Catalogo des femmes 1974- 2004:
depuis 30 ans des femmes éditent.... 1974-2004

des femmes-Antoinette Fouque
Paris,2004




 

Catalogo des femmes 1974- 2004

recensione di Maria Schiavo

 


Antoinette Fouque

 

Una preziosa occasione per fare un po' di storia
Ho letto con molto interesse il recente Catalogo che illustra l'attività trentennale della casa editrice francese des femmes, che nel 1999 interruppe l'attività ma non la diffusione dei libri, come spiega nell'introduzione Antoinette Fouque che ne è stata e ne è ancora l'animatrice. In un certo senso, ripresentando il proprio percorso politico ed editoriale, ripresentando le autrici pubblicate, i loro commenti di oggi sulla casa editrice, la loro gratitudine, des femmes riconferma in questa visione retrospettiva, che qua e là assume toni un po' autocelebrativi, la centralità in Francia e all'estero della propria azione culturale e politica.

Nel Catalogo -dedicato da tutte le collaboratrici ad Antoinette Fouque e a Marie-Claude Grumbach, scomparsa nel 2001- vengono anche ricordati i forti legami che nei lontani anni Settanta intercorsero fra una parte del movimento delle donne italiano -milanese e torinese, in particolare- ed il gruppo francese che, come si ricorderà, prima della fondazione della casa editrice si chiamava Psychanalyse et Politique. Proprio per testimoniare l'esistenza di questi significativi legami, sono citati all'inizio un brano di Lia Cigarini, tratto dalla sua introduzione al libro di Antoinette Fouque, I sessi sono due , e un altro brano tratto dal mio ultimo libro Movimento a più voci . Questo mi fa sentire l'esigenza di riprendere la parola su quei legami, di fare qualche ulteriore precisazione.

Sono contenta e grata che il brano scelto sia quello in cui rievoco l'espugnazione della Sorbona da parte delle camionette nere delle polizia lungo la rue saint-Jacques, tutta in salita. Sono convinta che quel momento storico, il '68, e per noi donne soprattutto gli anni successivi, racchiudono in sé intuizioni, idee, desideri, progetti che non sempre siamo state in grado di portare avanti: riandare a quegli anni per me non è solo struggente nolstagia, ma anche desiderio di interrogarli, di ritrovare in essi, in noi, quel che ci è sfuggito, quel che abbiamo sbagliato.

Nel mio libro io colloco l'incontro con Psychanalyse et Politique all'interno di una storia personale e collettiva, dando molto rilievo alla figura di Antoinette, come a colei che in quella situazione storica intuì e seppe dar voce con fulminei, acuti interventi a quell'atmosfera magica di fervore, a quei ritmi straordinari di scansione del tempo in cui tutto sembrava potersi immediatamente realizzare. Oggi in un momento storico molto diverso, a tent'anni di distanza, la prospettiva è cambiata, e le perplessità che suscitarono in me, sin da allora, la leader e il suo gruppo assumono un significato diverso, vorrebbero essere un invito a una riflessione più allargata, carica del sapere, dell' esperienza accumulata, che spero possa coinvolgere le stesse protagoniste, fino a quando il tempo, gli anni che passano ce lo consentiranno ancora. Vorrei che il messaggio di quegli anni giungesse più nitido, meno turbato dalle polemiche, alle nuove generazioni. Vorrei che le posizioni diverse potessero emergere come segnali di un percorso e non come dogmi accecanti.

Ritorno ad Antoinette Fouque, al suo pensiero: sin dal primo incontro mi lasciò perplessa e molto turbata la sua liquidazione senza possibilità d'appello della figura della lesbica come imitatrice di atteggiamenti fallici ricalcati su quelli degli uomini. Alla sua sessualità Antoinette contrapponeva un'omosessualità femminile, cui allora si diede il nome di "politica", e che oggi in alcuni passaggi del Catalogo, ( ma lo aveva già fatto, articolando più ampiamente il suo pensiero, ne I sessi sono due ) lei chiama "nativa", in altri punti "primaria": l'omosessualità di chi, per intenderci, è nata da un essere -la madre- che le ha trasmesso oltre che la vita, il proprio sesso. Quindi secondo Antoinette Fouque tutte le donne sono naturalmente omosessuali, "al di qua della perversione", e cioè prima di quello che la psicoanalisi chiama lo stadio edipico. Stadio edipico in cui la maturazione sessuale della bambina è tuttora assimilata dalla psicoanalisi a quella maschile, ricorda sempre Antoinette. Si tratta per lei dunque di "sovvertire un ordine simbolico monofallico per passare da una civiltà dell'Uno a una civiltà del due, da un'economia fallica a una società eterosessuata e genitale".

