Il movimento femminista degli anni '70 non c'è più? E' evidente: siamo nel 2005!
La partecipazione delle donne alla campagna referendaria

di Eleonora Cirant


Bruna Esposito


Ad Alessandra Longo che, all'indomani della sconfitta, si chiede, dalle pagine de La Repubblica (14/06/14), dove siano finite le femministe durante la battaglia sul referendum sulla procreazione assistita, rispondo che ne ho viste parecchie. Da trentunenne politicamente impegnata, aggiungo anche che ero tra queste, sebbene sia riluttante ad usare il termine "femminista" per definirmi e non tanto per il suo significato, quanto perché credo che oggi questa parola sia inefficace a comunicare ciò cui vorrebbe riferirsi.

In ogni caso, non sono disposta a veder cancellata con un gesto troppo sbrigativo la ricchissima messe di esperienze vissute e raccolte sia nel recente avvicendarsi di iniziative a sostegno del SI', sia negli anni precedenti, quando - sotto silenzio stampa - si cercavano i tasselli di un pensiero comune sulla vicenda della tecnologia applicata alla nascita.

Per rimanere alla campagna referendaria, dispiace che il giornalismo a stampa e televisivo non abbia raccolto e valorizzato le molteplici realtà di movimento (femminista) che - come ricorda Emma Bonino nell'articolo citato all'inizio - hanno dato il vero scossone in questa ultima battaglia per la laicità. Ne riepilogo qui solo alcune, a titolo di esempio. A Trento le azioni di un folto gruppo di donne - organizzate, ebbene sì - dai 20 ai 50 anni, quotidianamente, per giorni e giorni, hanno movimentato, in autonomia dai partiti, il dibattito nella città, tallonando il Comitato Scienza e vita quanto a presenza sul territorio e qualità dei contenuti proposti. A Mantova, alcune sedicenni di Rifondazione, pur non avendo diritto al voto, hanno organizzato dibattiti, fuori e dentro la scuola e nella città, insieme ai compagni maschi ma con un pensiero elaborato in autonomia ("appena dici qualcosa di sensato sull'essere donna subito i compagni ti etichettano come femminista… beh, io femminista lo sono anche, e allora? che c'entra! ")? A Roma, le A/matrix, un gruppo di "galline ribelli" (perché viene prima la gallina dell'uovo) hanno inventato una fantasiosa campagna di controinformazione sulla legge 40, ben prima che i referendum fossero indetti. Dal 2003 è attiva la rete bolognese Contr/azione, attraverso la quale molteplici realtà politiche si sono attivate contro la legge 40, dai collettivi ai centri sociali alle associazioni di medici e pazienti (Alessandra Baduel ne ha dato notizia su D La Repubblica delle donne, in marzo 2004). A Milano, un gruppo di donne dai 30 ai 60 anni ha per vari mesi condotto, presso la Libera università delle donne, un lavoro di riflessione su queste tematiche, articolando un pensiero di critica costruttiva alle tecnologie.

Le donne c'erano, sia dentro i comitati per il Sì, come a Nuoro dove, detto per inciso, una linea di continuità tra donne differenti per generazione e percorsi politici ha reso possibile la realizzazione di una lista di sole donne; sia, e forse in maggior numero, fuori dai comitati e in sinergia con altre realtà - questo dovrebbe portare i dirigenti di partito all'autocritica. Ad esempio a Verona, dove Antagonismo gay e le/gli attiviste/i del centro sociale La Chimica non da oggi si impegnano su questi temi. Ad esempio a Roma, dove studenti universitarie/i hanno prodotto un video di controinformazione sulle questioni scientifiche toccate dalla legge sulla PMA.

Insomma, la lista delle presenze potrebbe occupare ben più dello spazio che mi è concesso e sarebbe certo molto più intrigante della solita tiritera sull'assenza del femminismo. Sinceramente, questo rivangare su quelle che allora c'erano e oggi non ci sono più, tirando ogni volta fuori le vecchie foto in bianco e nero degli anni Settanta, ha un sapore vagamente necrofilo. Ben più vitale e creativo sarebbe dare spazio su tv e giornali al molto materiale audiovisivo, alla miriade di adesivi e stikers con cui abbiamo tappezzato le vie cittadine, ai dossier scritti in linguaggio non da addette ai lavori. Nel caso voleste documentarvi, siamo a vostra disposizione.

Non per cancellare la storia, ma per restituirle il suo giusto valore, piuttosto che citare "le solite note" per metterle le une contro le altre, perché non guardare in faccia le donne che, giovani o meno, fuori dai riflettori, in questi mesi - e prima ancora - si sono rimboccate le maniche e hanno cercato dar voce ad un pensiero differente: Sì alla responsabilità e libertà individuale, No ad un potere tecnoscientifico senza freni. Questo è ciò che "noi" abbiamo sostenuto, ieri e oggi, in materia di procreazione assistita. Lo abbiamo detto anche animando i molti dibattiti di questa campagna referendaria a rotta di collo benché non ci fosse ad ascoltare né chi abita di professione le stanze della politica, né chi occupa da qualche decade le scrivanie dell'intellighenzia di sinistra e da questi scranni scrive, descrive, se la racconta e poi tira le somme.

In molte, giovani e meno giovani, abbiamo visto nella battaglia sulla legge 40 non la riproposizione di un trito schema di affermazione di diritti, ma un'occasione per riflettere collettivamente su come vogliamo usare il potenziale offerto dallo strumento tecnologico applicato alla vita, su come le donne possano ripensare se stesse in relazione alla maternità, gli uomini se stessi in relazione alla paternità, e tutte/i insieme in relazione a quale mondo vogliamo costruire per le generazioni che verranno.

Da giovane donna, sono convinta che nessuna politica abbia senso e agibilità se prescinde dall'esistenza di differenze tra i soggetti e, soprattutto, che proprio sulla differenza sessuale si fonda un ordine sociale, simbolico, economico, linguistico. Ratzinger si è preoccupato di ribadire quest'ordine attraverso la "Lettera alle donne", nell'agosto 2004. Siamo in molte a preoccuparci quando i vertici della Chiesa si preoccupano per noi, perché tenteranno di tradurre il legge dello Stato le proprie preoccupazioni (legge 40 docet). Siamo in molte a ragionare su quanto sta accadendo in Italia e a darci da fare per arginare la marea oscurantista che ci investe. Esiste un arcipelago di realtà in movimento perlopiù ignorato dalle grosse testate del giornalismo scritto e televisivo. Un arcipelago frammentario, certo. Senza l'identità compatta che dava al movimento femminista degli anni Settanta la forza d'urto di una manifestazione da decine di migliaia di donne. Ma questa parzialità e frammentarietà andrebbe interrogata, esplorata, indagata, anche per poterne capire limiti e potenzialità. Ne andrebbero colti gli aspetti di rottura e di continuità rispetto al passato. Certo il movimento degli anni Settanta non c'è più, è evidente: siamo nel 2005!

Forse si preferisce guardare con gli occhi e i modelli di ieri per non vedere quello che accade oggi. Forse non si può cogliere la parola con cui le nuove generazioni dicono di sé e del mondo, della propria coscienza civile e impegno politico, quando si ha la bocca troppo impegnata a parlarsi addosso. Vi invitiamo ad aprire gli occhi, anche nella prospettiva di evitare altre leggi come la 40/04.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 21 giugno 2005