FINO A POCO TEMPO FA LA PAROLA DAVA UN BRIVIDO. ORA
LE OMOSEX ITALIANE LA RIVENDICANO. E NELLA PRIMA GRANDE INDAGINE REALIZZATA
IN PROPRIO SI RACCONTANO: DESIDERIO, SESSO, MATERNITA. E UNAVOGLIA SOTTOTRACCIA:
NON ESSERE ACCOMUNATE Al GAY
CHIAMATECI
LESBICHE
di Anna Maria Speroni

Meret Oppenheim
Può
darsi che adesso sia davvero tutto più facile. Sfiorarsi per strada,
un bacio al ristorante, tenersi abbracciate al cinema, sorridersi come
si fa tra innamorati senza che nessuno si stupisca e soprattutto senza
stupirti tu per prima. Accettarsi. Vivere serene una sessualità
diversa. Come Maria Silvia, che ha concepito una bambina con I'
inseminazione artificiale di comune accordo con la sua compagna, e giura
di non avere mai avuto il minimo problema ne con altri genitori, ne con
le maestre dell'asilo, proprio con nessuno e anzi e invidiatissima dalle
mamme del quartiere ("Beate voi che siete in due"), perché
mica tutti i padri sono disposti a faticare quanta una donna. Ma poi c'e
Lucia, che l'ha raccontato solo a pochi amici fidati, o Arianna,
che I' ha detto a tutti ma dopo anni di psicoterapia, o Chiara,
che ancora non l'ha confessato ai genitori ma si ripromette di farlo al
prossimo compleanno, e saranno cinquanta. A guardare da vicino, essere
lesbiche non e sempre una passeggiata. Non ancora.
La prima
grande inchiesta italiana sulla vita delle donne omosessuali parla di
grandi difficoltà a riconoscersi prima ancora che a rivelarsi,
di paure causate più spesso da fantasmi interiori che dalla realtà
esterna, di famiglie che non vogliono saperne di te, di anni di analisi
per capire che cosa ti sta succedendo. Cocktail
d'amore - 700 e più modi di essere lesbica (edizioni
Derive Approdi) presenta i risultati di un'indagine nazionale realizzata
dal Gruppo Soggettività Lesbica
nato nell'ambito della Libera Università delle Donne di
Milano. Indagine a tutto campo, dal momento della scoperta ai rapporti
con I' altro sesso, alla maternità, basata su oltre 700 questionario
cui hanno risposto donne di tutte le età. II titolo parte da una
parola che solo adesso comincia a essere accettata senza imbarazzi: "Qualche
anno fa, quando abbiamo cominciato a incontrarci, parecchie di noi provavano
un forte disagio nei confronti del termine "lesbica"" scrivono
le autrici. "A tal punto che si poteva avvertire come un incepparsi
della lingua, una sorta di disagio fisico, una specie di brivido".
E oggi? II 64 per cento delle donne la considera corretta. Ma solo il
50 la usa per definire se stessa.
La scoperta
"Ho cominciato a capire che qualcosa non andava verso gli otto anni:
quando giocavo volevo le parti da maschio, nei libri mi affascinavano
gli eroi maschili, mi piacevano spade e soldatini" racconta una delle
intervistate. "Quando alle medie le mie compagne di classe dicevano
"mi piace quel ragazzo, mi piace quell'altro", io non capivo
che cosa intendessero". E un'altra: "Non avevo modelli di riferimento,
ne a casa ne a scuola. Non conoscevo coppie di donne. Ho preso coscienza
della situazione attorno ai 16, 17 anni, e piena consapevolezza verso
i 21: mi hanno aiutato altre lesbiche e gay conosciuti rispondendo a lettere
su riviste per adolescenti. In famiglia e stato uno shock". Lo e
spesso: solo il 57 per cento ha parlato della propria omosessualità
ad almeno uno dei genitori, e la reazione è stata positiva per
una minoranza, il 28 per cento; e stata negativa o preoccupata, invece,
per il 54 per cento delle madri e il 43 dei padri (tra loro e più
alta la percentuale degli indifferenti che preferiscono la rimozione).
II desiderio
Che cosa di una donna attrae di più un'altra donna? L'aspetto fisico
e appena al quarto posto (42 per cento) dopo I' intelligenza (68), la
sensibilità (67), I' ironia e I' umorismo (44). Nella relazione
si cerca prima di tutto affinità emotiva (68 per cento) e solo
dopo il piacere sessuale (56), che comunque sembra più soddisfacente
rispetto a quello delle etero: il 49 per cento dichiara di raggiungere
I' orgasmo sempre, il 36,5 spesso. Una donna conosce meglio il corpo di
un'altra donna rispetto a un uomo; attraverso il corpo dell'altra si scopre
il proprio: Nell'adolescenza non avevo un posto perché mi sentivo
inadeguata, ho imparato a piacermi attraverso gli occhi delle donne con
cui sono stata; innamorarmi di una donna e stata un'esperienza cosi esplosiva,
sia nella mente sia nel corpo, che non ho potuto far finta di niente,
anche se in me c'erano tante resistenze. La potenza e l'intensità
del desiderio reciproco erano cosi forti che superavano qualsiasi inibizione.
