessuate". Anche, anzi di più, quando non lo sappiamo.

Lea: Ma aggiungevi, a proposito della identità di sesso, che era "l'intuizione di una dimensione immensa, prima da me non vista o sottovalutata".

Rossana: Non ne posso più di "identità" presunte invalicabili - di terra, di sangue, di etnia, di religione e figuriamoci se non di sesso. Diciamo soggettività di genere. Io mi sono andata convincendo che di biologico e invariabile fra maschi e femmine c'è solo la diversità dell'apparato riproduttivo: gli uomini non possono partorire, noi non possiamo spandere in loro un seme. Tutto il resto è costruzione storica a onde lunghe, e dissimmetrica perché segnata dal sopravvento d'uno dei due sessi. E, certo, profondamente introiettata. Forse perfino pattuita, se no le donne avrebbero sterminato gli uomini da un pezzo. Non poco di quella dissimmetria deve andarci bene, se in Francia - dove mi trovo oggi - un terzo delle donne ammettono di essere state almeno una volta picchiate. Forse all'età della pietra maschio e femmina convennero che lui andava a caccia del leopardo per colazione mentre lei restava col piccolo nella grotta, lui rischiava la pelle ma si garantiva proprietà e progenie, lei non si garantiva né l'una né l'altra, ma non rischiava (nell'immediato) la vita. Più tardi e fino a poco tempo fa lui portava i soldi, lei assicurava la cura. Lui andava in guerra e lei restava a casa. Non è stato un bel contratto. Sfidavo la politica a tenerne conto. Sfidavo noi stesse a non starci più.

Lea: Se il dominio maschile arriva così lentamente alla coscienza storica, pur essendo il più evidente, è perché, essendo legato all'amore, alla riproduzione della vita, all'esperienza singolare di essere stati tutt'uno alla nascita col corpo della madre, ha fatto sì che dominata e dominatore parlassero la stessa lingua, che il sacrificio di sé potesse essere scambiato per generosa dedizione, che l'indispensabilità all'altro fosse presa per potere. Poi è venuto il femminismo, e tu non sembrasti avere dubbi, in quegli anni, che fosse una sfida radicale alla politica, la "protesta più estrema", perché portata "nel più oscuro, opaco, lontano": il corpo, la sessualità, l'inconscio.

Rossana: Non io ma il femminismo sfidava la politica. Io penso che la cultura politica, rimuovendo la parte oscura o desiderante dell'io, non vede quanto ne è essa stessa segnata. Quanto ne sono segnati i suoi codici. E quanto le sfugga dei movimenti profondi, limpidi o torbidi che siano, della società che ha davanti. Ma sento che mi rimproveri, come se avessi cambiato idea o tradito. No, c'è fra noi da sempre una diversità di accenti. Tu vedi soprattutto le invarianti biologiche e psichiche,nei comportamenti umani, io guardo soprattutto alle varianti. Non credo infatti che l'uomo ignori il corpo e la sessualità: li declina secondo il modello patriarcale che lo rassicura. Non credo che l'uomo sia più vicino alla ragione e noi all'irrazionalità, che peraltro non è il contrario della ragione. Certo l'uomo praticava ( e ancora pratica) pubblicamente la prima , lei pubblicamente il secondo. Quanto ai sentimenti poi: com'è che i grandi scrittori maschi hanno visto il nostro dolore? Non è una donna che ha scritto Anna Karenina. Per tornare al tuo tema: sì, la cultura politica deve sapere che grande parte dell'esperienza umana le sfugge, non se ne deve occupare. Deve stabilire le regole di convivenza, e oramai ricontrattare fra i generi o, se vuoi, i sessi. Alt. Non ha da essere calda e intrusiva, ha da essere fredda e rispettosa dell'io profondo. Non voglio ayatollah di nessun tipo.

Lea: Anche la tua scrittura cambiò in quegli anni. Dicesti che il femminismo legittimava lo scrivere "di sé" e "per sé", che ti aveva permesso qualche "scorreria nella persona e nella memoria", la possibilità di dar voce alla malattia, alla solitudine, alla morte, ma anche all'amicizia tra donne.

Rossana: E' vero. Non pretendo più una oggettività neutra. Parto da me. Me di fronte a un pezzo di mondo, che non vorrei troppo piccolo.

Lea: Nella tua autobiografia c'è una splendida carrellata di zie, modelli femminili a cui sembra tu abbia guardato con la libertà di una bambina a cui non sono state fatte imposizioni relative al suo sesso. C'è la moglie, "battuta e sprecata"…

Rossana: Non battuta, buttata. Sprecata.

Lea: e ci sono le "donne sole, donne per sé", "sapienti e sorridenti". Nessuna sarebbe stata il tuo futuro: né la sessualità né la maternità avrebbero avuto per te il peso che hanno nella vita della maggior parte delle donne, e neppure saresti sostata a lungo nel sogno di una tranquilla, solitaria vita di studi e di pensiero. Eppure c'è una figura dominante, quella che, non a caso, hai voluto farci incontrare già nel titolo del tuo libro: ideale dell'Io, direbbe Freud, che la memoria rincorre, o che non ha mai perso di vista. "Ragazza allegra, coraggiosa, sentimentale" è tua madre nella foto che la ritrae sedicenne nelle prime pagine; "tre ragazze" siete tu, tua sorella Mimma e lei, solo un po' più attempata di voi…

Rossana: Per ragazza intendo una creatura aperta, avventurosa, non conclusa e inchiodata.