Come si vede, la critica politica di Antoinette si colloca e si è sempre collocata all'interno della psicoanalisi, e non ha mai abbandonato questa collocazione sin dall'inizio, cioè sin dai lontani anni Settanta. Ora, se si ammette che in tutte le donne esiste una omosessualità primaria, bisogna ammettere anche che non tutte hanno delle relazioni sessuali con donne, o solo con donne, e quelle che le hanno solo con donne sono state individuate dalla società e in seguito dalla psicoanalisi come omosessuali o lesbiche, e non sono state in genere né all'una né all'altra molto ben accette. Ma con il suo concetto di omosessualità 'nativa' Antoinette ha operato, come dicevo prima, una cancellazione politica e psicoanalitica della lesbica, perché secondo lei la sua figura, sempre rimanendo nell'ambito della psicanalisi, si colloca allo stadio fallico. E quindi esser lesbica diventa nel pensiero di A. Fouque una posizione in un certo senso ideologica di connivenza con quella che lei chiamava negli anni Settanta la società pederastica maschile (fatta, cioè di rapporti esclusivi tra uomini, di ''hommosexualité' ) prima che una tendenza sessuale.

Il che mi sembra molto discutibile. Quello che negli anni Settanta poteva apparire come un tentativo di rompere le gabbie dei vecchi schemi, di diffidare di ogni configurazione segnata da antichi retaggi di dominio, oggi non può più essere interpretato in questo senso rivoluzionario laddove si ridefiniscono delle collocazioni in cui l'omosessualità femminile diventa nien'altro che 'nativa' e non vi appare il desiderio di una donna per un'altra donna, e questo è tanto più sorprendente quanto più, come ho raccontato nel mio libro, in molti incontri di Psychanalyse et Politique, nella realtà, lo abbiamo visto invece chiaramente apparire. Dunque questo desiderio è qualcosa che esiste e non esiste, che non è dicibile? Che deve forse rimanere all'ombra di un 'matriciel', di una matrice fonte unica di vita e di eros?

Alcune conseguenze
Questo punto di vista ambiguo e liquidatorio ha creato in Italia e altrove problemi di vario genere: ha di fatto reso, nei luoghi influenzati dal pensiero politico di A. Fouque, i rapporti sessuali, amorosi fra donne, qualcosa di sfuggente e in un certo senso di un nuovo tipo: come l'enigmatico accenno a una sessualità elegantemente mobile e disinvolta, che purtroppo ha le sue basi teoriche nell'obliterazione della lesbica, o con un altro termine che preferisco, della donna omosessuale. Ancora una volta, un riferimento molto forte al pensiero maschile -Freud, Lacan-, all'interno del quale si son voluti introdurre degli aggiustamenti, si dimostra ambiguo. Questi aggiustamenti sostengono, infatti, la visione di una società eterosessuata in cui la genitalità femminile venga sì materialmente e simbolicamente riconosciuta, ma che può apparire anche come una società tacitamente omofobica: il che non mi sembra una grande conquista rispetto alla libertà che immaginavamo, al superamento delle catalogazioni assassine, all'abbattimento delle gabbie anche concettuali, edipiche, che ci proponevamo negli anni Settanta. Può apparire ancora una volta, come vuole da sempre la psicoanalisi, una rappresentazione esclusiva della coppia uomo-donna.

Tutto questo spiega, fra l'altro, atteggiamenti di dissenso come quello di Teresa De Lauretis (v. in Sui generis, Salve Regina) che, muovendosi anche lei nell'ambito della psicoanalisi freudiana, contesta l'esistenza di una omosessualità primaria, preedipica per tutte le donne. De Lauretis ribadisce l'esistenza della lesbica, di un soggetto femminile desiderante, capace di desiderare, (a differenza dell''isterica cui essa viene erroneamente assimilata, secondo l'autrice, sulla base di affermazioni di Lacan), e quindi di una omosessalità femminile edipica, proponendo una sua soluzione "originale" (v. Pratica d'amore ) per spiegarne il meccanismo e liberarla dallo schema fallico. Questo avviene negli Stati Uniti d' America dove il movimento lesbico, dopo aver tratto beneficio dalle istanze del movimento delle donne (da quello più radicale all'emancipazionismo) ha ripreso una forza, una varietà ed un'autonomia di pensiero inconcepibili in Europa.

