Catalogo
des femmes 1974- 2004:
|
|
Catalogo
des femmes 1974- 2004 recensione
di Maria Schiavo
Una preziosa
occasione per fare un po' di storia Nel Catalogo
-dedicato da tutte le collaboratrici ad Antoinette Fouque e a Marie-Claude
Grumbach, scomparsa nel 2001- vengono anche ricordati i forti legami
che nei lontani anni Settanta intercorsero fra una parte del movimento
delle donne italiano -milanese e torinese, in particolare- ed il gruppo
francese che, come si ricorderà, prima della fondazione della casa
editrice si chiamava Psychanalyse et Politique. Proprio
per testimoniare l'esistenza di questi significativi legami, sono citati
all'inizio un brano di Lia Cigarini, tratto dalla sua introduzione
al libro di Antoinette Fouque, I sessi sono due , e un altro
brano tratto dal mio ultimo libro Movimento a più voci
. Questo mi fa sentire l'esigenza di riprendere la parola su quei legami,
di fare qualche ulteriore precisazione. Sono contenta
e grata che il brano scelto sia quello in cui rievoco l'espugnazione della
Sorbona da parte delle camionette nere delle polizia lungo la rue saint-Jacques,
tutta in salita. Sono convinta che quel momento storico, il '68, e per
noi donne soprattutto gli anni successivi, racchiudono in sé intuizioni,
idee, desideri, progetti che non sempre siamo state in grado di portare
avanti: riandare a quegli anni per me non è solo struggente nolstagia,
ma anche desiderio di interrogarli, di ritrovare in essi, in noi, quel
che ci è sfuggito, quel che abbiamo sbagliato. Nel mio libro
io colloco l'incontro con Psychanalyse et Politique all'interno
di una storia personale e collettiva, dando molto rilievo alla figura
di Antoinette, come a colei che in quella situazione storica intuì
e seppe dar voce con fulminei, acuti interventi a quell'atmosfera magica
di fervore, a quei ritmi straordinari di scansione del tempo in cui tutto
sembrava potersi immediatamente realizzare. Oggi in un momento storico
molto diverso, a tent'anni di distanza, la prospettiva è cambiata,
e le perplessità che suscitarono in me, sin da allora, la leader
e il suo gruppo assumono un significato diverso, vorrebbero essere un
invito a una riflessione più allargata, carica del sapere, dell'
esperienza accumulata, che spero possa coinvolgere le stesse protagoniste,
fino a quando il tempo, gli anni che passano ce lo consentiranno ancora.
Vorrei che il messaggio di quegli anni giungesse più nitido, meno
turbato dalle polemiche, alle nuove generazioni. Vorrei che le posizioni
diverse potessero emergere come segnali di un percorso e non come dogmi
accecanti. Ritorno ad
Antoinette Fouque, al suo pensiero: sin dal primo incontro mi lasciò
perplessa e molto turbata la sua liquidazione senza possibilità
d'appello della figura della lesbica come imitatrice di atteggiamenti
fallici ricalcati su quelli degli uomini. Alla sua sessualità Antoinette
contrapponeva un'omosessualità femminile, cui allora si diede il
nome di "politica", e che oggi in alcuni passaggi del Catalogo,
( ma lo aveva già fatto, articolando più ampiamente il suo
pensiero, ne I sessi sono due ) lei chiama "nativa",
in altri punti "primaria": l'omosessualità di chi, per
intenderci, è nata da un essere -la madre- che le ha trasmesso
oltre che la vita, il proprio sesso. Quindi secondo Antoinette Fouque
tutte le donne sono naturalmente omosessuali, "al di qua della perversione",
e cioè prima di quello che la psicoanalisi chiama lo stadio edipico.
Stadio edipico in cui la maturazione sessuale della bambina è tuttora
assimilata dalla psicoanalisi a quella maschile, ricorda sempre Antoinette.
Si tratta per lei dunque di "sovvertire un ordine simbolico monofallico
per passare da una civiltà dell'Uno a una civiltà del due,
da un'economia fallica a una società eterosessuata e genitale".