Lea: Ma come "ragazza particolare" descrivi anche te stessa, "più disposta a rimproverarsi la cecità rispetto alle sorti del mondo, assalita da domande implacabili", piuttosto che celarsi dietro la secolare "estraneità" delle donne alla vita pubblica.

Rossana: Vero.

Lea: Sulla soglia che sta tra le sale odorose di cera della biblioteca del Castello Sforzesco, dove studentessa universitaria cominciavi l'esaltante avventura del pensiero, e la città sorpresa dai bombardamenti, nel 1943, sembra che si compongano idealmente le figure di due genitori "preziosi e amati", la bellezza e la vivacità di tua madre, la saggezza e la malinconia di tuol padre. Un androgino perfetto, mi verrebbe da dire.

Rossana: Non so. Per androgino si intendono due cose: un antico rimpianto di un' età dell'oro in cui l'umano non era diviso, che sta in tutte le culture (questo è anche l'eros greco, altro che Ratzinger!) e una pratica corporale dei due sessi, transgender. Il primo senso resta affascinante quanto fantasmatico, le seconde non mi hanno attratto, ma è lecitissimo che attraggano altri e altre. Sul sesso ognuno si attiene a quel che gli va, salvo rispettare l'altro. Anche qui sarei per "raffreddare". Il sesso non è tutto e ha da essere libero. Insisto, sesso e genere non sono la stessa cosa. A dirla tutta non mi affascinano né la neutralità né la differenza.

Lea: Che la complementarietà dei ruoli, il differenziarsi del maschile del femminile come se fossero le due metà di un intero, conservi un grande fascino non c'è dubbio: di questo ideale ricongiungimento, o armonia degli opposti parla il sogno d'amore, ma in modo perverso anche il totalitarismo, il nazionalismo, e tutti i fondamentalismi che conosciamo. Nella tua immagine di ragazza ho creduto di trovare qualcosa che richiama il desiderio di armonia o di interezza: un corpo che trattiene la grazia e la vitalità non ancora domata del femminile, e una intelligenza che si è trovata troppo presto a dover prendere stanza nel mondo, a respingerne con forza luciferina gli orrori, intollerante di tutto ciò che viene a dirigere dall'esterno le nostre vite: la povertà, la guerra, la schiavitù del lavoro.

Rossana: Perché la grazia del corpo giovane femminile? E' immensa anche quella del corpo giovane maschile. Prima di essere tutti e due sfiniti e ingabbiati da un dover essere perfino fisico. Quanto al prendere stanza nel mondo non è mai troppo presto, visto che o la prendiamo o vi ci mettono. E di non pochi dei suoi orrori è piena anche la famiglia. Credo che sia stato sempre così. Ma stanno esplodendo oggi che i ruoli del triangolo vacillano tutti: il padre non più il solo tramite e l'immagine stessa del mondo esterno al nucleo familiare, la madre non è più solo l'ex figlia e figura tenera e sacrificale, il figlio deve imparare chi vuol essere, e pare che nessuno dei due, traballanti come sono, sia per ora in grado di dargli una mano. Il disagio più violento emerge evidentemente dall'uomo, che si sente spossato, afferra il revolver, ammazza lei ed esclama: "Non volevo perderla". Ormai ci sono più ammazzamenti in casa per conflitto fra i sessi che in strada per conflitto di mafie.

Lea: Mi chiedo se, di fronte all'occhio impietoso del femminismo che ti ha rimproverato enfasi volontaristica, onnipotenza, sacrificio di sé, sottovalutazione del destino imposto alla donna, non abbia giocato, nel farti nascere dubbi e sensi di colpa, proprio l'evidenza del privilegio che ti ha fatto essere così unica rispetto alle "sorelle di sesso", così ugualmente di casa nella sfera interiore e nella grande storia, nelle acque insondate della persona e nelle passioni della politica.

Rossana : Ma quale sacrifico di me? Se non mi fossi dedicata al Pci o al Manifesto, sarei probabilmente professore in qualche università. E allora? Non mi sono tormentata perché ero sterile, e di figli - quelli grandi, che già ti guardano con sopportazione - ne ho fin troppi. La mia ormai lunga vita non è stata contro tutti né quella pagata a più caro prezzo. Quanto a colpe, essendo antipatica, tendo perlopiù a darle agli altri. Naturalmente porto su di me qualche livido, ma come canta Edith Piaf, Je regrette rien.

Lea: E' alle tue amiche femministe -"accusatrici" ma anche "amabili struzzi" che sprofondano la testa sotto la sabbia per non doversi caricare delle responsabilità del mondo, che risponde prioritariamente il tuo viaggio nella memoria, il desiderio di dirsi e farsi ascoltare per quello che si è o si è stati?

Rossana: Credo di sì. Ma anche la smania di persuadere, di cambiare. Lo ammetto. Non scrivo per me. Anche perché non sono, ahimé, Virginia Woolf.

Pubblicato su D di Repubblica

5 Maggio 2006