In questa stessa atmosfera si colloca la riflessione -molto più radicale perché investe la società tutta, la sua organizzazione- di Monique Wittig, scrittrice francese emigrata anche lei negli Stati Uniti e scomparsa lo scorso anno, la cui affermazione "la lesbica non è una donna" aveva fatto a suo tempo tanto scalpore sia in Francia che altrove. Evidentemente si tratta di un paradosso, ma è significativo che esso sia stato pronunciato dall'autrice del Corpo lesbico (1973), da una donna che nel lontano maggio 1968 aveva trascinato con sé a manifestare per le strade di Parigi anche Antoinette Fouque. Wittig (La pensée straight) critica ogni riferimento alla psicoanalisi, allo strutturalismo, e vede in certa produzione letteraria della casa editrice des femmes, in quella che voleva più profondamente esprimere tutto l'ineffabile della matrice -nella preziosa, acrobatica écriture féminine di Hélène Cixous in particolare- la ripetizione della Donna quale l'aveva costruita il mondo patriarcale. A essa oppone, in una visione utopica di liberazione che oggi appare sempre più lontana, proprio la figura che era stata tolta di mezzo, la lesbica come colei che, sottraendosi all'obbligo dell'eterosessualità, può fare intravedere alle altre donne la speranza politica di potersi a loro volta sottrarre alla dura legge della società a dominio maschile, non certo obbligandole all'omosessualità, ma rendendole consapevoli, con il suo esempio, di essere costrette là dove si erano credute libere, in grado di disporre di sé.

Una questione di libertà
Ho voluto soffermarmi su queste posizioni dissidenti non perché le consideri risolutive, ma perché il punto controverso va ben oltre l'omosessualità in sé, la figura della lesbica in quanto tale. Mi pare riguardi innanzitutto una questione di libertà. Libertà di essere, di nominarsi, per delle donne che una teoria mette in discussione con motivazioni, solo apparentemente liberatorie, poiché con queste motivazioni viene contestato non un comportamento ma una figura in blocco, una persona, a causa del suo comportamento definito fallico. Di fatto, tutto ciò mi sembra molto lontano dalle nostre radici comuni, da quel momento di grazia, l'intuizione di un mondo migliore di quello in cui viviamo che ci legò in quegli anni di tentativi rivoluzionari, la sensazione di aver sfiorato qualcosa di essenziale, di impensato, che in seguito non siamo riuscite a realizzare veramente né nella teoria né nella pratica. In questo senso, mi capita spesso di riandare indietro con la memoria, di reinterrogare quello che ho pensato, provato, in quegli anni tumultuosi come se volessi ritrovare in essi un filo che mi porterebbe a una soluzione che oggi mi sfugge. Spero che lo facciano anche altre.

Ciò non toglie nulla -beninteso- all'importanza degli sforzi, delle realizzazioni di molte donne. Fra queste, senza dubbio, des femmes, Antoinette Fouque. Ognuna ha tentato di captare ciò che prometteva il fervore di quegli anni ed ha tentato di svilupparne il nucleo segreto. Il nuovo. L'impensato. Ma ci sono sicuramente delle cose che ricadono indietro, si trasformano, mostrano lati inattesi e pericolosi nello sviluppo successivo. Così un' altra idea che negli anni Settanta mi appariva rivoluzionaria, la rimessa in discussione della psicoanalisi, del concetto di isteria come nevrosi, e che ne faceva qualcosa che riguardava tutte le donne, la loro cancellazione collettiva all'interno della società, oggi mi appare tristemente rientrata nella teoria psicoanalitica. Quel termine 'isteria' che nel Catalogo Antoinette usa ancora in un senso politico ha intanto riassunto il significato originario di nevrosi, che mi sembra fuorviante se pretende ancora di rappresentare politicamente tutte le donne le cui realtà, pur ancora inquietanti e deprivate, si sono nel frattempo, col trascorrere degli anni, frantumate, moltiplicate, differenziate. Oggi la coralità, la simultaneità degli anni Settanta non è più in grado di rappresentarci, e continuare a farlo con gli stessi termini suona falso, ideologico.