I problemi di coppia, invece, assomigliano molto a quelli delle etero:
al primo posto la scarsa comunicazione verbale (46 per cento), al secondo
I' infedeltà (44). L'indagine rileva alcuni aspetti "femminili"
del legame: la maggiore fedeltà, per esempio rispetto ai gay; la
tendenza a non distinguere I' esperienza amorosa da quella sessuale e
a formare coppie chiuse (preferite dall' 80 per cento). Molte hanno avuto
relazioni con uomini, alcune perché bisessuali, altre nella fase
dell'incertezza: 69 per cento. "Ho avuto per dieci anni un rapporto
molto bello con un uomo. ma con lui non ho sperimentato quelle profondità
che ho vissuto poi con una donna"; "ho avuto qualche storia
con i ragazzi negli anni di liceo, ma non mi sono mai innamorata";
"fino a trenta anni ho avuto solo relazioni con uomini, e con soddisfazione
anche. Poi. all'improvviso, un'incredibile attrazione fisica (reciproca)
per un'amica, qualcosa a cui non sapevo neppure dare un nome: era la tipica
repressa di formazione cattolica"
Rivelarsi o no
"Da un lato c'è molta voglia di venire allo scoperto"
dice Anita Sonego, presidente della Libera Università e
co-autrice del libro. "Dall'altro molta paura, ancora, di essere
discriminate". Solo I' 11 per cento, per esempio, ha dichiarato a
tutti sul luogo di lavoro di essere lesbica: il 46 lo ha detto soltanto
"a poche, fidate persone", il 35 a nessuno. Eppure, l'aperta
omosessualità ha suscitato simpatia e solidarietà nel 56
per cento dei casi, e indifferenza nel 33; relativamente poche, il 12
per cento, le donne derise o emarginate. "Se gli altri sapessero
mi sentirei più fragile. Ma e anche vero che e difficile doversi
frenare, rinunciare in molte situazioni a essere se stesse. Sono abbastanza
discreta nelle mie manifestazioni d'affetto e non apprezzo le effusioni
in pubblico ne degli omo, ne degli etero; ma non poter neppure sfiorare
la mano della persona di cui sei innamorata, stare attenta a staccarsi
appena le porte dell'ascensore si aprono, ecco, tutto questo lo vivo come
una grande violenza. E' un'autocensura, lo so, ma e istintivo frenarsi.
In me convivono da sempre una figura pubblica e una privata. Da piccola
raccontavo molte bugie, in famiglia, e mi e rimasto questo automatismo"
Noi e loro Loro, nel senso di gay
Rispetto agli omosessuali maschi, le donne sono in ritardo. Le ragioni?
"Tra i gay la percentuale di maschilismo e la stessa che c'è
tra gli etero" dice Sonego. Sono più potenti e tendono a parlare
di sé più che di noi". Più o meno della stessa
idea Cristina Gramolini, presidente di ArciLesbica: "Ai
gay dobbiamo molto, ci hanno aperto la strada. Ma non possiamo più
seguirli quando pretendono di rappresentare tutti. Inoltre loro possono
contare sull'outing di personaggi illustri; noi, meno. Tendiamo a essere
invisibili perché ci sentiamo più vulnerabili, più
esposte alla violenza. L'omosessualità femminile fa paura: rappresenta
una donna non più disponibile per l'uomo, una che anzi può
fame tranquillamente a meno". In effetti, I' amicizia tra gay e lesbiche
non e frequente: solo il 3,8 per cento dichiara di avere tra i migliori
amici uomini gay. Per il 40 per cento I' orientamento sessuale e indifferente.
Il 29 preferisce altre lesbiche, il 22 donne etero. Ma sono "700
e più" anche i modi di vivere I' amicizia: "Sento gli
uomini completamente diversi da me, con loro si riducono le possibilità
di confronto"; "con gli uomini mi sento bene: sono con qualcuno
che non e il mio oggetto d'amore e mi sento più rilassata".
Pero i contatti sono fondamentali; "Ho anche amici etero, ma quelli
più cari sono omo. Non e settarismo, e che abbiamo più interessi
in comune, persino un diverso umorismo. Viviamo in un mondo che propone
solo modelli etero. Invece abbiamo bisogno anche noi, come tutti, di riconoscerci
in qualcosa: libri, pubblicità, cinema, teatro. Ho bisogno anch'io
di qualcosa che parli di me".
Un nuovo
genere di maternità
Solo dieci anni fa parlare di maternità Iesbica sembrava una provocazione
persino nel movimento gay. Oggi sono sempre di più le lesbiche
che la considerano un sogno possibile. Chi I' ha realizzato e felice,
e anzi dice che un figlio rappresenta spesso un segno di normalità
che favorisce il riavvicinamento con le famiglie d'origine. E nata in
questi giorni I' associazione "Famiglie arcobaleno",
costola della mailing-list Lista Lesbica Italiana, che raggruppa
le madri lesbiche: sia quelle con figli avuti da precedenti relazioni
con uomini, sia quelle che li hanno concepiti nell'ambito della coppia
omo, ricorrendo spesso alla fecondazione artificiale all'estero. Obiettivi
principali, il riconoscimento giuridico della co-mamma; e fare in modo
che i bambini con due mamme possano incontrarsi. Per rendersi conto che
non sono soli.
L'articolo
è stato pubblicato sul magazine del Corriere della Sera
"Io Donna" , sabato 26/3/2005
15-04-05
|