Oltre la difesa
di Lidia Cirillo


Vorrei spiegare meglio la tesi che ho brevemente esposta nell'ultima riunione della rete (Rete lombarda 194ragioni) e cioè che l'orizzonte della “difesa della legge 194” rischia di rendere inefficace la nostra iniziativa e le nostre buone intenzioni. Una precisazione: ho sempre considerato la 194 una conquista; per 30 anni circa ho partecipato a quasi tutto ciò che si è mosso in sua difesa; mi sono ben chiari gli attuali rapporti di forza e il contesto non certo favorevole alla richiesta di miglioramenti della legge.
Sostengo solo che, quando ci si difende, bisogna aver chiaro da dove arriva l'attacco e quindi in quale direzione concentrare gli sforzi.  Prepararsi all'attacco frontale, quando questo ci arriva alle spalle, non ha senso quali che siano le posizioni di ciascuna sul tema dell'aborto.

Fino a qualche anno fa alle osservazioni sui limiti della 194 si poteva rispondere che “nessuno è perfetto”, che la legge ha comunque drasticamente ridotto l'aborto clandestino e gli aborti in genere e che nel clima politico mutato rispetto agli anni Settanta mettere mano alla legge avrebbe prodotto effetti opposti a quelli desiderati. Personalmente penso che questo non fosse del tutto vero: per esempio, la questione dell'obiezione di coscienza avrebbe dovuto essere affrontata da tempo e non poteva essere affrontata nei limiti della pura difesa. Ma non è questo l'importante. E' importante invece che da qualche anno il discorso della difesa diventa sempre più debole per il mutato contesto politico e culturale.

Nel contesto politico degli ultimi anni, soprattutto in quello creato in Italia dalla vittoria del centro-destra, i limiti della legge pesano in misura sempre maggiore, perché ambiguità e contraddizioni possono essere risolte oggi più di ieri dalla parte delle destre e del fondamentalismo cattolico.
La 194 fu elaborata ai tempi del “compromesso storico” e contiene nelle sue formulazioni e nella sua logica interna  paradossi e contraddizioni, che non hanno impedito finora alla legge di avere una sua efficacia, sia pure con larghe zone d'ombra al Sud e per le minorenni.
Per esempio: perché una legge sull'aborto deve essere legge sulla maternità? Perché poi deve esordire con l'affermazione che lo Stato “tutela la vita umana fin dal suo inizio” ? Questa affermazione è superflua perché sono le leggi nel loro complesso a tutelare la vita umana; è sospetta   perché le vicende successive hanno mostrato chiaramente a chi giovi una formulazione del genere.
Certo, con la formulazione in astratto noi siamo d'accordo (e chi potrebbe non esserlo?) e, al contrario della burocrazia vaticana pensiamo che la vita da tutelare sia quella dopo e non prima della nascita.  Ma quale senso ha lì, in una legge sull'aborto una simile affermazione, se non quella di esorcismo e di concessione ideologica ?

Secondo limite. Sull'obiezione di coscienza c'è una contraddizione irresolubile. La legge infatti afferma due diritti che non possono essere contemporaneamente rispettati: il diritto delle donne alla possibilità di accedere alle strutture sanitarie per abortire; quello dei medici all'obiezione. La questione può essere risolta favorevolmente per le donne solo con nuove misure che limitino o neghino il diritto presunto dei medici, quindi non in una logica di pura difesa.

Terzo limite e il più grave di tutti. I primi articoli della legge cosiddetti di prevenzione sono invece di dissuasione. Prevenzione dovrebbe significare educazione sessuale, diffusione della contraccezione, strutture pubbliche di informazione aperte alle donne di ogni età ecc.
Vorrei richiamare la vostra attenzione sugli articoli 5 e 19, che vanno letti insieme per capire che cosa concretamente significhino.
L'articolo 5 attribuisce a consultori e strutture socio-sanitarie compiti che non possono assolutamente assolvere e che secondo logica non sono di loro competenza. In modo particolare di esaminare con la donna  “le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione di gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto” (sic!
Si deduce da questo una realtà semplicissima e cioè che la legge ha funzionato perché l' articolo 5  non è stato applicato, come non è stato applicato il diciannovesimo, quello cioè che prevede la reclusione fino a tre anni  chi cagioni l'interruzione di gravidanza senza l'osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 e 8.  Ed è proprio per questo che destra e Movimento per la vita chiedono l'applicazione della prima parte della legge 194.
Certo le interpretazioni di quegli articoli possono essere diverse, ma se ci affidassimo a una battaglia di semplice interpretazione saremmo fritte, perché se si resta sul piano delle interpretazioni vince ogni volta chi dispone dei migliori rapporti di forza. Finora ha vinto l'autodeterminazione,  (ma non del tutto) perché le donne sono state l'unico soggetto di liberazione non sconfitto, ma nel futuro prossimo?

Sarebbe utile poi cercare di capire che cosa davvero si propongono le burocrazie vaticane. Ratzinger ha attaccato anche di recente, ma questo fatto in sé non significa nulla di specifico, visto che in 30 anni gli anatemi hanno continuato a susseguirsi senza interruzione.
I limiti di certi compromessi non sono certo nella loro natura di compromessi, ma nel fatto di essere assolutamente unilaterali.
Tuttavia questi attacchi non significano necessariamente che a breve termine si cercherà di cancellare la legge.
I numerosi sondaggi fatti sullo stato d'animo del popolo elettore dimostrano che un referendum restituirebbe subito la 194 alle donne. Si preferisce perciò agire per disattivare la legge con il rafforzamento dell'obiezione di coscienza e la richiesta che venga applicata la parte di dissuasione.
L'obiettivo è quello di costruire delle specie di commissioni, filtri, tribunali dell'Inquisizione ecc. che si occupino della verifica dell'applicazione reale degli articoli 5 e 19, cioè di colpevolizzare le donne, intimidire i medici e rendere l'aborto più difficile.

Nulla esclude naturalmente che al momento opportuno destra e Vaticano possano decidere anche l'attacco frontale. Ma per ora la scelta sembra quella della disattivazione, anche perché una legge disattivata più difficilmente viene difesa.
Un'ultima osservazione. Non sono un'esperta di strategie militari e non ho mai letto von Klausewitz. Mi risulta però che difesa e offesa non sempre possono essere nettamente distinte. Talvolta l'unico modo di difendersi è contrattaccare. Oggi l'autodeterminazione si difende prima di tutto suscitando un movimento che impedisca la paralisi della 194 e quindi rilanciando sui temi dell'obiezione e della Ru486.
Quanto all'articolo 5 si risponde che l'applicazione richiede un complesso di misure che rilancino lo Stato sociale: salario sociale, asili nido, limiti alla precarietà delle donne, case a basso costo per le persone che desiderino allevare figlie e figli ecc.
Si esce quindi dai limiti angusti della difesa e delle interpretazioni, che in questo momento possono solo risultare perdenti.  Grazie per aver letto fin qui

22-06-2008

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