"La madre prima del padre"
Così pure questo forte riferimento alla madre che ci coinvolse in quegli anni e che, come il tema dell'isteria e dell'omosessualità, ho cercato di ricostruire in Movimento a più voci , anche questo mi sembra oggi mancare dell'elemento nuovo, impensato, che la voce di Antoinette traduceva in una intuizione fulminea e sommamente efficace: "La mère avant le père". La madre prima del padre. Non ci è stato possibile ricostruire e mettere insieme questa intuizione di anteriorità nel presente, di lanciarla nel futuro, senza lasciarla stagnare. Non ci è stato sempre possibile immergere questa figura materna nell'intermittenza, nel discontinuo, per sottrarla a certe moderne idolatrie. E' rimasta anche lei spesso incagliata in antiche (arcaiche) fantasie, in miti inaspettatamente primordiali. Forse solo la scrittura è stata in grado di rappresentare più liberamente, e solo qualche volta, questa intuizione. Il faro in questo senso rimane forse ancora, nonostante tutti gli anni trascorsi, la signora Ramsey di Virginia Woolf .

Le scrittrici des femmes
Ma sfogliando questo documentatissimo Catalogo, ripercorrendo gli innumerevoli libri pubblicati, le autrici di tutto il mondo che hanno scritto, che hanno avuto l'opportunità di farlo, grazie alla casa editrice des femmes, vedo forse soprattutto in questo lavoro di impresaria politico-letteraria, la fedeltà di Antoinette al maggio francese: lo spazio di libertà che ha potuto e saputo conquistarsi nel mercato, contro il mercato, insieme alle altre, che hanno collaborato, finanziato economicamente la casa. Sono tante e fra esse figura non ultima Sylvina Boissonas. Nell'introduzione Antoinette dichiara: "Le edizioni des femmes sono nate da una triplice ammirazione per dei 'fari', per delle 'case di luce', nel senso usato da Virginia Woolf: José Corti che ha pubblicato i surrealisti, Maspero i rivoluzionari, e le éditions de Minuit il Nouveau Roman.

Quello che colpisce ancora oggi, sfogliando, rileggendo alcuni di quei libri che la casa editrice francese ha pubblicato, è la scrittura sperimentale che li attraversa, una discesa agli inferi o una 'saison aux enfers', nel caso di Victoria Thérame, col suo Hosto-blues, nel caso di Emma Santos, che aveva già pubblicato presso Maspero, La Malcastrée. Le teorie sull'écriture féminine di Hélène Cixous possono suscitare molte perplessità, ma le sue pagine sui Demoni di Dostoevskij in L'Ange au secret sono tra le cose più belle che di lei si possano leggere. Scrittura sempre sui bordi, al limite, funambolica, sul punto di crollare, o virulenta, capace di corrodere come un acido, come quella di V. Thérame. Questa scrittura sperimentale delle donne in Francia, con un così forte legame con un movimento politico, con una così intima (troppo intima) adesione alle teorie psicoanalitiche fortemente imperniate sul linguaggio, non ha il suo corrispondente in Italia. Noi abbiamo avuto piuttosto dei testi narrativi, politici e filosofici pubblicati dalla Tartaruga (quella che ha retto di più, e oggi come il mercato editoriale glielo permette) linguisticamente più aderenti alla tradizione. Gli esperimenti sono piuttosto da ricercare nella antiletterarietà della scrittura diaristica, autobiografica, di Carla Lonzi, nella messa a nudo del sé nata dalla pratica dell'autocoscienza, negli esercizi di A zig-zag , voluto da Lea Melandri. Ma in Italia non abbiamo avuto una scrittura che si piegasse allo sconvolgimento, alla destrutturazione linguistica, se non in qualche modo ne La sproporzione di Bibi Tomasi, l'unica scrittrice che ha cercato di rappresentare, in forma umoristica e con efficace apparente sconnessione, l'odissea delle relazioni politico-amorose all'interno del movimento milanese, e forse, per quel che riguarda lo sconvolgimento della collocazione in un genere letterario, tra saggio e romanzo (chiedo scusa per l'autocitazione), in Macellum.

Nelle autrici pubblicate da des femmes non vediamo forse realizzato il sogno di Virginia, una storia che manifesti il desiderio, l'amore di una donna per un'altra donna, se non in qualche epistolario famoso, ma sicuramente vediamo una testimonianza politica e culturale importante della riflessione e della creatività delle donne nel secolo che è appena finito. Possiamo pensare che l'interruzione di questi anni sia solo una pausa, un tentativo di rinnovarsi ? di confrontarsi con le donne che la pensano diversamente? Le difficoltà del momento sono grandi e per le donne ancora di più. Il mercato impera. Antoinette Fouque non lo nasconde nella sua introduzione. Ma auguriamo a des femmes di poter riprendere le sue pubblicazioni, se sarà possibile liberamente. In questo caso, tutto quello che è già stato fatto ce ne serait qu'un début ! sarebbe solo un inizio.

Maggio 2004