Storia di Caterina
di Tiziana Tobaldi


 

 

Caterina  ha cinquant’anni e lavora in un grande ospedale di Milano come capo sala di reparto. Nata nella grassa e sterile provincia del nord est italiano, fino a pochi anni fa poteva dire di avere realizzato le aspirazioni coltivate sin da bambina: un marito, due figli, la casa in un sonnacchioso ma sicuro paese della provincia lombarda, un lavoro che soddisfaceva il suo bisogno di cura del prossimo. Anche se era costretta ad un quotidiano pendolarismo, la sua era una vita tranquilla.

Otto anni fa, la sua vita è squarciata da un avvenimento tanto inconcepibile quanto atroce: il marito rimane vittima di un incidente stradale e resta in coma per tredici interminabili giorni prima di morire. Caterina affronta da sola lo strazio della perdita del compagno di una vita ed il peso dell’assunzione di decisioni importanti: l’autopsia del marito; il rifiuto successivo di farlo vedere un’ultima volta ai figli adolescenti; il nuovo ruolo di capofamiglia.

Per amore dei ragazzi ritrova in se stessa la determinazione e la caparbietà trasmessele dalle proprie radici contadine e proietta sui figli quel suo desiderio di “riuscire” nella vita che ormai lei non potrà più realizzare in prima persona. Il maggiore si iscrive al liceo scientifico ed in seguito all’università; il minore all’istituto alberghiero.

Per un nucleo familiare di tre persone tirare avanti con un unico stipendio, nonostante l’ottimismo degli economisti governativi, sappiamo bene come sia cosa quasi impraticabile nella realtà: le retribuzioni non riescono a stare dietro all’aumento del costo della vita e due giovani che ancora studiano, costano. Caterina cerca una qualche attività da svolgere  nei momenti liberi dai turni e durante i fine settimana; con la sua esperienza professionale trova subito un’occupazione come libera professionista occasionale presso una clinica privata, dalla quale viene retribuita presentando regolari fatture.

Certo, sacrifica ogni suo momento di riposo, certo, si annulla completamente negli impegni lavorativi, ma è ripagata da quei due figli che le crescono sotto gli occhi dando corpo, giorno dopo giorno, ai suoi desideri.

Non toglie nulla al lavoro che continua a svolgere durante il giorno: anche se la stanchezza ed i dolori per una vecchia operazione si fanno sentire, il senso del dovere e della responsabilità le impongono di essere sempre puntuale ed all’altezza delle mansioni da svolgere, tanto da venire costantemente gratificata dalla considerazione e dal rispetto delle colleghe e dei superiori.

A Caterina pare di poter quasi giungere a patti con quella vita che le aveva tolto tanto quando, come in uno scontato e drammatico feuilleton, nel settembre scorso il figlio minore, appena diplomato, muore improvvisamente senza motivo apparente: aveva subito da pochi giorni un’operazione ad una mano per una lesione ad un tendine che poteva avergli procurato un aneurisma o una “morte elettrica”, ma Caterina non vuole nemmeno conoscere la causa precisa del decesso. Ricordando il cadavere scempiato del marito, si oppone all’autopsia.

Tradita ancora una volta dalla vita, ormai definitivamente frustrata nei suoi progetti, abbandona subito il suo secondo lavoro: non serve tanto denaro per una famiglia ormai di due sole persone.

L’esistenza però non le ha ancora presentato tutti i conti: ad ottobre le vengono comunicate prima l’apertura da parte dell’autorità giudiziaria di un procedimento penale nei suoi confronti per aver violato l’articolo di legge che sancisce i riposi del lavoratore come necessari al recupero psicofisico dello stesso, e poi quella di un procedimento disciplinare da parte dell’amministrazione dell’ospedale dove lavora. La speranza è che nel suo percorso giudiziario possa incontrare operatori del diritto che conservino ancora la sensibilità umana necessaria a valutare il suo caso.

 

Caterina ha vissuto dando incondizionatamente agli altri ciò che a lei chiedevano: senso del dovere, impegno, attenzione, affetto, cura, amore, annullando interamente se stessa e smarrendo  nel corso degli anni quei suoi desideri più intimi che l’avevano spinta a tanti sacrifici.

Oltre il dolore immenso ed insanabile, che possiamo solo percepire, nella storia di Caterina è però evidente un aspetto nel quale molte di noi si riconosceranno: quel pieno e totale sacrificio fisico e psicologico della propria persona sull’altare dei compiti, oggi impostici con ipocrisia o apertamente, di produzione, riproduzione e cura.

Il tempo passa velocissimo ed inesorabile e quando riusciamo a sospendere per un attimo la frenesia dalla quale siamo avvolte per trarre un bilancio della nostra vita, alcune di noi vi hanno scorto solo le ceneri dei desideri giovanili di autodeterminazione consapevole, tanto carezzati ed inseguiti prima quanto frustrati ed abbandonati  poi. Ma se riusciamo a raggiungere questa coscienza ci siamo già impossessate del primo strumento per rovesciare quello che spesso ci appare come destino irreversibile.