Come si vede,
la critica politica di Antoinette si colloca e si è sempre collocata
all'interno della psicoanalisi, e non ha mai abbandonato questa collocazione
sin dall'inizio, cioè sin dai lontani anni Settanta. Ora, se si
ammette che in tutte le donne esiste una omosessualità primaria,
bisogna ammettere anche che non tutte hanno delle relazioni sessuali con
donne, o solo con donne, e quelle che le hanno solo con donne sono state
individuate dalla società e in seguito dalla psicoanalisi come
omosessuali o lesbiche, e non sono state in genere né all'una né
all'altra molto ben accette. Ma con il suo concetto di omosessualità
'nativa' Antoinette ha operato, come dicevo prima, una cancellazione politica
e psicoanalitica della lesbica, perché secondo lei la sua figura,
sempre rimanendo nell'ambito della psicanalisi, si colloca allo stadio
fallico. E quindi esser lesbica diventa nel pensiero di A. Fouque una
posizione in un certo senso ideologica di connivenza con quella che lei
chiamava negli anni Settanta la società pederastica maschile (fatta,
cioè di rapporti esclusivi tra uomini, di ''hommosexualité'
) prima che una tendenza sessuale. Il che mi
sembra molto discutibile. Quello che negli anni Settanta poteva apparire
come un tentativo di rompere le gabbie dei vecchi schemi, di diffidare
di ogni configurazione segnata da antichi retaggi di dominio, oggi non
può più essere interpretato in questo senso rivoluzionario
laddove si ridefiniscono delle collocazioni in cui l'omosessualità
femminile diventa nien'altro che 'nativa' e non vi appare il desiderio
di una donna per un'altra donna, e questo è tanto più sorprendente
quanto più, come ho raccontato nel mio libro, in molti incontri
di Psychanalyse et Politique, nella realtà, lo abbiamo
visto invece chiaramente apparire. Dunque questo desiderio è qualcosa
che esiste e non esiste, che non è dicibile? Che deve forse rimanere
all'ombra di un 'matriciel', di una matrice fonte unica di vita e di eros? Tutto questo
spiega, fra l'altro, atteggiamenti di dissenso come quello di Teresa
De Lauretis (v. in Sui generis, Salve Regina) che, muovendosi
anche lei nell'ambito della psicoanalisi freudiana, contesta l'esistenza
di una omosessualità primaria, preedipica per tutte le donne. De
Lauretis ribadisce l'esistenza della lesbica, di un soggetto femminile
desiderante, capace di desiderare, (a differenza dell''isterica cui essa
viene erroneamente assimilata, secondo l'autrice, sulla base di affermazioni
di Lacan), e quindi di una omosessalità femminile edipica, proponendo
una sua soluzione "originale" (v. Pratica d'amore
) per spiegarne il meccanismo e liberarla dallo schema fallico. Questo
avviene negli Stati Uniti d' America dove il movimento lesbico, dopo aver
tratto beneficio dalle istanze del movimento delle donne (da quello più
radicale all'emancipazionismo) ha ripreso una forza, una varietà
ed un'autonomia di pensiero inconcepibili in Europa. In questa
stessa atmosfera si colloca la riflessione -molto più radicale
perché investe la società tutta, la sua organizzazione-
di Monique Wittig, scrittrice francese emigrata anche lei negli
Stati Uniti e scomparsa lo scorso anno, la cui affermazione "la lesbica
non è una donna" aveva fatto a suo tempo tanto scalpore sia
in Francia che altrove. Evidentemente si tratta di un paradosso, ma è
significativo che esso sia stato pronunciato dall'autrice del Corpo
lesbico (1973), da una donna che nel lontano maggio 1968 aveva
trascinato con sé a manifestare per le strade di Parigi anche Antoinette
Fouque. Wittig (La pensée straight) critica ogni
riferimento alla psicoanalisi, allo strutturalismo, e vede in certa produzione
letteraria della casa editrice des femmes, in quella che voleva
più profondamente esprimere tutto l'ineffabile della matrice -nella
preziosa, acrobatica écriture féminine di Hélène
Cixous in particolare- la ripetizione della Donna quale l'aveva costruita
il mondo patriarcale. A essa oppone, in una visione utopica di liberazione
che oggi appare sempre più lontana, proprio la figura che era stata
tolta di mezzo, la lesbica come colei che, sottraendosi all'obbligo dell'eterosessualità,
può fare intravedere alle altre donne la speranza politica di potersi
a loro volta sottrarre alla dura legge della società a dominio
maschile, non certo obbligandole all'omosessualità, ma rendendole
consapevoli, con il suo esempio, di essere costrette là dove si
erano credute libere, in grado di disporre di sé. Una questione
di libertà Ciò
non toglie nulla -beninteso- all'importanza degli sforzi, delle realizzazioni
di molte donne. Fra queste, senza dubbio, des femmes, Antoinette
Fouque. Ognuna ha tentato di captare ciò che prometteva il fervore
di quegli anni ed ha tentato di svilupparne il nucleo segreto. Il nuovo.
L'impensato. Ma ci sono sicuramente delle cose che ricadono indietro,
si trasformano, mostrano lati inattesi e pericolosi nello sviluppo successivo.
Così un' altra idea che negli anni Settanta mi appariva rivoluzionaria,
la rimessa in discussione della psicoanalisi, del concetto di isteria
come nevrosi, e che ne faceva qualcosa che riguardava tutte le donne,
la loro cancellazione collettiva all'interno della società, oggi
mi appare tristemente rientrata nella teoria psicoanalitica. Quel termine
'isteria' che nel Catalogo Antoinette usa ancora in un senso politico
ha intanto riassunto il significato originario di nevrosi, che mi sembra
fuorviante se pretende ancora di rappresentare politicamente tutte le
donne le cui realtà, pur ancora inquietanti e deprivate, si sono
nel frattempo, col trascorrere degli anni, frantumate, moltiplicate, differenziate.
Oggi la coralità, la simultaneità degli anni Settanta non
è più in grado di rappresentarci, e continuare a farlo con
gli stessi termini suona falso, ideologico. "La
madre prima del padre" Le scrittrici
des femmes Quello che
colpisce ancora oggi, sfogliando, rileggendo alcuni di quei libri che
la casa editrice francese ha pubblicato, è la scrittura sperimentale
che li attraversa, una discesa agli inferi o una 'saison aux enfers',
nel caso di Victoria Thérame, col suo Hosto-blues,
nel caso di Emma Santos, che aveva già pubblicato presso
Maspero, La Malcastrée. Le teorie sull'écriture
féminine di Hélène Cixous possono suscitare molte
perplessità, ma le sue pagine sui Demoni di Dostoevskij
in L'Ange au secret sono tra le cose più belle
che di lei si possano leggere. Scrittura sempre sui bordi, al limite,
funambolica, sul punto di crollare, o virulenta, capace di corrodere come
un acido, come quella di V. Thérame. Questa scrittura sperimentale
delle donne in Francia, con un così forte legame con un movimento
politico, con una così intima (troppo intima) adesione alle teorie
psicoanalitiche fortemente imperniate sul linguaggio, non ha il suo corrispondente
in Italia. Noi abbiamo avuto piuttosto dei testi narrativi, politici e
filosofici pubblicati dalla Tartaruga (quella che ha retto di più,
e oggi come il mercato editoriale glielo permette) linguisticamente più
aderenti alla tradizione. Gli esperimenti sono piuttosto da ricercare
nella antiletterarietà della scrittura diaristica, autobiografica,
di Carla Lonzi, nella messa a nudo del sé nata dalla pratica
dell'autocoscienza, negli esercizi di A zig-zag , voluto
da Lea Melandri. Ma in Italia non abbiamo avuto una scrittura che
si piegasse allo sconvolgimento, alla destrutturazione linguistica, se
non in qualche modo ne La sproporzione di Bibi Tomasi,
l'unica scrittrice che ha cercato di rappresentare, in forma umoristica
e con efficace apparente sconnessione, l'odissea delle relazioni politico-amorose
all'interno del movimento milanese, e forse, per quel che riguarda lo
sconvolgimento della collocazione in un genere letterario, tra saggio
e romanzo (chiedo scusa per l'autocitazione), in Macellum. Nelle autrici
pubblicate da des femmes non vediamo forse realizzato il sogno
di Virginia, una storia che manifesti il desiderio, l'amore di
una donna per un'altra donna, se non in qualche epistolario famoso, ma
sicuramente vediamo una testimonianza politica e culturale importante
della riflessione e della creatività delle donne nel secolo che
è appena finito. Possiamo pensare che l'interruzione di questi
anni sia solo una pausa, un tentativo di rinnovarsi ? di confrontarsi
con le donne che la pensano diversamente? Le difficoltà del momento
sono grandi e per le donne ancora di più. Il mercato impera. Antoinette
Fouque non lo nasconde nella sua introduzione. Ma auguriamo a des femmes
di poter riprendere le sue pubblicazioni, se sarà possibile liberamente.
In questo caso, tutto quello che è già stato fatto ce
ne serait qu'un début ! sarebbe solo un inizio. Maggio 2004
|